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Il riscatto sociale di Vivian parte dalla cucina

Sono 180 i percorsi di inclusione lavorativa finora concretizzati dal progetto “Fra Noi”. Ente capofila dell'iniziativa il Consorzio Communitas e ha come obiettivo cardine quello di concretizzare percorsi formativi e professionali, tra cui tirocini e assunzioni, destinati a persone rifugiate e titolari di protezione internazionale. Il progetto si fonda sulla collaborazione tra Terzo settore e imprese

di Sara Bellingeri

Il lavoro come riscatto sociale, possibilità di presente e anche di futuro: in una parola autodeterminazione. È un vero e proprio prisma di aspettative e insieme speranze che permea la voce profonda di Vivian, tra le protagoniste di uno dei 180 percorsi di inclusione lavorativa finora concretizzati dal progetto “Fra Noi”.
Attivata per la prima volta nel 2018, superando nel frattempo la fase complessa di pandemia, l’iniziativa vede come ente capofila il Consorzio Communitas e ha come obiettivo cardine quello di concretizzare percorsi formativi e professionali, tra cui tirocini e assunzioni, destinati a persone rifugiate e titolari di protezione internazionale. Una possibilità di rimettersi in gioco che traghetta con sé, in vari casi, anche il riscatto economico e sociale ottenuti attraverso il lavoro.

“Fra Noi” è finanziato dall’Unione Europea e dal ministero dell'Interno con il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (Fami) e si basa sulla stretta collaborazione tra Terzo settore e imprese, coinvolgendo un’articolata rete di realtà in sinergia tra loro. Oltre all’ente capofila Consorzio Communitas, partecipano infatti Caritas Italiana, Studio legale Baker McKenzie, i consorzi “Farsi Prossimo” e “Nuovi Vicini” Pordenone, Lorenzon srl, Missoni Spa, Roberto Cavalli Spa, Gera & Partners, Man Truck & Bus Italia spa.
«Con il progetto “Fra Noi” non abbiamo chiesto aiuto alle imprese ma abbiamo lavorato insieme a loro per realizzare programmi ad alto impatto sociale, che riguardassero gli aspetti dell’inclusione e della diversità, permettendo a persone in fuga per motivi politici o di guerra di ritrovare una propria autonomia», evidenzia Monica Molteni del Consorzio Farsi Prossimo, oltre che referente per il Consorzio Communitas. E sottolinea: «Abbiamo sviluppato una grossa attività di sensibilizzazione che ha coinvolto aziende medio grandi, dando prova di come questi temi rientrino a tutti gli effetti nella stessa sostenibilità».

A proposito della sinergia con le imprese, Monica Molteni spiega: «Le aziende coinvolte nella prima edizione del progetto sono poi diventate testimonial per altre imprese interessate a collaborare con il Terzo settore e a concretizzare percorsi di inclusione. I risvolti positivi non ci sono infatti solo per le persone incluse lavorativamente ma anche per le aziende che le inseriscono». Un processo, quello dell’inclusione lavorativa, che consente di scardinare diversi stereotipi e lo stesso assistenzialismo, puntando più all’autonomia. Monica Molteni riflette: «Per le imprese risulta sicuramente più semplice misurare il proprio impatto ambientale rispetto a quello sociale, per questo il confronto su punti di forza e criticità resta imprescindibile. In questa fase ci stiamo concentrando molto sulla formazione di chi opera nella selezione perché è fondamentale per realizzare percorsi realmente inclusivi».

Da un lato le preziose competenze del Terzo settore che nutrono l’esperienza delle aziende, dall’altro le imprese che concretizzano percorsi di inclusione lavorativa valutando l’impatto sociale. Il sodalizio tra questi ambiti è stato protagonista dell’evento, tenutosi a Milano il 7 novembre scorso, e dal titolo “L’impresa che include. Alleanze ad alto impatto sociale: profit, non profit e pubblica amministrazione per l’inserimento lavorativo dei rifugiati”.

Ristorazione, trasporti ma anche Hr e It manager

Le esperienze concretizzate attraverso il progetto “Fra Noi” sono articolate e coinvolgono diversi settori così come differenti tipologie di ruoli e mansioni oltre che di responsabilità. Vari gli inserimenti nel settore ristorazione e trasporti ma ci sono anche esempi all’interno dello studio legale Baker McKenzie con percorsi che hanno previsto una crescita professionale, tra questi il caso di una persona rifugiata che è partita da un’attività di reception e che ora lavora nel reparto IT manager. Sono attivi percorsi anche all’interno dell’azienda Sky con un giovane inserito nel dipartimento HR dove oggi si occupa lui stesso di recruiting e selezione. «Dopo aver ottenuto il contratto a tempo indeterminato ha comprato casa e ha potuto iniziare il ricongiungimento con il resto della sua famiglia», racconta Monica Molteni.

Entriamo nel vivo del progetto confrontandoci con le principali voci in capitolo e quindi con chi sta sperimentando uno dei percorsi di inclusione lavorativa. Vivian si è resa disponibile a raccontarci la sua nuova vita e la raggiungiamo in uno dei suoi momenti “liberi” visto che lavora part-time su turni nell’ambito della ristorazione, precisamente al Burger King di Savona. Vivian è una giovane donna, originaria della Nigeria, che ha conosciuto il sapore aspro dell’assenza di lavoro e delle varie difficoltà a trovarlo. «Prima era impossibile anche solo avere la possibilità di un colloquio», spiega schiettamente. Il suo attuale ambiente di lavoro è la cucina: «Preparo panini e insalate e poi pulisco la zona dove lavoro», racconta. «Ho iniziato a maggio scorso partendo con uno stage e adesso ho un contratto di apprendistato: questo lavoro mi piace, sto imparando cose nuove». Vivian ama il contatto con le persone e infatti per il futuro ha un’aspirazione ben precisa: «Mi piacerebbe anche servire ai tavoli e avere contatto diretto con la clientela». Quando le chiedo se sente di aver trovato un riconoscimento attraverso il lavoro mi risponde con sicurezza di sì. C’è però anche un altro traguardo importante da raggiungere per Vivian e riguarda la totale indipendenza economica: «Attualmente lavoro part-time 18 ore al mese: spero più avanti di ottenere un’assunzione a tempo pieno perché ne ho davvero bisogno». Vivian è anche la giovane mamma di due bambini piccoli: se da un lato con l’azienda è riuscita ad organizzarsi per conciliare i tempi di lavoro e famiglia, dall’altro resta fondamentale questo passo relativo all’indipendenza economica, soprattutto in una fase complicata come quella attuale dove prezzi alti e crisi energetica stanno influendo fortemente sulla vita delle persone.

Il percorso di inclusione lavorativa si avvale anche di altri tasselli importanti come quello della figura dell’operatrice di accoglienza, in questo caso rappresentata da Claudia Fava. «Noi operatori affianchiamo le persone protagoniste del progetto», spiega. «Le accompagniamo nella fruizione dei diversi servizi e ambiti territoriali che riguardano non solo la formazione al lavoro ma anche la scuola, l’ambito medico e legale, i vari uffici di riferimento». E precisa: «Non ci sostituiamo mai alle persone che affianchiamo perché l’obiettivo è quello di renderle via via sempre più autonome. Inoltre organizziamo incontri periodici con la coordinatrice di progetto e verbalizziamo, insieme alla persona inserita, il riscontro relativo al percorso in atto».

Se l'azienda stessa prevede i corsi di italiano per i dipendenti

In questo percorso un ruolo chiave lo ricoprono infine le stesse imprese che concretizzano gli inserimenti lavorativi. Ad occuparsi della selezione di Vivian è stata Alice Motta, responsabile del personale di area di Burger King. «Da tempo facciamo questo tipo di esperienza di inclusione lavorativa collaborando anche con altri enti e progetti», sottolinea. «Siamo quindi abituati ad affrontare criticità come quella della difficoltà relativa alla lingua parlata. La comunicazione in ogni lavoro è essenziale e quindi ci rassicuriamo che nella fase di formazione del lavoro la comprensione sia totalmente garantita». Alice Motta sottolinea un altro aspetto saliente: «Non tutti i candidati sono ad esempio automuniti quindi ogni volta cerchiamo di trovare il giusto compromesso». Nel futuro prossimo l’azienda prevede anche dei corsi di lingua italiana per i propri dipendenti.

Il confronto con la diversità, che abbraccia diversi aspetti e che riguarda tutti noi, è non solo uno dei grandi temi attuali riguardanti il mondo del lavoro, ma è un aspetto necessario per rendere l’ambiente di lavoro stesso valorizzante: «Lavoriamo con persone di ben 65 nazionalità diverse, possiamo dire che la multiculturalità sia una caratteristica del nostro settore» commenta Francesco Zuffo, direttore delle risorse umane di Burger King Restaurace Italia. «Avere a che fare con diversità di vario tipo è un allenamento per noi anche nel ricordarci che non siamo di certo arrivati o perfettamente inclusivi ma che dobbiamo imparare ancora e puntare sempre più sulla formazione».

Parlare di diversità in maniera autentica richiede una coerenza, prevenendo il rischio di scollamento tra pratiche realmente inclusive e narrazioni sfavillanti che poco hanno di reale. Mantenere la guardia alta sul fronte stereotipi resta quindi un punto essenziale, stereotipi se non pregiudizi possono infatti influenzare la fase delicata e importante di selezione: «La vera differenza la fa la persona che svolge questo tipo di attività e che deve gestire vari aspetti, come nel nostro caso» evidenzia Francesco Zuffo.

Resta infine un importante nodo al fazzoletto rispetto all’aspirazione di Vivian di passare a un contratto a tempo pieno per garantirsi maggior sostentamento economico. «A livello di azienda la statistica è di certo a suo favore affinché accada», afferma il direttore delle risorse umane di Burger King.
Sciogliere questo nodo con l’anno nuovo potrebbe essere un passo in più sul fronte del connubio inclusione a autonomia, non solo per Vivian ma per chiunque sostenga, passo dopo passo, la strada del riscatto.


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