Welfare
Il Vaticano di nuovo all’attacco
Una lunga intervista a monsignor Vegliò all'Osservatore romano. «Irresponsabile negare l'Europa multietnica»
di Redazione

È pericoloso e irresponsabile negare il processo epocale che sta trasformando l’Europa in un continente multietnico e multireligioso, è un dato questo «che non può essere messo in discussione», e i governi dal canto loro devono favorire la reciproca conoscenza e l’integrazione. È quanto afferma in una lunga intervista sul fenomeno migratorio all’Osservatore romano, il presidente del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò.
Le paure. In merito alle paure che si diffondono nella società rispetto agli immigrati, monsignor Vegliò osserva: «Senza dubbio non bastano le leggi per favorire la crescita di una società integrata, in cui le varie componenti convivano pacificamente e mutuamente si arricchiscano. Tutte le istanze culturali ed educative devono essere coinvolte in un processo che è epocale e riguarda tutti gli ambiti di vita».
Non sono gli immigrati a metter a rischio l’identità cristiana. «Non è l’arrivo degli immigrati di fedi diverse a mettere in crisi l’identità cristiana nel vecchio continente, quanto piuttosto il processo di secolarizzazione intollerante e di laicizzazione a tappe forzate delle società occidentali. Secondo monsignor Vegliò non vi è un rischio reale che s’indebolisca l’identità cristiana a causa dei nuovi arrivati: «Il rischio – spiega – potrebbe essere reale, quantunque io sia convinto che l’arrivo di migranti e rifugiati appartenenti ad altre religioni sia uno stimolo più che una minaccia per l’identità Cristiana. In effetti – aggiunge – essi arricchirebbero se stessi e il nuovo ambiente se si trovassero a confronto con una diversa identità religiosa davvero solida e coerente. A mettere in pericolo l’identità cristiana è piuttosto il processo di avanzata secolarizzazione, che talora sta degenerando in secolarismo intollerante e, nel vecchio continente, sta ormai facendo perdere le radici cristiane dell’Europa, negate in sede istituzionale e in alcuni ambiti della società».
Siamo capaci di affascinarli? «Di fatto», aggiunge Vegliò, «mediante il laicismo e il relativismo, l’Europa sta costruendo una comunità senza Dio e ciò non è solo un ostacolo alla sua identità, ma è anche un impedimento alle politiche di integrazione. Se fossimo coraggiosi testimoni del Vangelo, forse un numero maggiore di migranti e di rifugiati, in ricerca e in fuga da realtà oppressive, anche sul piano religioso, sarebbe affascinato dalla fede cristiana o, quanto meno, essa sarebbe apprezzata per il suo contributo nell’ambito culturale, storico e artistico». «Mi pare, invece – spiega ancora l’arcivescovo – che il cristianesimo in Europa sia guardato con sospetto da migranti e rifugiati non cristiani allorquando si lascia identificare con uno stile di vita che lo contraddice e con la mancanza di genuina religiosità da parte degli autoctoni». «Talvolta, poi», conclude, «si paventa l’espansione demografica dei non cristiani in Europa. Ma anche in questo caso dovremmo chiederci perchè non siamo in grado di equilibrare il dinamismo demografico e, soprattutto, di trasmettere la fede cristiana alle nostre nuove generazioni, che, per quanto in calo, sono ancora numericamente in maggioranza».
La questione dell’asilo poltico. «Quello dell’asilo è un diritto umano fondamentale, come recita la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’articolo 14. Il rispetto di tale diritto viene prima dei problemi concreti legati alla sua attuazione. Si costituisce in tal modo la piattaforma di uno Stato di diritto, il quale deve sentirsi impegnato a fare tutto il possibile per rispettare i diritti umani fondamentali. Il vero problema, poi, risiede nell’accesso allo status di rifugiato. Dal momento, infatti, che esso reclama diritti, gli Stati tendono a concederlo a un numero limitato di persone per risparmiare denaro e strutture, anche perchè tendenzialmente le domande si moltiplicano. Di anno in anno, comunque, le leggi riguardanti l’asilo in Europa si fanno sempre più restrittive».
«La tendenza recente sviluppata dai Paesi dell’Unione europea è quella della esternalizzazione del diritto d’asilo, che mira a impedire l’accesso al territorio dell’Unione e a obbligare i richiedenti asilo a fermarsi nei Paesi di transito».
«Non compete al magistero della Chiesa – afferma l’arcivescovo – valutare le scelte politiche in questo campo, ma certo non posso eludere una considerazione generale, indirizzata a tutte le persone di buona volontà, che domanda conto alla retta coscienza del dovere di solidarietà verso coloro che vivono condizioni di maggiore vulnerabilità, come rifugiati e migranti, ma anche, mutatis mutandis, anziani, disabili e malati terminali, nei confronti dei quali non possiamo tollerare che si avvallino tentativi che vanno contro il diritto alla vita”.
La questione della sitribuzione delle ricchezze. «È ovvio – spiega mons. Vegliò – che bisogna fare i conti con la limitatezza delle risorse, ma dobbiamo anche chiederci: si sta già facendo il possibile per l’equa distribuzione delle ricchezze? A che punto siamo con l’impegno, a livello internazionale, per risolvere conflitti di lunga durata? Quali comportamenti vengono adottati nei confronti di Governi dittatoriali che ‘produconò migranti e rifugiati? Quali orientamenti stanno indirizzando la gestione del fenomeno migratorio, in maniera lungimirante e non populista?».
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