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Internet e tempismobBarack è stato perfetto

Gavino Sanna rilegge la campagna democratica

di Redazione

«È riuscito a far diventare pensabile l’impensabile: un nero alla Casa Bianca». E lo ha fatto grazie «al contatto personale che ti consente il web». Ma per il grande pubblicitario «in Italia da Obama siamo lontani anni luce» U n pensiero impensabile. È la definizione fulminante di Gavino Sanna per sintetizzare il fattore Obama. Lui, il più grande pubblicitario italiano, conosce bene l’America. Ci ha vissuto e lavorato, e nel suo curriculum di creativo ha anche una campagna elettorale americana: quella della rielezione di Nixon del 1972. Slogan coniato (e vincente): «L’America funziona se funzioni tu». Uno slogan già vagamente obamiano?
Sanna non ha dubbi su quel che è successo in America il 4 novembre. Dice: «È stato l’esito di una campagna perfetta. In cui quello che era impensabile – un nero alla presidenza – si è rivelato l’elemento capace di catalizzare le attese della maggioranza. Davvero è cambiato tutto. E chi ha interpretato con più coraggio questa voglia di cambiamento ha vinto».
Vita: Non voglio fare ragionamenti politici con lei. Mi interessa la sua valutazione “tecnica” della campagna di Obama. Dove sta la vera novità?
Gavino Sanna: Senz’altro nell’uso di internet. È stato la chiave di volta del successo. Si è capito che i vecchi mezzi non bastavano, che per far incontrare la domanda di cambiamento con l’offerta ci voleva uno strumento one to one come il web. È stata una tecnica vincente anche le precisione con cui è stato usato. Ti arrivava una mail e nel momento in cui rispondevi non ti mollavano più. In questo c’è stata anche dose di realistico cinismo.
Vita: In che senso?
Sanna: Che ti trovavi in balìa di questi signori. Ma la loro forza è che ti portavano proprio dove volevi tu. A quel punto come si fa a rispondere «no, grazie»? L’America aveva un grande bisogno di sentirsi coinvolta. Obama l’ha fatto e ha vinto.
Vita: Per questo internet è stato l’arma vincente?
Sanna: Certo. Ma lì c’era gente che sapeva usarlo. Che non ha lasciato passare mai un istante di tempo di troppo senza arrivare da te nel momento giusto o topico. E poi è stato vincente perché al terzo o quarto passaggio era naturale che venissero a chiedere una donazione. Ci stava, e uno a quel punto la faceva senza fatica. Così oltre al consenso sono arrivati anche i soldi. Ripeto: è stata una macchina perfetta. Complimenti a chi l’ha pensata e assemblata.
Vita: E Obama è stato il cardine di questa macchina?
Sanna: Ne è stato l’interprete perfetto.
Vita: È immaginabile una campagna del genere fuori dagli Stati Uniti?
Sanna: Non riesco proprio a immaginarla fuori da lì. Anche altrove sono successe a volte cose molto nuove in politica che hanno raccolto un consenso imprevisto: pensiamo a quel che è stata in Italia la discesa in campo di Berlusconi. Ma solo l’America è in grado di usare in modo così preciso uno strumento come internet. Perché unisce il massimo della tecnologia con l’antica cultura dei buoni sentimenti che solo loro hanno in maniera così profonda.
Vita: Quanto è stato determinate lo slogan «Yes, we can»?
Sanna: Gli slogan sono sempre buoni quando si vince. Per me era buono anche quello di Mc Cain, «Country first», ma ha perso: quindi non è più buono.
Vita: In Italia c’è molta voglia di “obamismo”. Chi ce la farà?
Sanna: Meglio stendere un velo. Mi ha colpito la reazione di Veltroni che si è esaltato persino per il modo di salire le scale di Obama “saltellando”? In realtà è meglio che ci mettiamo il cuore in pace, Obama se ne fregherà dell’Europa.
Vita: Dovesse fare un paragone con qualche campagna elettorale del passato, cosa le viene in mente?
Sanna: Quella di Mitterrand del 1981. La «forza tranquilla». Obama ha reinterpretato in modo perfetto quello slogan. Ha convinto l’America che può fidarsi di lui. Che lui penserà a tutti, non come massa ma “uno per uno”. La sorpresa è che questo ruolo sia stato rivestito da una persona di colore, seppur, come io dico, “cappuccino”. Questo davvero era un pensiero impensabile?

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