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Io sono un imamda trasferta

Parla Al-Misbahi, che guida la preghiera a Brescia

di Redazione

Abdul Haqq Al-Misbahi, yemenita, 31 anni, due figli, un terzo in arrivo. Professione: imam. Il Centro islamico di Brescia ormai è la sua seconda casa. I dirigenti “italiani” della moschea di via Corsica lo hanno scelto perché è uno dei massimi esperti dell'”Islam delle minoranze”. È quindi in grado di comprendere meglio di ogni altra guida i problemi dei musulmani che vivono in Paesi che praticano altre religioni. Al-Misbahi ha accettato di rispondere a tutte le domande, eccetto una: quanto guadagna. I responsabili del Centro ci hanno spiegato che divulgare un’informazione del genere avrebbe potuto in qualche modo turbare i fedeli. L’intervista avviene in arabo. Al-Misbahi comprende a fatica l’italiano e non lo parla.

Vita: Dove vive e che studi le hanno permesso di diventare imam?
Abdul Haqq Al-Misbahi: Vivo nello Yemen, sono sei anni che vengo a Brescia, a periodi alterni, per ricoprire il ruolo che mi hanno affidato. Mi sono laureato in teologia all’università della Fede a Sanaa. Per diventare imam bisogna studiare minimo quattro anni, anche se in realtà c’è sempre qualcosa da apprendere e si cerca sempre di aggiornarsi. Dopo la laurea si può scegliere se diventare professore universitario di teologia o esercitare il ruolo di guida nelle moschee, in seguito al conseguimento del dottorato. In Yemen insegno nella stessa università nella quale sono stato studente e quando vengo in Italia chiedo un permesso per poter conciliare al meglio questi due miei lavori.
Vita: Che differenza c’è tra la vita di un imam e quella di un semplice musulmano?
Al-Misbahi: Io mi considero una persona normale. Per ricoprire nel modo migliore la carica che mi è stata affidata, devo cercare, oltre ai miei studi, di approfondire ulteriori questioni, al fine di indirizzare le persone che mi interpellano e mi chiedono consigli e giudizi. Per questo è necessaria un’approfondita conoscenza della legge islamica, che permette di rispondere anche a domande riguardanti la pratica religiosa nella sua semplice quotidianità. Personalmente credo che più un imam sia specializzato, più ha responsabilità, anche se poi ogni musulmano, nel suo piccolo, può essere una guida in quanto può, all’interno per esempio della sua famiglia, accompagnare la preghiera o citare un versetto del Corano per rispondere a una domanda postagli da un fratello, per trasmettere così un messaggio chiaro dell’insegnamento della nostra religione.
Vita: Come prepara le prediche?
Al-Misbahi: Dipende dai periodi. Durante il mese di Ramadan parlo del significato del digiuno e spesso capita di tenere una predica che attinge all’attualità e agli eventi recenti di cui sentiamo. Rispetto allo Yemen, ci sono diversi tipi di problematiche sociali, per cui si cerca di analizzare il contesto e di agire di conseguenza.
Vita: Può parlarci della sua famiglia?
Al-Misbahi: Mio padre è stato un giudice. Io sono sposato e ho due figli in Yemen, un maschio e una femmina. In realtà due e mezzo, perché io e mia moglie siamo in attesa del terzo. Ho un fratello e due sorelle. Mio fratello si è laureato in giurisprudenza, mentre le mie sorelle, entrambe sposate nello Yemen anche se adesso vivono in Arabia Saudita, preparano lezioni di religione da pubblicare sui siti arabi, oltre a dedicarsi all’educazione dei loro figli.

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