di Lubna Ammoune
M angiare è un’azione tanto naturale quanto regolata socialmente, tant’è che in ogni cultura esistono norme che assumono funzioni simboliche e che indicano la sacralizzazione del cibo. Un elemento che contraddistingue una cucina da un’altra è la grammatica del pasto, che in antropologia comprende i modi attraverso cui vengono consumate le pietanze e la sequenza con la quale vengono serviti i piatti.
La cucina cinese cura molto l’aspetto estetico e nelle sue massime espressioni raggiunge livelli alti. La scelta di tagliare i cibi e soprattutto la carne a piccoli pezzi deriva dalla necessità di mangiare con le bacchette, pratica che risale a tempi antichi, a una leggenda che narra di quando in Cina si usava ancora mangiare con le mani e due pescatori, in un momento di pausa, si sfidarono a chi mangiava più veloce la minestra di riso; uno dei due ebbe l’idea geniale di staccare due rametti da un albero lì vicino per evitare di scottarsi le mani e vinse con facilità la sfida.
Nella cultura giapponese il momento del pasto è un evento che deve necessariamente coinvolgere tutti i sensi, perfino l’udito. A questo proposito, è buona regola rumoreggiare a tavola bevendo la minestra. Questo momento, ricorrente nelle pagine della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto, «perché principalmente non si mangia quasi mai da soli, il cibo è determinante alla comunicazione tra le persone e per questo ne ho fatto un simbolo, deve essere un viaggio anche per lo spirito, e non deve fermarsi ad una soddisfazione di tipo materiale». Da qui deriva una grande attenzione all’estetica e al rituale del pasto. Prima di mangiare seduti per terra sul tatami (tradizionale pavimentazione) e dopo aver finito è buona educazione ringraziare sempre con le stesse formule, evitando di brindare col cin cin (cin cin in giapponese è termine volgare) che non è una formula benaugurale come da noi?
La cucina indiana si distingue per un uso sapiente di spezie, erbe e condimenti. La maggior parte delle spezie non sono soltanto di aiuto al gusto dei cibi, ma anche alla salute: la curcuma per esempio è un diuretico, la paprika uno stimolante gastrico e lo zenzero fresco un tonico. La scienza dell’uso delle spezie per accentuare il gusto dei cibi e mantenere la salute risale a migliaia di anni fa, alla compilazione dell’Ayur Veda e dell’Artha-sastra.
La cucina araba si richiama all’insegnamento del profeta Maometto: «Il cibo di due è sufficiente per tre e il cibo di tre è sufficiente per quattro», detto che riassume l’ospitalità degli arabi quando offrono cibo della loro cucina in quantità generosa. L’abitudine, in particolare nella cucina marocchina che è frutto di un’antica tradizione che si esprime in piatti di lunga preparazione e dal profumo invitante, è quella di mangiare intorno a una tavola rotonda, attingendo da un unico piatto. Il comportamento alimentare diviene in questo senso un importante “rivelatore”.
Negli ultimi anni c’ è stato un boom di ristoranti etnici: il cibo sembra essere diventato uno degli strumenti più efficaci per avvicinare le persone e scoprire mondi lontani. Dietro a sapori, odori, gusti e profumi si scoprono infatti diverse tradizioni e si avvicinano le persone attraverso il linguaggio culinario, capace di intrecciare parole e bocconi.
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