Dai tagli al sociale alla gratuità delle adozioni sono stati tanti i temi messi sul tappeto. A tenerli insieme la consapevolezza che l’interlocuzione con lo Stato centrale è sempre
più complicata e meno produttiva.
E così si apre la strada verso enti locali e fondazioni
Giovanardi, Carfagna e Mussolini. Sulla carta sono loro i primi interlocutori per chi si occupa di infanzia, da qualunque parte si affronti la questione, che sia l’adozione o l’accoglienza in comunità, la promozione dei diritti o la creazione di asili nido, che si tratti di bambini in vacanza o in ospedale. Ma parlare con loro è sempre più impossibile o inutile: basti guardare all’epopea a cui la politica nazionale ha condannato il Piano iInfanzia e il Garante nazionale, attesi da anni e svaniti nel nulla. Cose che «servirebbero eccome», dicono in coro dieci tra le realtà più impegnate sul fronte infanzia, raccolte da Vita in un forum tematico, soprattutto con la difesa del valore della partecipazione, rispetto a cui il governo invece «è freddino». Ma di fronte al muro di gomma che si registra a livello centrale, la scelta inevitabile è quella di tornare al territorio. In fondo le politiche per l’infanzia, dieci anni dopo la 328, si decidono lì. E così sostenibilità e sussidiarietà diventano le nuove parole d’ordine, mentre enti locali e fondazioni sono i nuovi irrinunciabili partner.
Tagli al sociale
«La manovra finanziaria in discussione, apportando consistenti tagli al sociale, impatta drasticamente sui minori, da quelli appartenenti alle fasce più povere ai piccoli immigrati, fino alla scuola», ha ricordato Stefano Taravella, vicepresidente del Comitato italiano per l’Unicef. Le conseguenze ricadono a cascata a livello regionale e locale. «Le politiche per l’infanzia sono regionali, ma purtroppo non omogenee. In mancanza dei Liveas, è violato il principio di uguaglianza dei bambini», ha ricordato Samantha Tedesco, responsabile dell’area pedagogica di SOS Villaggi dei Bambini. Le comunità di accoglienza stanno vivendo una stagione difficilissima a causa del mancato pagamento delle rette da parte dei Comuni: sempre SOS Villaggi dei Bambini ha dovuto ricorrere alle vie legali in Veneto e in altre regioni fa fronte all’emergenza con risorse donate da privati. C’è poi il “buco nero” di chi diventa maggiorenne in comunità: la legge li considera adulti a 18 anni e un giorno, e il “prosieguo amministrativo”, che consentirebbe di seguirli fino a 21 anni, è sempre più un miraggio.
Interventi spot
Lo stesso disagio viene letto da Arché, che rileva un appiattimento dei servizi a singoli interventi “a prestazione”, più sanitari che sociali, centrati sul bambino e non sulla rete (famiglia, scuola, aggregazioni). I tempi di permanenza in comunità si sono abbreviati, «al massimo 3/6 mesi», dice Mirella Savegnago, responsabile Fundraising e comunicazione, quasi un “parcheggio” d’emergenza. «Mancano luoghi a cui le famiglie possono rivolgersi in maniera generica, come dovrebbero essere i consultori», continua. «Così vediamo sprecate le possibilità del territorio e marginalizzata la famiglia. E ci troviamo a fare da “facilitatori” rispetto alle potenzialità della comunità territoriale».
Adozioni
Ciai e AiBi ricordano il progressivo cambiamento del bambino adottabile, che da “special” sta oggi diventando sempre più “standard” needs: su questo punto è necessario un impegno di sensibilizzazione culturale delle famiglie ad accettare l’accoglienza di minori più grandicelli, con problemi, o gruppi di fratelli. Donatella Ceralli (Ciai) ha rilevato le criticità dei fronti scuola («Dopo il decreto Gelmini i bambini adottati vanno inseriti obbligatoriamente in classi di pari età, ma spesso non sono pronti») e post adozione. Un’altra importante battaglia culturale, ricordata da AiBi ed Enzo B, è quella sulla gratuità dell’adozione («Non vedo perché il parto e l’adozione nazionale debbano essere gratuiti, mentre l’adozione internazionale viene considerata un negozio totalmente privato», ha detto Stefano Bernardi, direttore di Enzo B). In tema di affido, Laura Salerno (AiBi) ha poi ricordato l’importanza di una battaglia per il riconoscimento giuridico delle case famiglia.
Asili nido
La Fondazione Aiutare i Bambini rileva un exploit di domande rispetto al suo nuovo bando per la creazione di asili nido: da 19 richieste, nella precedente edizione, alle 73 attuali. «Un dato che mostra anche il sostanziale impoverimento delle risorse pubbliche», spiega Alessandro Volpi. Oltre a questo, dal momento che oggi sono le grandi fondazioni erogative, a livello locale, ad indirizzare le politiche sociali, l’invito di Aiutare i Bambini è quello di fare “massa critica” per elevare le buone pratiche realizzate a politiche sociali.
Povertà delle famiglie
Regina Sironi, segretario generale di Abio, riconosce il grande impoverimento delle famiglie e ricorda di aver riproposto e diffuso la Carta dei diritti del bambino in ospedale. Fondazione Dynamo (Alessandra Ghezzi, area Comunicazione) rileva come per molte famiglie con un bambino malato attualmente sia difficile accedere all’opportunità di una vacanza gratuita presso il Dynamo Camp a causa della mancanza di risorse per affrontare il viaggio fino in Toscana.
Web e nuovi linguaggi
Si registra un profondo gap tra le competenze tecnologiche dei minori e quelle dei loro familiari. Per questo motivo Telefono Azzurro si trova in prima linea nell’ambito dei nuovi modelli d’intervento a protezione dei minori. «Questi interventi parlano la lingua delle nuove tecnologie proprio per dialogare direttamente con bambini e adolescenti e monitorare nuovi fenomeni di disagio, come il cyberbullismo o i contenuti pedopornografici della rete», ricorda Simona Saraceno, dell’area Comunicazione.
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