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Attivismo civico & Terzo settore

il motore di filantropia funziona con la benzina di amici e passaparola

Associazione Dynamo Camp

di Daniela Verlicchi

Si fa presto a dire «corporate fund raising». Più lento è il processo che porta un’azienda a sostenere un progetto filantropico. Ne sanno qualcosa all’associazione Dynamo Camp: per “guadagnare” uno stakeholder si lavora dai tre agli otto mesi. Dal 2007 la onlus, che nasce da un’intuizione di Paul Newman, organizza soggiorni per ragazzi con malattie e disabilità nell’oasi WWF di Cesto del Lupo (Pistoia). Dalle donazioni aziendali l’associazione ricava più della metà dei suoi introiti, tutti di origine privata. Dynamo punta quindi sulla corporate responsibility: lo ha fatto nel suo primo anno di attività, il 2007, con una logica precisa: «In una fase di start up era più coerente chiedere a grandi investitori che possono “stare con noi” nell’investimento per alcuni anni», spiega la vicepresidente Serena Porcari.
Dynamo fa ancora così (nel 2008 le entrate da imprese sono state il 50%), scegliendo con cura i propri partner: «Si tratta di aziende farmaceutiche, banche, telefoniche e tutte quelle che possono supportare concretamente (con i beni e i servizi che offrono, ndr) i nostri campi: in primo luogo chi è nel mercato dei prodotti per l’infanzia». Imprese strutturate, spesso multinazionali, che necessitano di un approccio orientato al business plan. Quello che offre Dynamo. Di ogni singola azienda si studia il modello di business, si analizzano i settori di convergenza e si propone un progetto di donazione a moduli, «per favorire la crescita del rapporto», spiega la Porcari. Una “radiografia d’azienda” che poi prosegue con la conoscenza del responsabile delle risorse umane e con il coinvolgimento dei dipendenti nel volontariato. Il meccanismo è cresciuto con Dynamo: sono 500 i ragazzi che parteciperanno ai campi quest’estate, contro i 60 del 2007. «E potremo accogliere anche chi è affetto da malattie più difficili da gestire, come le paralisi celebrali o l’atrofia muscolare spinale», annuncia la vicepresidente.
In crescita anche le donazioni private, che nel 2008 hanno toccato quota 20% degli utili (+8% sul 2007). Qui Dynamo ha scelto di sperimentare: zero direct mail, si punta sulle persone e sul passaparola. Figure chiave sono gli ambasciatori, «iper-sostenitori» che, in momenti particolari della vita come matrimoni, battesimi o compleanni, diventano fundraiser, rinunciando ai tradizionali regali, e si occupano di reclutare volontari e amici. Per ora ce ne sono 70, sparsi in tutt’Italia. Obiettivo: «Crescere sul territorio», spiega Porcari, magari creando attorno agli ambasciatori veri e propri dei comitati (ce ne sono in quattro città) a partire dalle associazioni dei malati o dei loro familiari che gravitano attorno agli ospedali.


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