In vacanza con

Il tempo dell’estate per sperimentare l’autonomia dei ragazzi down

Mare, storia, cultura, buon cibo e un pizzico di avventura. L'importante è volere condividere esperienze che portano a sviluppare l'autonomia. Un'estate che vorrebbero già replicare, i dieci ragazzi e ragazze dell'associazione "Famiglie Persone Down" di Palermo che vi facciamo conoscere in questo articolo

di Gilda Sciortino

«Quest’anno dove andiamo in vacanza? Mare, monti, laghi? Magari una settimana in una spa?». Decisioni che la gran parte delle persone può prendere in un nanosecondo, ma che, per esempio, per i ragazzi con sindrome di down, sono il frutto di un lungo percorso tutto in salita. Così, quando Martina spiega com’è andata la sua estate, il racconto si tinge dei colori dell’arcobaleno. Anche se la sua memoria si fissa semplicemente sullo stare insieme agli altri. «Ma quando torniamo a Favignana?». «Martina, ma siamo appena tornati!!!»

Cominciano a gennaio i sogni dei ragazzi dell’associazione “Famiglie Persone Down” rispetto ai programmi dell’estate che verrà. Ansie certamente positive, che animano le giornate per concretizzare la vacanza ideale per ognuno di loro.

Quest’anno, poi, all’unica tappa solitamente prevista, l’isola di Favignana, si sono aggiunte nuove mete come Erice, in provincia di Trapani, e Balestrate, piccolo borgo a pochi chilometri da Palermo, del quale Filippo si è innamorato. Lui, 22enne amante dell’azione, racconta di come, quando torna a casa, si diletta a scorrazzare sullo squad che gli hanno regalato i suoi. «Mi piace andare veloce», racconta, mentre spiega che di Balestrate gli è tanto piaciuto il mare, passione condivisa con la sua fidanzata Manuela.

Dieci in tutto i ragazzi, accompagnati dagli operatori dell’associazione, amici e custodi che stanno sempre un passo indietro quando le attività si svolgono all’esterno della loro sede per non invadere quegli spazi di autonomia conquistati dai ragazzi con tanta fatica. Autonomia, parola che non sempre corrisponde al senso di questo termine, se non coinvolge ogni attimo della vita di questi giovani uomini e di queste giovani donne. Per arrivare a questo obiettivo si lavora tutto l’anno. Lo si fa con i tanti laboratori artistici, ma anche con la gestione di un appartamento nel quale, a turno due weekend al mese, si autogestiscono, badando alla casa, facendo la spesa, cucinando, ma anche prendendosi cura di se stessi. In una prospettiva di condivisione e rispetto dell’altro.

Manuela e Filippo

«Non si può credere all’ordine che riescono a tenere», spiega Rosa  Perrone, storica operatrice dell’associazione, «da fare invidia. Se ti facessi vedere gli armadi, per esempio quelli di Favignana, avremmo solo da imparare da tutti loro. Ovviamente un risultato al quale si arriva dopo tanto lavoro». «A me è piaciuto tanto Balestrate», si inserisce Filippo « ma anche Favignana. A dire il vero io amo molto il mare e scoprire posti nuovi. Mi piace farlo con la mia fidanzata, che non so perché stia ritardando tanto oggi». Il romanticismo non manca a Filippo, ma neanche a Chiara, per tutti Chiaretta, 33 anni, che ha sfruttato queste vacanze per andare alla ricerca del tramonto perfetto. Se, poi, lo spettacolo veniva seguito da una serata di Karaoke, allora la giornata si concludeva in maniera perfetta. A sottolineare il suo gradimento un sorriso che faceva splendere il sole anche di sera. «In verità a me piace di più ascoltare gli altri che cantano», confessa Chiara, «non so dire perché”.

Un tramonto dai colori che solo l’estate riesce a regalare, una bella cenetta magari a base di pesce, ma anche uno sguardo al cielo. Con il naso all’insù ama stare Roberta, 47 anni: «Guarda che belle queste stelle», si emoziona mostrando una foto sul cellulare «me le ricordo ancora quanto splendevano. Le ho fotografate tutte, così non me le dimentico».

Alla scoperta di Erice

E non è da sottovalutare il fatto che Roberta mostri orgogliosa le sue foto. Lei è una degli allievi di un workshop, tenuto da Shobha nel 2008, che ha portato anche alla mostra dal titolo “Storia d’amore”. Un’esperienza alla quale hanno partecipato anche Chiara e Agostino, 38 anni, la cui riservatezza lo porta sempre a esprimersi attraverso la presenza, molto poco con le parole. «Ci siamo sempre svegliati molto presto perché dovevamo prendere la nostre medicine, poi uscivamo subito», racconta Martina che, mentre parla, sa bene che l’operatore dietro di lei fa qualche smorfia di disappunto. «Lo sai perché storco il naso?», spiega Rosario Zarcone, uno degli operatori. «Perché lei è birichina. Essendo tra le più autonome, nonostante abbia paura delle macchine e del traffico, allungava sempre il passo e abbiamo rischiato più volte di perderla. Ci ha fatto preoccupare». Un’autonomia, quella di Martina, che con tutta l’energia dei suoi 30 anni, le ha consentito di reagire prontamente a uno stupido tentativo di aggressione da parte di un gruppo di quattro giovani che l’hanno seguita mentre rientrava a casa. Lo spavento è stato grande, ma è riuscita a mantenere la calma e a chiamare soccorsi col suo telefonino.

«Il nostro non è un lavoro che si conclude con un’iniziativa, un’uscita, una vacanza», spiega Pippo Rocca, presidente dell’associazione che ha fondato negli anni Ottanta insieme ad altri genitori di ragazzi con la sindrome di Down. «È un cammino di comunità, è la vita. Quando, infatti, si parla del “dopo di noi” spesso ci si dimentica che c’è un prima e un adesso. Noi lavoriamo per renderli indipendenti, consapevoli delle loro scelte, ma quando accadono episodi spiacevoli come l’esperienza vissuta da Martina, si fanno enormi passi indietro. Lei è forte e sta reagendo, ma non tutti riescono a superare quelli che diventano traumi, così farli uscire nuovamente dal loro guscio non è facile».

Sulle tavole da surf

Gli abitanti di Favignana li attendono sempre a braccia aperte

«Quest’anno abbiamo scoperto un altro angolo di Favignana», dicono Pippi Perrone e Bianca Salimeni, le altre due operatrici che hanno accompagnato i ragazzi in vacanza. «Siamo entrati nelle cave di tufo e ci siamo inebriati dei profumi e delle visioni del “Giardino dell’impossibile“. È stato realizzato da una coppia, facendo una scommessa: la moglie diceva che voleva realizzare uno dei giardini più spettacolari mai visti, mentre il marito asseriva che non ci sarebbe riuscita. Da lì “Il Giardino dell’Impossibile” , nel quale a essere protagonista è solo la natura. Vedere i nostri ragazzi vivere tutto questo a bocca aperta è stato per noi l’ennesimo inno alla vita, al quale ci invitano ogni giorno tutti loro. Anche durante l’anno cerchiamo sempre di proporre esperienze immersi nella bellezza del Creato, facendoli avvvicinare al teatro, ai musei, assorbendo cultura a 360 gradi. Ovviamente concordiamo tutto sempre insieme a loro, non c’è mai nulla di imposto. Consideriamo che in associazione ci sono circa 40 ragazzi e le attività devono essere per forza di cose diversificate. Abbiamo, poi, tantissimi laboratori che non sono solo ludici, ma pensati per stimolare lo sviluppo della comunicazione, come anche quello cognitivo e il suo mantenimento.

«Un viaggio che si basa molto sulle emozioni», aggiunge Rosa Perrone, «tra le quali c’è anche la paura e il dolore. La paura di non farcela, ma anche la gioia di riuscire a superare i propri limiti. I nostri ragazzi ne hanno dato prova negli anni lavorando in alcune strutture ricettive veramente importanti della città di Palermo, dimostrando grande serietà e preparazione. Tuttora sono un punto di riferimento della mensa del Convitto nazionale “Giovanni Falcone” di Palermo. Una gioia vederli interagire ogni giorno con centinaia di studenti». «L’estate è andata benissimo, mi sono tanto divertita», afferma risoluta Manuela, «ma da settembre voglio seguire un corso di formazione per programmatrice di computer, il mio sogno. Poi, certo, voglio sposarmi con Filippo, ma tra due anni. Ci vogliamo bene, vogliamo avere dei figli, ma prima per me c’è altro».

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Le foto sono state fornite dagli operatori dell’associazione

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