Giornata nazionale

Il Parkinson? Terapie giuste ed empatia donano sollievo anche alle famiglie

Quando in una famiglia arriva la diagnosi di Parkinson il mondo si ferma non solo perchè la vita che si annuncia è piena di incognite e paure, ma anche perchè ciò contro cui si dovrà combattere sarà anche lo stigma della società nei confronti di chi ne viene colpito. Nella "Giornata nazionale Parkinson" che si celebra il 30 novembre, ne parliamo con Marina Rizzo, neurologa palermitana, una vita dedicata alle persone con Parkinson e parkinsonismi

di Gilda Sciortino

Il Parkinson? Bisogna fare distinzione tra i diversi parkinsonismi, secondari, vascolari, traumatici, farmacologici e quelli definiti atipici, praticamente quelle forme di malattia che purtroppo non rispondono alle terapie. La Giornata nazionale del Parkinson, promossa il 30 novembre dalla Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus, insieme alla Società Italiana Parkinson e Disordini del Movimento/Limpe-Dismov Ets, aiuta ad avvicinarci sempre di più a chi la malattia la combatte giornalmente dedicandosi proprio a chi ne viene colpito.

Per Marina Rizzo, neurologa del Centro di riferimento regionale per la diagnosi, terapia e rieducazione cognitivo-motoria per le malattie di Parkinson, la cui sede è al Centro Traumatologico e ortopedico (Cto) di Villa Sofia, uno dei più importanti ospedali del capoluogo siciliano, considerata un riferimento nazionale per la malattia di Parkinson, le differenze si devono fare, e come, per capire quale approccio avere con un paziente al quale si deve comunicare che ha la malattia di Parkinson, quella vera.

Lo dice perchè diagnosticare la malattia non è così facile?

All’esordio della malattia le diverse forme si possono confondere. Si può, per esempio, confondere il tremore essenziale con la forma tremorigida della malattia. La diagnosi di Parkinson è uno shock per il paziente e per tutta la famiglia, ma comunicare una diagnosi errata è ancora più grave. Anche perché, nel frattempo, la loro vita si blocca. Per tre o 5 anni, per esempio, non hanno guidato la macchina perchè un semplice tremore ha aperto davanti a loro scenari catastrofici. Tremore che viene trattato con la levodopa, farmaco usato nel trattamento dei sintomi dei parkinsonismi, che, se non ne sei affetto, fa solo peggiorare le tue condizioni di salute. È necessario avere un pizzico di empatia nel comunicare una diagnosi che getta nello sconforto chi, davanti a se, ha una strada tutta in salita.

Una malattia che colpisce maggiormente gli uomini, anche in giovane età

Il Parkinson arriva mediamente a 55 anni, ma colpisce anche al di sotto dei 40 anni. Aumenta, però, notevolmente con l’età; nel nostro Paese la malattia riguarda circa il 2% della popolazione sopra i 65 anni. Due volte maggiore negli uomini, rispetto alle donne, poi, il tasso di incidenza. Secondo uno studio epidemiologico dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ci sono circa 220mila casi, che purtroppo tendono a crescere con l’aumento dell’età media.

La terapia deve, quindi, considerare tanti aspetti e variabili che coinvolgono la vita di un malato di Parkinson

Quando si rispettano quelle che chiamo le regole del Parkinson, cioè gli orari delle terapie, l’assunzione della dieta, quando si fa attività fisica, ci si convive bene. Certo, ci sono le problematiche legate all’evoluzione della malattia in relazione all’età, così nei nostri ambulatori abbiamo previsto attività che favoriscano l’approccio alle terapie per esempio da parte delle persone più giovani, quelle con cui bisogna lavorare anche emotivamente perchè sapere di avere il Parkinson a soli 40 anni non è facile da accettare. E lo possiamo tutti immaginare. Grazie anche a realtà come l’associazione Azione Parkinson in Sicilia (Apis), curiamo gli aspetti sociali della malattia, per esempio organizzando gruppi di auto-aiuto per fasce all’età. Le donne, in modo particolare, si confrontano tra di loro per affrontare con la necessaria energia le problematiche quotidiane che comporta la malattia. Il che ha ripercussioni positivi sulla famiglia, che solitamente si trova ad affrontare insieme al proprio caro una situazione che inevitabilmente stravolge tutti prima di tutto psicologicamente.

Famiglie che non sempre capiscono subito quello che sta capitando attorno a loro

Il Parkinson è una malattia con delle manifestazioni atipiche, possiamo dire anche strane, per chi non le conosce. Se non vengono interpretate correttamente, per prima proprio in famiglia, la persona non viene capita. Ci sono i sintomi motori della malattia, come la rigidità, il tremore, la lentezza, come anche l’improvviso abbassamento del tono di voce, che arrivano improvvisi ma che la stessa persona non riesce a descrivere. Da lì, la rottura e l’isolamento che aggravano la condizione psicologica del paziente. La vita diventa un inferno, paradossalmente non principalmente per la malattia ma per quello che succede dal punto di vista delle relazioni sociali. Abbiamo incontrato figlie che litigavano con la madre perchè non capivano il motivo per cui qualche ora prima stava ai fornelli, stirava, si occupava di loro, aveva una quotidianità serena e, poi, tutto a un tratto, si bloccava e il mondo si fermava attorno a lei. Ricordo una donna che venne da me per lamentarsi del fatto che vedeva il marito camminare tranquillamente, scavalcare anche le aiuole, ma poi bloccarsi all’improvviso come se volesse fare un dispetto a lei. Quando subentra l’ipotensione ortostatica o l’abbassamento della pressione, per esempio, soprattutto se si sforzano molto, i pazienti con Parkinson regiscono così, ma bisogna saperlo e prepararsi ad agire con azioni che rimettono in moto la persona. Ecco perchè è fondamentale il lavoro che si fa nelle associazioni per aiutare a capire di cosa abbiamo davanti. Siamo davanti a una malattia che genera sofferenza fisica, ma soprattutto un enorme malessere psicologico, anche a causa dello stigma che segna la persona emarginandola dalla società.

Un percorso rivolto proprio alle famiglie che hanno bisogno di conoscere, ma anche di sapere che non sono sole

Quando hanno cominciato a capire, quelle figlie non hanno più detto “nostra madre non ci vuole bene”, ma “nostra madre è malata”. Quando spieghiamo il Parkinson, si comprende che, pur con tutta la sua drammaticità, la vita può essere affontata più serenamente. Lo abbiamo dimostrato con il progetto “Sfilate di moda medici, pazienti e amici contro lo stigma della malattia di Parkinson”, che ha visto persone con e persone senza Parkinson calcare i palcoscenici di Palermo e Milano. Nessuno ha notato la minima differenza. Voglio darvi questa notizia in anteprima, il 23 febbraio 2025 saremo con un’altra sfilata al Teatro Massimo di Palermo, uno dei più grandi e rinomati templi dell’arte e della musica da 1200 posti, che contiamo di riempire offrendo una serata libera da stereotipi, pregiudizi, ma soprattutto ricca di empatia.

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