Nelle carceri portiamo subito un po’ di umanità
«Persino a Rebibbia, che è un carcere modello, mancano i soldi per tutto. Non ci sono fondi per la manutenzione, per comprare una lampadina, piove dappertutto. I direttori fanno i salti mortali per riuscire a tenere in piedi il carcere, ma fanno quello possono. Un detenuto riceve un rotolo di carta igienica per due mesi e mezzo, ditemi se questa è dignità. Per i detenuti più poveri è un dramma». Con queste parole il cappellano del carcere di Rebibbia, don Sandro Spriano, fotografa con efficacia quella che è un po’ la situazione di tutte le carceri italiane. In questi giorni si parla di Piano carceri e di progetti che possono durare anni, ma ci sono piccole cose che si potrebbero fare subito. Ecco due proposte fatte da detenuti.
Qualche ora di colloquio in più con le famiglie
Scrive il detenuto Antonio F.: «Il sovraffollamento ha peggiorato le nostre condizioni di vita anche perché, fino a qualche anno fa, quando le famiglie venivano da posti lontani, la direzione del carcere concedeva di fare i colloqui prolungati, di due e più ore. Ora non è più così. Siccome le persone detenute sono troppe e manca lo spazio e il tempo, accade, purtroppo sempre più di frequente, che le famiglie che vengono da posti lontani si sentono dire che “ci sono troppe famiglie fuori e quindi non si può fare più di un’ora”. Questo significa che anche i familiari, che percorrono centinaia di chilometri per fare un paio di colloqui all’anno, rischiano di fare una sola ora di colloquio».
Almeno fateci telefonare ai nostri cari
Ecco la proposta di Rachid: «Non tutti i detenuti possono fare colloqui (ad esempio molti stranieri, oppure i familiari che non possono affrontare lunghi viaggi, come mogli con bambini piccoli o genitori anziani). In tanti, come succede a me, restano anche per anni senza mai vedere i loro familiari e l’unico contatto è con le telefonate, quattro al mese, una a settimana, della durata di dieci minuti, solo da apparecchi fissi. Il problema è che non tutte le famiglie hanno il numero fisso. È importante che vengano almeno autorizzati i detenuti, i cui famigliari non dispongono di apparecchi fissi, a telefonare ad apparecchi mobili intestati ai famigliari. E che la durata delle telefonate sia superiore agli attuali dieci minuti».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.