Che il settore ?tirasse?, come si suol dire, lo si sapeva. Ma i numeri sono altra cosa rispetto alle impressioni: quanto queste sono ondivaghe e istintive, quanto quelli sono icastici e razionali.
E sono proprio i numeri a confermare che le cooperative sociali rappresentano uno dei comparti più vitali dell?economia non profit: le imprese sociali in Italia sono 5.600, di cui il 55 per cento di tipo A, il 40 per cento di tipo B e il 5 per cento miste; danno lavoro a 158mila persone, quasi 15mila delle quali gravemente disagiate, e fatturano 3,6 miliardi di euro (7mila miliardi di vecchie lire a fronte dei 5.800 miliardi del 1999). A fianco degli operatori retribuiti, collaborano con le cooperative sociali oltre 23 mila volontari.
Nel 2000 le cifre erano diverse: innanzitutto le coop erano 200 in meno, e davano lavoro a 108mila persone contro 158mila (un balzo del 68 per cento). Una variazione si registra anche nell?attività delle cooperative, che si è leggermente spostata dalle cooperative di tipo A (rappresentavano il 58 per cento del totale, oggi hanno perso tre punti) a favore di quelle di tipo B, passate dal 36 al 40 per cento.
Una fotografia lusinghiera scattata da una ricerca presentata il mese scorso da Cosis-Compagnia sviluppo imprese sociali, società per azioni senza fini di lucro che finanzia prestazioni di servizi a favore di imprese sociali (vedi anche a pag. 29). La ricerca sulle cooperative sociali è propedeutica e integrativa di una più complessa analisi che Grant Thornton sta conducendo con Cosis per calcolare, in termini matematici, il Valore aggiunto sociale-Vas generato dai finanziamenti in termini economici e occupazionali.
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