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islam, il think tank si è messo a pensare

Fra i 19 convocati anche l'islamologo Paolo Branca. Che racconta a «Vita» i contenuti della prima seduta dell'organismo sostenuto anche dall'Ucoii

di Paolo Branca

Nel tardo pomeriggio del 10 febbraio, al ministero dell’Interno, si è svolta la riunione d’insediamento del Comitato per l’Islam italiano, alla presenza del ministro Roberto Maroni, del sottosegretario Mantovano e di altri funzionari. Fra le 19 persone convocate ci sono anch’io, e quindi mi è stato chiesto di raccontare cos’è avvenuto.
Il breve discorso introduttivo del ministro ha voluto chiarire il senso dell’organismo neocostituito, che non intende rappresentare le comunità musulmane presenti sul territorio italiano, ma fungere da pensatoio da cui possano scaturire proposte giuste per la soluzione di problemi reali. Un taglio pragmatico che merita apprezzamento, vista la carica polemica che troppo spesso accompagna ogni discussione in materia. Lo stesso portavoce dell’Ucoii, pur esclusa dal Comitato, Ezzedin el-Zir ha saggiamente commentato sul Secolo XIX: «Noi, pur non avendo rappresentanti in questo nuovo gruppo di esperti scelti dal ministro Maroni, consideriamo la sua decisione un passo avanti positivo per tutta la comunità e siamo sempre disponibili a collaborare con lui».
È dunque un bene che le istituzioni tornino ad occuparsi non episodicamente della questione, dopo l’esperienza della precedente Consulta voluta dal ministro Pisanu e portata avanti da Amato, alla quale era seguito un lungo periodo di stallo.
Da parte mia, nel breve intervento di autopresentazione che è stato richiesto a ciascuno, ho sottolineato come la consapevolezza delle difficoltà incontrate da quanti ci hanno preceduti debba alimentare in noi un duplice sentimento di umiltà ma anche di responsabilità. Mi è anche parso utile richiamare che le questioni di fondo che implicitamente sono sottese al nostro lavoro rappresentano una sfida epocale dalla gestione della quale dipende il nostro futuro, augurandomi che non vengano ridotte a “dispute da condominio”, come purtroppo spesso accade sui media. La forza della democrazia sta nel saper proporre soluzioni sagge ed equilibrate a questioni reali, certamente non prive di elementi anche di tensione e conflittualità, ma appunto per questo gestite e regolate in modo da depotenziarne la forza distruttiva e destabilizzante, per farne invece occasioni di crescita tramite la condivisione di percorsi ragionevoli e attenti alle non opposte ma complementari esigenze di tutti.


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