Famiglia
Immigrazione: quasi 500 mila i minori stranieri in Italia
Nove bambini su 100 che nascono ogni anno in Italia hanno genitori stranieri. Lo afferma il primo rapporto Caritas-Unicef sui bambini e gli adolescenti stranieri in Italia presentato oggi a Roma.
di Redazione
Nove bambini su 100 che nascono ogni anno in Italia hanno genitori stranieri. In quasi un caso su due (41%), se mamma e papa’ sono regolari, viene portato dal pediatra di base mentre se sono irregolari la percentuale scende ben al 5,6%. Un bambino straniero su 5 (17,6%), vive in istituto. Lo afferma il primo rapporto Caritas-Unicef sui bambini e gli adolescenti stranieri in Italia presentato oggi a Roma. Complessivamente i minori stranieri in Italia sono 491 mila (tra questi 29 mila i nuovi ingressi per motivi familiari) e sono oltre 5.500 quelli non accompagnati (aprile 2005). I minori rappresentano il 17,6% della popolazione complessiva immigrata (piu’ 2% rispetto al 2003). Il maggior numero di bambini ed adolescenti stranieri vive al nord (circa 20%) con punte in Veneto (22%). Nel Lazio si registra la percentuale piu’ bassa (10,9%) mentre le Marche con il 21% detiene il secondo posto nazionale. Al sud, tranne Abruzzo, Puglia e Sicilia, le presenza sono inferiori alla media. Nel nostro paese ci sono 42.577 famiglie straniere con un solo genitore, pari al 9,7% di tutti nuclei stranieri (per lo piu’ sono nel centro Italia, 11%). La comunita’ piu’ numerosa con famiglie monogenitoriali e’ quella marocchina (4.079), albanese (3.959), rumena (2.197). Il tasso di natalita’ degli immigrati e’ doppio rispetto a quella nazionale.
I minori in istituto sono 452 (17,6%); sono maggiormente presenti nel Lazio (1 su 2), in Lombardia (46,8%) e in Umbria (31,1%). Il rapporto ha smentito anche i piu’ frequenti luoghi comuni sui minori stranieri. Primo fra tutti quello che nascano gia’ malati e rappresentino un rischio per i bambini italiani. Non e’ vero: i tassi di mortalita’ infantile e neonatale sono di poco piu’ elevati e sono dovuti alle abitudini di vita condizionate dalla poverta’: 3,7 per ogni mille rispetto a 2,7 di bimbi con genitori italiani. Ed ancora, il minore ricorso al pediatra di base non ha a che vedere con la condizione di clandestinita’, ma con le abitudini culturali dei genitori. Inoltre – in base ai dati Inps riferite alle assunzioni a tempo determinato e indeterminato relative al 2003 – i minori stranieri assunti sono stati 59.601, pari al 7,1% sul totale delle assunzioni. La regione con il numero assoluto piu’ elevato di assunzioni e’ stata la Lombardia (11.975) mentre l’incidenza percentuale piu’ alta va al Trentino Alto Adige (12,6%). Tutti questi minori – ha detto il presidente dell’ Unicef-Italia, Antonio Sclavi – vivono in una sorta di ”invisibilita’ sociale” ed ”hanno invece bisogno di una costante attenzione. La convenzione sui diritti dell’infanzia e’ valida anche per loro, ogni bambino che si trova sul territorio italiano e’ da essa protetto”. E tra i piccoli ci sono i bambini ancora piu’ invisibili, sono i bambini non accompagnati, ”assolutamente esposti al pericolo della malavita, attratti anche dal miraggio dei facili guadagni. A tutto questo – ha aggiunto – si affianca la mancanza di una politica complessiva nei loro confronti, una politica che sia coordinata tra i diversi ministeri competenti, fra governo centrale e amministratori locali, ed i soggetti del terzo settore. Ci sono lacune da colmare”. Sclavi ha quindi richiamato la necessita’ di avere normative specifiche per i minori stranieri partendo magari dalle ‘buone pratiche’ che esistono nel nostro paese. Don Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, ha detto che la dimensione dell’infanzia nella migrazione ”e importante sotto molti punti di vista. In primo luogo, la presenza crescente delle famiglie e dei bambini determina una riduzione delle situazioni di clandestinita’ e di lavoro sommerso fra le popolazioni immigrate. In secondo luogo, tale presenza impone il miglioramento di strutture e dei percorsi di accoglienza, e un ripensamento del modello organizzativo dei servizi del territorio. In una visione che riconosca e valorizzi le differenze, cercando nel dialogo e nel confronto in tutti gli ambiti, la costruzione del bene comune”.
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