Welfare

Il processo a portata di clic

soluzioni possibili

di Redazione

A Milano l’utilizzo di procedure telematiche nei procedimenti civili ha ridotto i tempi e liberato personale. A Torino è bastato un semplice decalogo organizzativo.
Le buone pratiche ci sono. Basterebbe prendere esempio. E far risparmiare allo Stato milioni
di indennizzo
per l’eccessiva durata I talia osservata speciale in Europa. I processi durano troppo. Fino al 2001 ci veniva contestato il mancato rispetto dell’articolo 6 della Convenzione per diritti dell’uomo «Diritto ad un processo equo». La convenzione prevede che «ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole». La Corte europea dei diritti dell’uomo, infatti, è stata, nel corso degli anni, subissata dalle domande provenienti dai cittadini italiani che chiedevano giustizia per aver subito processi di durata irragionevole.
Si ricorreva all’Europa perché chi subiva un processo eccessivamente lungo non aveva, in Italia, la possibilità di ricorrere a nessun giudice. Il legislatore italiano ha, quindi, pensato di introdurre un apposito procedimento interno volto ad arginare il fenomeno delle condanne in sede europea, approvando una legge, la n. 89 del 24 marzo 2001, anche detta «legge Pinto», che offre la possibilità di ottenere una «equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo», che in realtà poi ha avuto l’effetto di ingolfare ulteriormente le Corti d’Appello, a cui ci si deve rivolgere in questi casi.

Durata e indennizzi
Un processo che rispetti i parametri dettati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo deve garantire una sentenza di primo grado entro tre anni dall’inizio del procedimento e una sentenza di secondo grado entro ulteriori due anni e, infine, il giudizio di Cassazione in un anno. Superati, quindi, sei anni complessivi di durata del procedimento (se la causa è arrivata sino alla Cassazione), la Corte di Strasburgo considera come “eccessivo” tutto il tempo di durata del procedimento, che verrà computato ai fini del risarcimento. Ne deriva che, se un processo avrà una durata complessiva di quindici anni, la Corte considererà una durata eccessiva di quindici anni ed il risarcimento dovrà essere liquidato di conseguenza. Questo sistema ovviamente ha dei vantaggi per i consumatori ma ha dei costi per lo Stato. Il contenzioso in materia è costato negli ultimi cinque anni circa 41,5 milioni di euro, di cui 17,9 nel solo 2006. L’Italia, anche in questo caso, deve distinguersi in negativo. In Italia infatti è in vigore una legge che dice che invece il conto deve essere fatto solo sulla durata che eccede quella ragionevole. E il Movimento Consumatori si prepara a un ricorso alla Corte europea per contestare il minor indennizzo riconosciuto dalla legge italiana.

Non solo inefficienze
Non solo note dolenti, però, nel sistema giuridico italiano, fatto anche di alcuni punti di eccellenza. È il caso di due progetti innovativi, uno realizzato a Milano e l’altro a Torino per i quali l’Europa ha conferito all’Italia due menzioni d’onore. Il processo civile telematico consiste nel far comunicare gli avvocati con il tribunale senza doversi muovere dallo studio. L’esperienza dell’unico tribunale che davvero opera massicciamente in telematico, il tribunale di Milano, dove il progetto è partito alla fine del 2006, è positiva. I tempi della procedura si sono ridotti drasticamente, l’utilizzo di carta è stato ridotto al minimo e sono state liberate risorse umane che possono dedicarsi all’attività concreta invece che spostare fascicoli da una stanza all’altra. Il successo di Milano ha aperto la strada agli altri tribunali che, lentamente, si stanno accodando. Unico limite del processo telematico è la mancanza di certezza sui fondi. L’investimento iniziale, infatti, è consistente ma, a regime, i risparmi sono evidenti. Il programma Strasburgo, attuato a Torino, invece, è a costo zero. Si basa esclusivamente su aspetti organizzativi e non prevede alcun investimento. Grazie a un decalogo organizzativo che regola i tempi del processo, il tribunale del capoluogo piemontese è riuscito a realizzare una riduzione del 33% del carico pendente in cinque anni (2001-2006). Il segnale è chiaro. applicando le leggi esistenti e senza l’ausilio di strumenti innovativi è possibile ridurre i tempi della giustizia.

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