Attivismo civico & Terzo settore

Azzardo di Stato: a tu per tu con Baretta

Un dialogo a tutto campo sulla Delega Fiscale con il sottosegretario all'Economia i cui si parla dell’art. 14 sul divieto alla pubblicità, slot machine, nuove modalità di gioco, potere degli enti locali, licenze e legame del gioco con il welfare

di Marco Dotti

Il testo è pronto e doveva arrivare sul tavolo del Consiglio dei Ministri venerdì scorso ma, senza troppe sorprese, tutto è stato rinviato. «Il Ministro Padoan era impegnato alla riunione europea sulla Grecia», rassicura il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta che incontriamo sul testo in bozza del decreto. «Tutto il pacchetto fiscale»  – prosegue – «sarà però sul tavolo di uno dei prossimi Consigli dei Ministri. Anche» – e qui veniamo al punto che più ci interessa e è più ha fatto discutere – «il provvedimento di riordino del sistema dell'azzardo di Stato previsto all’art. 14 della Delega fiscale». Negli undici mesi che ci separano dall'approvazione della Legge Delega da parte del Parlamento nel marzo scorso, in via XX settembre, sede del Ministero dell'Economia e delle Finanze, hanno lavorato a un vero e proprio riassetto del sistema. E senza che nessuno, nemmeno in Parlamento o tra deputati e senatori dell'Intergruppo parlamentare sul gioco d'azzardo, comprendesse, o volesse comprendere, che nelle settanta e passa pagine del provvedimento di cui Baretta è responsabile si preparava una riforma sostanziale delle regole del gambling italiano. Una rivoluzione, secondo alcuni. Una restaurazione, secondo altri. Abbiamo incontrato il sottosegretario Baretta per chiedergli di chiarire, in tutta franchezza, alcuni punti della normativa.


Nel documento elaborato dal Mef le norme che limitano la pubblicità del gioco d'azzardo appaiono blande. Eppure, in sede di dibattito parlamentare si era proposto addirittura il divieto assoluto di pubblicità diretta e indiretta. Perché siete tornati indietro?
Non credo siano blande, credo sia realisticamente quello che, in questo momento, potevamo ottenere. Se avessimo posto un divieto assoluto – a cui siamo comunque aperti – avremmo dato luogo a una serie di ricorsi che avrebbero vanificato gli sforzi fatti per arrivare a questa regolamentazione. Anche sulla pubblicità, però, abbiamo previsto norme più restrittive rispetto a quelle attualmente in vigore. Quando ci presenteremo in Europa a spiegare il nostro provvedimento faremmo presente che se come per i tabacchi si pensasse a un divieto europeo a fare pubblicità sui giochi noi non avremmo alcuna difficoltà ad applicarla.

L'Europa, però, come ci ha confermato l'europarlamentare Christel Schaldemose e come d'altronde previsto dall'articolo 25 della cosiddetta “Direttiva Servizi”, lascia libertà agli Stati membri in tema di pubblicità. Quindi le possibilità di farlo ci sono tutte e il quadro comunitario lo permette. Perché no, allora?
Perché non possiamo forzare la mano e rischiare. Lo abbiamo già fatto con la Legge di Stabilità, con la norma per far uscire dal nero i centri scommesse e ci è andata bene, perché una sentenza ci ha dato ragione sul filo del rasoio tra Natale e Capodanno.  Non abbiamo obiezioni di principio a togliere la pubblicità. Oggi, però, dobbiamo evitare anche il più piccolo rischio di veder annullare il lavoro che stiamo facendo. Pensi a che cosa accadrebbe se facessimo una restrizione assoluta e un ricorso venisse accolto.

Lei ha affermato che 100.000 slot-machine sulle attuali 380.000 presenti sul territorio italiano verranno ritirate per effetto delle nuove norme. Le muovo due rilievi: a mio avviso le macchinette dismesse per effetto indiretto delle vostre norme saranno molte meno e, soprattutto, la cifra tonda di 100.000 è solo una previsione, non sta scritto da nessuna parte che si debbano ex lege ritirare. Al massimo, verranno sostituite…
Qui sbaglia. Non sbaglia quando dice che si tratta di una stima numerica, ancorata a precise valutazioni però, ma sbaglia quando afferma che non saranno 100.000 e non verranno ritirate. Le norme sono state pensate per uno scopo e per la distribuzione sul territorio delle macchinette i luoghi che contano sono i bar e i tabacchi. Noi prevediamo norme stringenti: minimo 7 metri per una macchinetta per un massimo di 6 macchinette per ogni locale. Queste macchinette non dovranno essere visibili dall'esterno e dovranno essere collocate in un luogo dedicato. Capisce che già questi quattro criteri (non visibilità dall'esterno; luogo dedicato; massimo 6 macchine; minimo 7 metri) determinano una naturale, inevitabile riduzione dell'offerta nei luoghi sensibili del territorio. Non è facile trovare un bar che abbia un locale che risponda a queste caratteristiche. E comunque, anche se avesse a disposizione 100 metri non potrebbe installarne più di 6. Ecco spiegata la cifra di 100.000.

Le vecchie slot-machine da bar andranno in pensione? Quale altra  "macchina" le sostituirà?
Pensiamo a delle mini-vlt. Dico "mini" perché la posta giocata e vinta sarà esigua.

Si giocherà con monete o carte di credito prepagate?
La progettazione prenderà mesi, ancora non sappiamo. Quel che mi preme dire è che sostituiremo macchinette non collegate e non controllate con macchinette collegate alla rete, ma che mantengano le caratteristiche del gioco leggero di quelle oggi presenti nei bar. Passeremo, per usare una metafora, da macchine senza Gps a macchine col Gps. Sapremo dove sono e manteniamo tutto negli argini di una legalità che spesso viene disattesa.

Nelle norme che avete approntato non c'è più spazio per il potere dei sindaci e delle Regioni su distanze e orari. Un sindaco è il massimo garante della salute dei suoi cittadini sul territorio. Non sarebbe stato opportuno prevedere un loro diritto di veto all'apertura di una sala giochi, almeno nei casi estremi che mettono a repentaglio l'ordine pubblico o la salute individuale o collettiva?
Intanto, che cosa significhi "caso estremo" è un tema che merita di essere approfondito. Ciò che noi dobbiamo evitare è un Paese a macchia di leopardo, con regioni o comuni "no slot" e regioni o comuni dove il gioco non viene impedito e si assiste a un casinò a cielo aperto. Per questo l'intervento è rigoroso a livello centrale e poi chiediamo alle autorità locali di essere coerenti.

Vi siete incontrati con l'Anci? Perché se i rappresentanti dei sindaci – sempre pronti a firmare appelli- fossero d'accordo con lei avrebbero qualcosa da spiegare all'opinione pubblica…
Ci incontreremo a breve, abbiamo avviato un confronto. Comunque sarà prevista una banda di oscillazione. Bisogna capire però che un provvedimento fortemente restrittivo deve valere per tutti, altrimenti diventa un bel problema. Se stabilisco che un sindaco possa proibire, non posso impedire che un altro sindaco possa allargare. Ecco perché tenderemo a dire assieme ai sindaci: stabiliamo che questo binario è un binario condiviso, anche perché noi stabiliamo una linea restrittiva.

Problema licenze. Oggi non c'è "attività prevalente", questo significa che posso acquistare una lavanderia a gettoni al solo fine di installare delle slot machine, ma non fatturare un euro dalle lavatrici. Eppure la mia licenza resta quella di una lavanderia…
Abbiamo chiesto al Ministero degli Interni di lavorare sul tema. Se c'è gioco, qualsiasi gioco, la finalità deve essere stabilita in anticipo. Il gioco deve essere trattato come una cosa diversa dall'attività commerciale. L'attività economica prevalente può essere un buon criterio in termini generali, ma la presenza del gioco determina una specificità che va trattata in quanto tale.

Anche con una specifica licenza?
Anche con uno specifico percorso di licenza. Vogliamo responsabilizzare l'esercente.

Nel vostro provvedimento si prevede uno stanziamento di 250.000.000 di euro. Ma a che cosa servono?
La legge di Stabilità ha previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro per la lotta alla ludopatia. Noi stabiliamo un fondo che abbiamo chiamato delle "buone cause".

Un legame welfare-azzardo,dunque? Questo mi sembra il modo migliore silenziare ogni critica..
Comprendo la sua preoccupazione, ho ben presente il problema ma a me pare un provvedimento ragionevole. La chiami pure tassa di scopo, anzi è una tassa di scopo ma la tranquillizzo sul fatto che non finirà direttamente ai sindaci, ma alle regioni o enti che redistribuiranno i fondi per finalità socio-pedagogico, preventive assistenziali sul piano territoriale o locale…

Finiranno per alimentare il business dei corsi di formazione, per la gioia del parastato, e poco più…
Vorrei sperare di no, non è questo lo scopo.

Non sarebbe stato meglio procedere per la strada della fiscalità generale?
Possiamo anche fare un giro più ampio per la fiscalità generale ma bisogna che arrivino comunque lì. Vorremmo evitare che i proventi dei giochi finiscano in un calderone. Questa è come una tassa di scopo: prendiamo soldi dai giochi e li lo usiamo per limitare il problema sui territori.

Si scatenerà una competizione per accedere a questi fondi, e i problemi generati su quei territori dall'azzardo passeranno in secondo piano…
Il fondo "buone pratiche" non andrà al singolo, sarebbe uno scambio improprio, su questo ha ragione. Andrà a entità più ampie sul piano territoriale, per interventi socio-assistenziali.

La tassazione dell'azzardo cambierà?
Cambierà radicalmente il sistema di prelievo. Passeremo al prelievo al margine, ossia il prelievo entra in gioco come ciò che resta allo Stato dopo che sono state pagate le vincite e sono state pagate le spese. Lo Stato non avrà più il problema di dire quanto impone, ma capire quello che gli resta, stabilita la percentuale di guadagno del giocatore e le spese che ci vogliono.

L'erario ci perderà?
Nell'immediato questo avverrà per effetto della razionalizzazione. Ma è evidente che stiamo approntando una forte lotta all'illegalità e più la riduciamo, più a lungo termine guadagneremo, anche in termini di modernizzazione e tutela della salute pubblica.


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