Cultura
Io, figlia della tolleranza
Una collaboratrice musulmana di Vita scrive (di Asly Kayabal).
di Redazione
Sono nata in Turchia, sono musulmana anche se non praticante. Ho un bambino che frequenta le elementari qui in Italia. E nella sua classe il 50% dei bambini é straniero e ovviamente non segue le lezioni di religione. Mio figlio si trova benissimo, e nessuno fa problemi per il crocefisso. Se noto contrarietà da parte dei genitori é riguardo alla mensa. Milano ristorazione prepara i menù anche per i figli dei musulmani, ma sul cibo c’é una diffidenza invincibile.
Da parte mia, ho familiarità con i segni della fede cristiana, perché i miei genitori a Istanbul mi mandarono in una scuola di suore, le suore Salvatorine. Lì i ragazzi cristiani erano la minoranza, ma nessuno ci forzava a credere fuori dalla nostra tradizione. Di quell’esperienza mi é rimasto un ricordo: il modo con cui le suore pregavano. Era un po’ surreale sentirle, perché era una preghiera discreta e comprensibile. Invece i muezzin gridavano, usavano addirittura i microfoni e pregavano in arabo, una lingua che a me e ai miei coetanei era incomprensibile. Forse é per questo che l’unica preghiera che ancora ricordo é l’Angelo di Dio…
Asly Kayabal
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