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Inland Empire un mese dopo. Per me è un capolavoro. E vi spiego perché

Cinque anni dopo Mulholland Drive, Lynch si è ripresentato al mondo con un nuovo, lunghissimo lavoro, Inland Empire...

di Andrea Leone

Cinque anni dopo Mulholland Drive, Lynch si è ripresentato al mondo con un nuovo, lunghissimo lavoro, Inland Empire (cfr la recensione di Maurizio Regosa, Vita n. 8/2007). Un film che ha fatto discutere, che ha diviso, ma che qui voglio difendere nella convinzione che si tratti di un vero capolavoro.

Lynch non persegue nessuna idea di realismo, il suo scopo non è la credibilità: vuole semplicemente rifare il mondo, attraverso l?unico modo possibile, quello di cambiare il nostro modo di vederlo: la sua arte non è che pretesa della totalità e in questo consiste il suo supremo realismo. Lynch arriva alla verità non attraverso una qualsiasi pretesa di verosimiglianza ma attraverso lo sprofondamento totale e incondizionato nella menzogna. Per Lynch la natura non esiste ; il suo cinema è un viaggio oltre le colonne d?Ercole della natura e della storia : vedere un film di Lynch è come guardarci allo specchio e cambiare la percezione di noi stessi: il che indubbiamente incute sempre qualche timore. «Lasciate che sia il film a guardare voi», dice il regista stesso offrendoci una preziosa chiave interpretativa.

La storia di Inland Empire è quella di un?attrice che si trova ?in difficoltà?, ma il film racconta in fondo la storia di tutte le storie: nascere e morire. È la scoperta del male, del peccato. Come un mago-scienziato, Lynch dispiega davanti a noi una fitta rete di simbolismi, per tre ore un labirinto enciclopedico di morti e rinascite, di apparizioni e sparizioni. Sarebbe molto facile ?spiegare il film?: ma a cosa servirebbe ridurre un?opera d?arte a una parafrasi, come se non potesse avere vita propria ? Lynch sa perfettamente che non c?è contenuto senza forma, non c?è cosa senza come, e che dire stile è solo un altro modo di dire Dio.


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