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Istambul, il crocevia di tutte le storie

Orhan Pamuk è interprete dell’anima arcaica del suo Paese ma insieme anche raffinato esponente della letteratura mondiale

di Andrea Leone

Orhan Pamuk è interprete dell?anima arcaica del suo Paese ma insieme anche raffinato esponente della letteratura mondiale, radicato alle proprie origini e allo stesso tempo aggiornato e multiforme intellettuale cosmopolita. L?attività letteraria di Pamuk iniziò negli anni 70 ma solo all?inizio degli anni 90 arrivò il successo e il pieno riconoscimento della critica e del pubblico, anche internazionale. Einaudi ha mandato da poco in libreria Istanbul, complesso romanzo autobiografico dedicato alla città natale dell?autore. Dell?antica Costantinopoli Pamuk riesce a darci un?immagine incredibilmente varia e complessa ; la città è un universo, un dizionario dell?essere, un luogo-mondo, una regione dello spirito infinitamente sfuggente, concretissima e spirituale, materica e onirica allo stesso tempo. Lo scrittore smantella l?immagine che ne hanno dato gli stranieri, elimina il luogo comune del turismo di massa ma anche quello dei viaggiatori illustri, continua la sua appassionata indagine enciclopedica fatta di definizioni, incontri, sguardi, sogni. La città a un certo punto sembra coincidere con lo stesso autore. Avviene appunto questo nel libro, è questo il movimento principale, verso cui convergono tutte le forze dello stile e del pensiero di Pamuk e tutte le sue conoscenze : Istanbul da oggetto diventa soggetto, da città oggetto del ritratto diventa autoritratto. Istanbul in questo libro è come se si scrivesse da sola. Ed è una casa e paradossalmente è un luogo estraneo. Senso della comunità e senso di non appartenenza si contendono queste pagine. «Allorché camminavo per le strade nei pomeriggi di primavera l?intuizione – no anzi l?istinto animalesco – che mi nasceva dentro era quello di essere inutile di non appartenere a nessun luogo di essere sbagliato». Il libro, i cui capitoli procedono per parole guida, per idee-chiave, appartiene forse più al genere saggistico che a quello narrativo. Più che all?invenzione del romanzo Pamuk si affida ad una prosa orizzontale, curiosa, investigativa, mobile, acuta, che può ricordare da vicino l?esempio classico di Montaigne. Certo il filo conduttore di Istanbulè la biografia, la storia dell?autore e soprattutto la nascita della sua vocazione letteraria, ma Pamuk non cede al cliché delle memorie o del romanzo di formazione, se non in qualche passaggio eccessivamente retorico. La sua memoria è una memoria attiva. Il passato non esiste più e vale solo per ciò che riesce a significare nel presente. Un libro in cui il passato è un insegnamento vivo ad ogni istante, un romanzo che è un processo di formazione continuo. ISTANBUL di Ohran Pamuki Einaudi, 18,50 euro, pag. 388


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