Famiglia

Il Mpv critico sulla relazione della legge 40

Per il Movimento per la vita italiano la relazione è un brutto esempio di lettura ideologica della realtà

di Redazione

La relazione sull?attuazione delle legge 40 costituisce un brutto esempio di come si possa piegare la realtà alle esigenze dell?ideologia. Spiega Carlo Casini, presidente del Mpv: «Chi ha redatto quella relazione sa bene che per effetto della legge 40 un numero minore di embrioni viene sacrificato perché il principio fondamentale introdotto dalla legge è che anche l?embrione umano è un essere umano e che ogni essere umano ha diritto alla vita. Di conseguenza l?interesse degli adulti ad avere un figlio è secondario rispetto al diritto del figlio. Il criterio corretto per effettuare un confronto tra la pratica della Fivet prima e dopo la legge 40 dovrebbe essere allora il confronto tra le percentuali di bambini nati rispetto a quelli generati artificialmente nel 2003 e nel 2005.

«Questo dato viene invece accuratamente ignorato per dimostrare che la legge non ha funzionato e che meglio sarebbe tornare a provetta selvaggia. Si arriva così a fare i calcoli non sugli embrioni formati, ma sui prelievi. È evidente che se con un solo prelievo dal corpo di una donna vengono estratti molti ovociti e tutti vengono fecondati è possibile effettuare una pluralità di trasferimenti in utero, mentre alla formazione di un massimo di tre embrioni può seguire un solo trasferimento. Il confronto andava fatto però non sui prelievi ma sui trasferimenti.

«È di tutta evidenza che la limitazione ad un massimo di tre embrioni da trasferire in utero difende i figli in misura ben più consistente di quanto avvenisse prima. Ma dimostrammo a suo tempo e potremmo dimostrare ancora in qualunque momento che con la legge anche la salute delle donne è meglio protetta e che quindi la legge 40 protegge i figli, ma anche le madri.

«Ma non è finita. La relazione confronta i dati dei pochi centri che, nel 2003 (quando non esisteva il registro poi introdotto dalla legge) volontariamente fornivano alle Istituzioni europee (Registro Esrhe) e quelli di tutti i centri oggi iscritti nel Registro. I primi erano quelli storici, più efficienti e con maggiore esperienza accumulata, i secondi sono molto più numerosi, in maggioranza nuovi, con esperienza limitata e quindi necessariamente meno efficienti.

«Ma tutto va bene pur di confondere le carte in una relazione» ha concluso Casini «che richiederà più accurate analisi e contestazioni».

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