Famiglia

Il privato sociale: siamo pronti alla sfida

Tagesmutter e Progetto Pan, due esperienze che possono segnare un punto di svolta. Nel nome della sussidiarietà. Così a sorridere non sarebbero solo i bambini e i genitori...

di Redazione

Piccoli asili, grandi manovre. L?impennata della domanda dei servizi per l?infanzia sta terremotando la geografia di un mercato fino a qualche tempo fa riserva esclusiva del settore pubblico. Fra gli attori più intraprendenti gli enti non profit, oltre, ovviamente, alle imprese private e, sorprendentemente, agli istituti di credito. In un settore con l?acceleratore a tavoletta per ora c?è spazio per tutti. Per numeri e innovazione sono però tre le esperienze pilota che guidano la conquista di questa nuova frontiera del Welfare.

Sguardo a Nord
Importato dal Nord d?Europa, il fenomeno delle Tagesmutter ormai è realtà radicata nella provincia di Trento – 100 casi e una legge provinciale ad hoc – e in Alto Adige. In ritardo nel resto d?Italia, anche se il distacco sarà presto colmato: il Fondo sociale europeo ha infatti recentemente approvato il finanziamento di una fase sperimentale in cinque regioni: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Calabria.

Insomma, anche per Bruxelles questa è una strada che vale la pena battere. Chi sono le ?mamme di giorno?? «Donne, fra i 30 e i 40 anni, con figli e che hanno deciso di aprire la loro casa ad altri bambini», risponde Eleonora Perini, presidente di La Casa-Tagesmutter che fra Milano e provincia raccoglie già 20 socie e una cinquantina di bambini.

Quadruplice alleanza
Si sta trasformando in un vero e proprio case history anche il marchio Pan. Un consorzio figlio della quadruplice alleanza fra Cgm, Fis/Cdo, Drom/Legacoop e Banca Intesa che, in meno di due anni di attività, ha accompagnato la nascita di 175 strutture che accolgono 4.714 under 3 e danno lavoro a 1.090 addetti. «Entro la fine dell?anno puntiamo a raggiungere quota 300 asili», annuncia Claudia Fiaschi, vicepresidente Cgm. Dietro il marchio Pan si nasconde un manuale in 53 punti a misura di bambino, «che ispira il nostro lavoro e garantisce standard qualitativi più alti rispetto a quelli imposti dalla legge».

Fondamentale in questo quadro il ruolo dell?istituto di credito. «Non siamo un ente pubblico, in ogni attività cerchiamo un margine di guadagno», puntualizza Marco Morganti, responsabile del Laboratorio banca e società di Banca Intesa, che ha aperto due canali di credito decisamente innovativi: uno rivolto alle start up non profit che volessero lanciarsi in questo settore e l?altro, sotto forma di mutui, a disposizione delle famiglie per spalmare su cinque anni il pagamento delle rette.

E il privato privato…
Infine il privato tout court. Risale a meno di un anno fa la costituzione di Assonidi, l?associazione dei gestori di nidi che conta 50 realtà collegate in una catena di franchising. «Siamo dei piccoli imprenditori privati, ma il nostro lavoro poggia su due fondamenta ben solide: il rigore e l?etica. Lo dico subito: non è questo il mercato giusto per chi è in cerca di soldi facili». Non lascia spazio a equivoci Donatella De Gaetano, ex dirigente di una casa discografica e oggi presidente di Assonidi, ma anche della Compagnia dei Birichini, un asilo nido che a Milano in 11 anni si è trasformato in una piccola holding con 20 filiali.

Il piatto è ricco. Come orientarsi? Dal punto di vista della famiglia il costo è sicuramente un buon indicatore: 5,5 euro l?ora per una Tagesmutter, fra i 500 e i 650 euro al mese per otto ore giornaliere in un asilo Pan o privato. A fare la differenza non sono però unicamente le sofferenze del portafoglio. Per i genitori con contratti atipici, part time verticali o orizzontali, o impiegati in professioni che prevedono i turni, la soluzione Tagesmutter sembra tagliata su misura (tanto è vero che solo a Milano, la lista d?attesa è a quota 100). «è come portare il figlio dalla vicina di casa insieme ad altri amichetti (non più di 5, ndr)», interviene la Perini, «lo si può lasciare lì per un ora o per un?intera giornata a seconda degli impegni».

Non si tratta però di vicini di casa qualsiasi: «Per diventare Tages è necessario rispondere a determinati requisiti: non sono ammesse le donne con meno di 18 anni e più di 60 e le single e chi non ha la possibilità di mettere a disposizione un?abitazione». Ma non basta. «Prima di incominciare l?attività occorre svolgere 250 ore di formazione, 50 delle quali in tirocinio».

Quanto al marchio Pan, l?attenzione per il minore si traduce anche in una politica contrattuale che assicura rapporti a tempo indeterminato per i dipendenti. Spiega la Fiaschi: «La fragilità contrattuale degli operatori costituisce un limite grave nella formazione delle competenze». Un punto su cui l?approccio profit mostra le sue difficoltà, come ammette la stessa De Gaetano: «L?optimum sarebbe avvalersi solo di rapporti di lungo periodo. Ma ogni nostra impresa, nel rispetto della legge, si comporta come crede».

Fronte comune
Supermamme, privato e privato sociale, però, su un aspetto fanno gruppo: il potenziale di queste soluzioni è enorme, spetta al pubblico favorirne il decollo. Come? «Con un indirizzo politico che andasse nelle direzione di favorire, anche economicamente attraverso la copertura di una quota delle rette, progetti coraggiosi come il nostro. Se così fosse, il modello Tagesmutter potrebbe moltiplicarsi all?infinito sull?intera penisola», risponde la Perini. Non si discosta di molto la diagnosi di Claudia Fiaschi: «Noi non facciamo profitto, ma al Sud comunque non riusciamo a sfondare semplicemente perché le famiglie non si possono permettere di pagare certe cifre per l?asilo dei figli». Come dire: Stato e Regioni battano un colpo.

Per saperne di più:
www.tagesmutter.it
www.progettopan.it

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