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Il Nobel per la pacebriapre una guerra
In Kosovo ha fallito. Per questo Serbia e Russia blo contestano. Parla il direttore del Center bfor European Integration Strategies
di Redazione

N on c’è pace per i Nobel, nemmeno per quello della pace. Il premio dell’Accademia di Stoccolma all’ex presidente finlandese Marti Ahtisaari «per i suoi importanti sforzi nella risoluzione di conflitti internazionali» è stato accolto da polemiche sull’attività di mediatore Onu in Kosovo dal 2005 al 2006. Secondo la Serbia, Ahtisaari «ha aiutato una secessione illegittima, aumentando le tensioni nei Balcani e i pericoli per la pace». Non meno categorico il giudizio di Mosca: «La premiazione non avrebbe lasciato un sapore amaro se non avesse fallito nella sua missione in Kosovo», ha detto Mikhail Margelov , capo della commissione Affari internazionali della Camera Alta del Parlamento russo. Ha esultato invece Pristina: «È una vittoria anche per noi». Che la proclamazione unilaterale dell’indipendenza del Kosovo dello scorso febbraio bruci ancora ai serbi lo dimostrano le proteste scoppiate tre giorni dopo il Nobel a Podgorica, capitale del Montenegro, dove l’opposizione è scesa in piazza per contestare il riconoscimento del nuovo Stato balcanico, avvenuto in contemporanea con la Macedonia il 9 ottobre. Alla notizia del premio, Althisaari non ha citato il Kosovo. Ha detto che la sua missione più importante è stata in Namibia, nel processo che ha portato alla prime elezioni democratiche e all’indipendenza. Cosa c’è quindi di vero nelle critiche? A conoscere a fondo il Kosovo è Christophe Solioz, direttore del Center for European Integration Strategies di Ginevra.
Vita: Un Nobel meritato quello ad Althisaari?
Christophe Solioz: Confesso che la prima reazione è stata di stupore. Chi conosce il Kosovo sa che il suo piano è stato un fallimento sul piano diplomatico e che non fu il risultato di una mediazione fra serbi e albanesi. È vero, d’altra parte, che la sua è una carriera trentennale di negoziatore e mediatore, non solo nei Balcani, ma anche in Asia e in Africa. Il testo del premio infatti cita l’attività diplomatica in Namibia e lui stesso ha messo l’accento su questo successo. Il Nobel però è un problema per il Kosovo.
Vita: Perché?
Solioz: Perché arriva nel momento sbagliato. Pristina ha appena incassato una vittoria importante: l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha accolto la proposta di chiedere il parere della Corte di giustizia internazionale sulla legalità dell’indipendenza del Kosovo. Il Nobel appoggia, in modo indiretto ovviamente, Pristina. Infatti gli albanesi hanno esultato, e a Belgrado sono furiosi.
Vita: Perché il piano di Althisaari per il Kosovo è stato un fallimento?
Solioz: Il piano fu accettato dagli albanesi, rifiutato dai serbi e bocciato dall’Onu. Althisaari aveva inserito l’indipendenza del Kosovo pur sapendo che Belgrado non avrebbe potuto accettarla e che l’Onu non l’avrebbe approvata: la risoluzione 1244 stabilisce infatti che il Kosovo fa parte della Serbia. Lui lo presentò lo stesso, su pressione degli Usa che volevano una soluzione rapida.
Vita: Le cose poi però sono andate in questa direzione e il Kosovo ha proclamato l’indipendenza?
Solioz: È vero, il piano di Althisaari è diventato una road map. Ma non è il frutto di un accordo e di una mediazione. In questo il diplomatico ha fallito. E sì che c’erano proposte più creative, come quella di riconoscere il Kosovo come regione autonoma europea. Si sarebbe dato al Kosovo uno statuto provvisorio e nel frattempo aperto lo spazio per lavorare su problemi seri: l’economia, il lavoro, l’energia, la gioventù. Ora invece c’è una tensione politica e diplomatica che blocca ogni iniziativa, e si stanno perdendo anni preziosi.
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