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Il riordino del gioco pubblico d’azzardo? Senza dati è un tentativo zoppo
L’intervento di Attilio Simeone della Consulta Nazionale Antiusura al convegno "Azzardo e istituzioni" presso la Caritas di Milano. «Il piano del Governo soffre gravi carenze strutturali e funzionali»
Il 7 settembre 2017 il Governo, attraverso il Sottosegretario delegato On.le Baretta, ha annunciato di voler concludere l’iter di “riordino” del complesso delle attività inerenti la materia del gioco pubblico d’azzardo.
Per quella data, infatti, è prevista una nuova riunione della Conferenza Unificata Stato-Regioni che dovrebbe deliberare, all’unanimità, l’approvazione di un progetto di misure in base al quale, per Delega legislativa, il Consiglio dei Ministri adotterà un Decreto avente forza di legge.
Vediamo di cosa si tratta.
Ambito legale della Delega conferita dal Parlamento al Governo: carenze strutturali e funzionali del piano di riordino
Il Parlamento ha delegato al Governo l’adozione di un Decreto legislativo in materia di gioco pubblico d’azzardo chiedendogli di predisporre un impianto normativo finalizzato a “garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età”.
Dunque, un compito ben preciso: predisporre ed adottare un Decreto legislativo che riconosca in modo particolare agli Enti locali, perché più prossimi a tutelare i soggetti indicati nella Delega, la libera determinazione di intervenire direttamente al fine di incidere, con gli strumenti regolamentari di cui questi dispongono, sull’offerta di gioco pubblico d’azzardo affinché si svolga all’interno di criteri di “sostenibilità sociale” e che sia compatibile, perciò, con la tutela della dignità della persona umana.
Sostenibilità sociale, sì.
Tale visione risulta in totale sintonia con lo spirito della Delega nonché con l’indicazione espressa dalla Riforma costituzionale n. 3/2001 con la quale si è accentuata la centralità dei poteri degli Enti locali rispetto agli Enti gerarchicamente sovraordinati come Regioni e Stato.
La stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 300/2011 ha voluto privilegiare l’intervento degli Enti locali, su una disciplina centralizzata come è quella del gioco pubblico d’azzardo, allorquando si tratta di tutelare la salute pubblica e in particolar modo i minori e i soggetti maggiormente vulnerabili.
In più, senza deroga alcuna, anche il massimo Organo della Giustizia amministrativa ha condiviso tale orientamento elogiando l’intervento degli Enti locali in tema di disciplina degli orari di apertura e di distanze minime dai centri sociali proprio al fine di tutelare la salute e la sicurezza pubblica.
Anche in considerazione di tanto, in un piano di “riordino” degno di questo intento, si manifesterebbe indispensabile innanzitutto la individuazione della causa e dell’oggetto della disciplina a fronte delle quali il Parlamento, in primo luogo, è chiamato ad intervenire nel riordinare la materia e gli Enti locali e le Regioni, conseguentemente, a fare ugualmente per quanto di loro competenza.
Una prima definizione sembra doverosa doverla introdurre: l’oggetto della Delega è certamente da individuare nella tutela e nella salvaguardia della dignità della persona e che sia legale oppure illegale la causa di un suo svilimento è da individuare nell’offerta di azzardo.
La qualificazione giuridica (penale, civile e amministrativa) dell’azzardo in senso sostanziale, intesa come l’individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie, certamente non muta sol perché in senso formale vi è una norma legislativa di copertura per giunta solo di tipo amministrativo.
Ad attribuirne la qualifica, appunto, sono le modalità attraverso le quali si manifesta l’offerta, vale a dire la presenza totale dell’alea e la posta in danaro.
L’esistenza stessa di un precetto penale (art. 721 c.p.), che sovraintende sulla disciplina civile e amministrativa, fa sì che si possa ritenere predominante l’interesse del Legislatore alla tutela della dignità e della libera autodeterminazione della persona, alla tutela della salute pubblica e dell’economia sulla esigenza di conseguire profitti costituiti dalle entrate fiscali per lo Stato piuttosto che degli utili dai concessionari, oppure peggio, nel concepire l’attività esercitata da questi ultimi come una vera e propria attività di impresa.
L’impresa dell’azzardo, come esercitata attualmente in Italia, giuridicamente non esiste!
È una fictio!!! Così come, allo stesso modo, non dovrebbe esistere la lobby dell’azzardo.
L’art. 2082 cod. civ. nel disciplinare la figura dell’imprenditore e non dell’impresa, volendo così esaltarne le qualità personali, ci ricorda che “È colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o lo scambio di beni e servizi”.
Tale disposizione codicistica deve necessariamente essere letta in combinato con l’art. 41 Cost. che sottolinea la necessità che tale attività economica “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, mentre, al terzo comma dello stesso articolo si evidenzia che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Pertanto, non può esistere nel senso costituzionale del termine, una attività economica seppur organizzata che deprima la dignità umana fino a renderne malato, disturbato e dipendente il comportamento della persona.
Questa è la ragione profonda del perché la disciplina è stata riservata alla competenza esclusiva dello Stato. Non perché non si volessero venti legislazioni regionali diverse ma proprio perché nessuno può arrogarsi il diritto di rendere disturbato il comportamento anche di un solo essere umano per finalità di lucro.
È lo Stato, perciò, che in forma esclusiva e monopolista è chiamato ad esercitare e regolare amministrativamente tale attività subordinando all’esigenza di entrate fiscali la tutela della persona, della salute pubblica e dell’economia.
Per tali ragioni nel nostro Ordinamento non può esistere una impresa finalizzata allo sfruttamento della prostituzione oppure allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Si apre perciò un altro tema per nulla affrontato nel piano di riordino del Governo: è giusto e soprattutto è legale, nel senso tecnico giuridico, che i concessionari, trattengano quasi il 50% degli utili della filiera?
Così, di fatto, viene lesa proprio l’esigenza primaria della normativa principale: l’effettività della riserva esclusiva regolamentare dello Stato in tema di legislazione e offerta “controllata” di azzardo (come vorrebbe la Corte di Giustizia della UE, le cui decisioni sono vincolanti per gli Stati membri).
Sul piano squisitamente opportunistico, se un imprenditore privato trae dalla filiera il 50% degli utili, questi paradossalmente espropria lo Stato dalla capacità effettiva di disciplina e controllo di tutta la materia. Il profitto condiziona ogni scelta legislativa piegando il diritto, anche costituzionale, oltre che civile, penale e amministrativo ad esigenze di sfruttamento economico del settore.
Se si vuole ridurre il consumo è necessario ridurre drasticamente gli investimenti dei concessionari nonché gli aggi riconosciuti agli stessi i quali, al contrario, proprio potendo godere su una quantità di danaro immensa, negli ultimi anni stanno invadendo il mercato mondiale mediante acquisizioni che renderanno sempre meno governabile la regolazione dell’offerta per lo Stato italiano.
Inoltre, ad oggi, non si conoscono, perché non sono stati volutamente divulgati, i dati disaggregati per territorio e tipologia di offerta né si comprendono i reali motivi che sottendono a questo atteggiamento ostruzionistico ingiustificato da parte dello Stato, che pure si dice favorevole a ridurre l’offerta perché la materia “è sfuggita di mano” e “si è esagerato”.
Le uniche macro grandezze conosciute sono riferite al fatturato complessivo della filiera e alle entrate dello Stato (Elaborazione AND – Azzardo e Nuove Dipendenze su dati dei Monopoli di Stato):
È agevole notare che nell’arco di 12 anni mentre il fatturato dell’azzardo si è quasi quintuplicato passando dai 25,6 miliardi di euro nel 2004 ai 95,97 miliardi nel 2016, non si può dire lo stesso certamente per le entrate dello Stato che sono rimaste pressoché invariate passando da 7 a 10 miliardi di euro nello stesso periodo.
Tale evidente anomalia non trova alcuna logica quanto plausibile spiegazione se non in una rinuncia da parte dello Stato.
Ciò che lo Stato non incassa, quantomeno nella misura idonea, finisce nei conti correnti anche esteri dei Concessionari e non è certamente un segreto che molte campagne elettorali di leader politici (non certo di politici che contano poco) vengano sovvenzionate, legittimamente, proprio attraverso elargizioni in favore di associazioni e fondazioni politiche e con benefici fiscali di ritorno.
Insomma, questo potrebbe essere un sistema perfetto per favorire, da un lato, l’acquisizione del consenso del leader politico compiacente e, dall’altro, garantirsi norme di favore una volta eletto.
È la prepotenza della finanza e del profitto sul diritto e sulla dignità umana.
Così si spiega, da un lato, l’atteggiamento dei Monopoli di Stato che negano, anche rasentando il ridicolo, a centinaia di Amministratori locali l’accesso ai dati sul consumo e delle Concessionarie, dall’altro, le quali sono costantemente impegnate, a sminuire gli effetti dannosi sulla popolazione coinvolta.
Il tentativo di riordino del Governo, pertanto, non può dirsi tale proprio perché gli elementi di contraddizione/negazione/carenza/assenza presenti nel progetto non consentono di ritenerlo tale.
Tali elementi possono essere così riassunti:
- Assenza di una indagine ufficiale sulle ricadute attuali sociali, sanitarie ed economiche dell’impatto dell’azzardo;
- Assenza di una definizione tecnico-giuridica dell’oggetto della Delega e della causa che ha indotto il Parlamento ad emanarla;
- Assenza di dati analitici disaggregati sul consumo di azzardo su scala nazionale e territoriale per una analisi preliminare dell’incidenza dell’offerta e degli obiettivi da conseguire con la Delega. Il Legislatore osserva la realtà e legifera nel rispetto di una precisa tecnica legislativa fortemente frustrata nel piano di riordino predisposto dal Governo. La progettazione legislativa deve essere rispettosa dei principi di chiarezza, precisione, uniformità, semplicità ed economia i quali rappresentano gli strumenti attraverso cui garantire la qualità della legislazione e con essa il fondamentale principio della certezza del diritto. Essa deve svolgersi nel rispetto del quadro costituzionale. Oltre i principi di progettazione legislativa tesi a garantire la certezza del diritto, vincolano la redazione dei testi normativi principi giuridici quali quello di legittimità, di eguaglianza, di irretroattività, di sussidiarietà;
- Assenza di una analisi scientifica condivisa dei relativi rischi e di una conseguente elaborazione di una analisi di sostenibilità sociale dei fattori negativi in termini di danno per la salute pubblica e per i conti dello Stato;
- Assenza di una specifica individuazione dei vari livelli di responsabilità (penale, civile e amministrativa) dei vari soggetti della filiera (Stato, Concessionario, Gestore ed Esercente);
- Assenza di una concreta ed espressa predisposizione della presa in carico da parte delle articolazioni dello Stato di situazioni sovraindebitamento, anche ad usura, di giocatori patologici e delle loro famiglie;
- Assenza di una previsione normativa di accesso al Fondo di Solidarietà ex art. 14 L. 108/96 e L. 44/99 da parte delle persone fisiche indebitate ad usura, delle rispettive famiglie nonché soggette ad estorsione;
- Assente/insufficiente rete di intervento sanitario pubblico per una concreta presa in carico da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
Per concludere, secondo il dettato costituzionale (artt. 2, 3, 29, 30, 32, 41, ecc…), secondo la disciplina penalistica, civilistica, i principi che presiedono all’attività legislativa dello Stato, nonché secondo le pronunce della Corte costituzionale, dei TAR e del Consiglio di Stato, la proposta del Governo non può certamente aspirare a piano di riordino complessivo ed integrale della materia del gioco pubblico d’azzardo.
Se le intenzioni del Governo e di coloro che sostengono l’iniziativa governativa sono animate da buona fede e volontà di conseguire obiettivi di forte contenimento del consumo al fine di ricondurlo all’interno di canali “controllati” e di “sostenibilità sociale” facilmente regolamentabili, la strada è solo una: riscrivere il piano di riordino tenendo in debito conto ogni fattore (giuridico, sociale, etico, economico, fiscale) che possa definire il consumo da conseguire e soprattutto farlo in modo partecipato con le formazioni sociali (associazioni maggiormente rappresentative) in quanto, sono queste le uniche costituzionalmente titolate a dialogare con le altre Istituzioni dello Stato e ad incidere sul procedimento di formazione delle leggi.
Attilio Simeone* membro della Consulta Nazionale Antiusura e coordinatore nazionale del cartello “Insieme contro l’Azzardo”
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