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Mons. Galantino risponde a Dotti: si può fare

Durante il programma “Siamo noi” di Tv2000, durante il blocco dedicato ai migranti, si sono confrontati Johnny Dotti, fondatore di Welfare Italie e ex presidente di Consorzio Cgm e mons. Nunzio Galantino, segretario Cei. «Non lasceremo cadere la proposta di un piano italiano di cooperazione con l'Africa di Dotti», ha concluso il prelato

di Lorenzo Maria Alvaro

Nell'aprile del 2015 Johnny Dotti, ex presidente di consorzio Cgm e fondatore di Welfare Italia aveva lanciato un appello alla società civile alle organizzazioni sindacali, alle fondazioni, alle chiese «Generiamo una grande alleanza con l’Africa. Cominciamo da un piano di rinnovata cooperazione che duri almeno 5 anni. Dobbiamo osare sfidare nella concretezza l’ Europa, consapevoli del valore della posta in gioco, e non limitarci a lamentarci e protestare, sia pur giustamente. Destiniamo liberamente nel 2015 a questa intenzione: metà dell’ 8 per mille destinato alle chiese in primis quello alla chiesa cattolica, metà del 5 per mille, metà dei fondi mutualistici cooperativi, metà del tesseramento del sindacato, metà delle erogazioni delle fondazioni bancarie, metà dei fondi di categoria sulla formazione permanente, metà degli utili che le nostre aziende ricavano dalle loro attività in Africa, metà dell’attuale finanziamento ai partiti ( compresi i rimborsi elettorali e gli stipendi ), metà del cosiddetto tesoretto previsto dal governo per quest’anno. Sono certo che a questo concerto di disponibilità ne farebbero seguito molte altre».

Oggi è tornato a parlarne ospite di "Siamo noi, il programma di Tv2000 alla presenza di Mons. Nunzio Galantino, segretario della Cei, che ha accolto la sfida.

In apertura del blocco dedicato al tema dei migranti Mons. Galantino ha sottolineato come, con un intervento durissimo, «il sindaco di Milano Pisapia ieri ha detto: “Esistono valori per i quali vale anche la pena sacrificare qualche voto”. Bellissimo. Troppo spesso stiamo assistendo a posizioni che guardano più all'interesse politico che al bene delle persone. Sia in Italia che in Europa. Ci sono due tipi di migranti: quelli economici, che scappano per la povertà, e i profughi, che scappano dalla guerra. Bene, per quello che riguarda i migranti economici sarebbe bello che i Paesi europei dicessero per una volta che hanno fatto schifo nel generare quelle situazioni nel perseguire i propri interessi. Così come l'occidente tutto, compresi gli Usa, dicessero qualche parola di autocritica su quello che è stato fatto nei paesi oggi in guerra. L'accoglienza è solo un risarcimento a queste persone che abbiamo messo noi in queste condizioni. Mafia capitale è la continuazione di questo sfruttamento. L'occidente continua a sfruttarli invece di risarcirli. E non esiste solo lo sfruttamento di questi signori di Mafia Capitale ma anche quello di chi li fa lavorare pagandoli poco o nulla. È troppo poco parlare di vergogna».

Johnny Dotti, intervenendo subito dopo ha chiarito: «non voglio parlare di Mafia Capitale. Purtroppo il male esiste e lo dico da cattolico. Noi immaginiamo che basta mettersi un vestito che si chiama cooperazione sociale e tutto ciò sparisca. Invece non basta una forma giuridica per fare il bene. In questo senso il mondo della cooperazione sociale che ho contribuito a generare, essendo diventato un sistema totalmente dipendente dall'ente pubblico, per sopravvivere deve scambiarsi favori con il pubblico. Ecco che si generano i mostri. Il problema è tutto qui. È successo con le mense universitarie e con le abitazioni. Questa dei migranti è stata solo l'ultima tornata di fondi. Non sono solo poche mele marce sia chiaro. È un problema strutturale che deve essere affrontato in maniera organica».

Ma il tema su cui Dotti vuole mettere l’accento è quello delle migrazioni. «Sull'Africa lasciatemi dire che siamo solo all'inizio di un fenomeno. L'Africa duplicherà la popolazione nei prossimi anni. Io sono figlio di un emigrante. Mi chiamo Johnny per questo, non perché voglio fare il cow boy. Mio padre andò in Australia per cercare lavoro. Siamo solo all'inizio, continuare ad affrontare il fenomeno in senso emergenziale è sbagliato».

A questo punto Dotti rilancia il suo appello per un grande piano di Cooperazione per l'Africa tutto italiano. «Decidiamo se l'Africa è una nostra amica o una nemica. E non è una scelta che deve fare Renzi, la deve fare il popolo. C'è un flusso inevitabile. Possiamo costruire un'amicizia. La maggior parte delle missioni in Africa sono di ordini religiosi italiani. Chiedo alla Cei che versi metà dell'8 per mille per un progetto così. Bisogna fare alcune scelte. Questo non risolve il problema dei barconi domani mattina. Ma risponde a lungo termine in modo strategico ad un problema enorme che dovranno affrontare in nostri figli. La storia ci insegna che le migrazioni sono sempre esistite. Dobbiamo capire che si tratta di una sfida alla nostra civiltà, che ci spingerà o verso il bene o verso il male. Se non si trova una risposta ci saranno le guerre».

La parola torna a Mons. Galantino. «Conosco Vita e sono stato un abbonato. Dotti sa che tanti di quei soldi sono spesi dalla Chiesa già oggi proprio in Africa», ha sottolineato il segretario della Cei, «certo ancora non basta. La svolta che serve è di mentalità. Capire veramente se vogliamo che l'Africa resti lì e noi qui, oppure se vogliamo andare oltre. Come dice Francesco la globalizzazione peggiore è quella dell'indifferenza».

«La prima ondata migratoria è stata quella dei romeni che sono venuti in Italia a fare i badanti», ribadisce Dotti che torna a cercare l’appoggio di Galantino, «finché quindi sono serviti sugli immigrati c'è stato silenzio. Significa che con i popoli si può trovare interscambi e incontrarsi sui bisogni. Io chiedo che non siano solo testimonianze, non abbiamo bisogno solo di testimonianze, dobbiamo entrare in una fase in cui costruiamo nuove istituzioni. Ma non troviamo l'autorità in grado di innescare questo processo. Dobbiamo provarci Monsignore, insieme. Dobbiamo provare a farlo».

E, in chiusura di trasmissione, è arrivata l’apertura del segretario della Cei che ha chiosato, «la sfida fondamentale è smetterla di considerare chi sta arrivando come un disturbo per noi. Dobbiamo cambiare testa e cuore. I sentimenti non c'entrano. Il cuore è luogo delle decisioni. Non lascerò cadere, per questo, la sfida di Johnny».


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