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Emergenza minori non accompagnati, l’Europa si svegli

Senza fronte comune sarà sempre peggio: è uno dei punti principali di quanto è emerso oggi in un convegno internazionale promosso da Save the Children alla presenza dei maggiori decisori politici italiani ed europei. Solo in Italia 16mila arrivi in 8 mesi, il doppio di tutto il 2015. Le sollecitazioni: "Creare un fondo europeo ad hoc per i minori, promuovere canali umanitari specifici, riconoscere che ogni minore ha una storia a sé e se non trova una legge veloce per l'asilo non ha motivi per rimanere nel circuito dell'accoglienza"

di Daniele Biella

“L’Unione europea avrebbe nella sua Storia la capacità di immaginare un mondo migliore per i migranti. Ma oggi non accade così: siamo di fronte a una politica europea che li detiene negli hotspot, campi di ‘concentramento’ nel vero senso della parola, senza fare riferimento al significato legato all’Olocausto. Sulla base di quale regolamento internazionale vengono trattenuti, soprattutto i Msna, Minori stranieri non accompagnati, spesso anche respinti ai confini europei? Io non lo conosco, forse non c’è proprio”. Sono decise le parole di Valerio Neri, presidente di Save the Children Italia, nell’aprire la tavola rotonda internazionale Putting children on the forefront, sul tema dei diritti – negati – dei Msna, nel pomeriggio di sabato 6 settembre a Roma. Alla presenza di delegati di tutte le maggiori organizzazioni governative nazionali e internazionali (Unhcr, Ilo, ma anche il sottosegretario agli Interni del governo italiano, Domenico Manzione e le parlamentari Marina Sereni e Debora Pollastrini), sono state elencate una dopo l’altra le maggiori criticità in essere nel processo di accoglienza di profughi e richiedenti asilo in Europa, a partire proprio dalla chiusura dei confini.

“Al 4 settembre 2016 sono 59.548 i profughi presenti nei 50 centri di accoglienza in Grecia, di cui 20mila minori, 3mila non accompagnati. Tutti senza alcuna garanzia sul loro futuro”, ha spiegato Konstantinos Kazanas, già collaboratore del Tribunale dell’Aja, ora referente di Save the Children Grecia. Il 48% viene dalla Siria, il 25% dall’Afghanistan, il 15% dallIraq, il 4% dal Pakistan, il 3% dall’Iran, poi via via altri Stati anche dell’Africa subsahariana. “La situazione è difficile, c’è anche un incremento di segnalazioni di violenze su minori nei campi, che spesso non hanno gli ingressi controllati”, specifica Kazanas. All’hotspot di Moria, Lesbo, sono attualmente 150 i Msna detenuti assieme agli adulti, in condizione di continua tensione.

“Spingiamo continuamente gli Stati europei a fare di più in termini di solidarietà, anche nei Paesi di forte prima accoglienza come Italia e Grecia”, ha poi affermato Stephan Jaquemet, rappresentante regionale del Sud Europa per Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, che ha ricordato il delicato lavoro dell’Italia, “chiamata ad accogliere nel sistema d’asilo 45mila persone in più rispetto allo scorso anno”, tra cui almeno 3mila minori dei quasi 16mila passati dalle nostre frontiere dall’inizio dell’anno – dato impressionante e preoccupante se si pensa che in tutto il 2015 sono transitati 12300 Msna. “I diritti dei bambini sono stati fino ad ora troppo poco rappresentati e tutelati nell’Agenda europea sulla migrazione. Sebbene essi costituiscano il 36% di tutti i richiedenti asilo in Europa, risultano ancora insufficienti le misure intraprese per assicurare la protezione dei più piccoli, siano essi soli o accompagnati da familiari e adulti di riferimento. I bambini sono prima di tutto bambini, a prescindere dal loro status di rifugiati o migranti, e l’UE e gli Stati Membri hanno la possibilità e il dovere di voltare pagina e di porre la vita e i diritti dei più piccoli al centro delle proprie strategie sulle migrazioni”, spiega Maria Egizia Petroccione, Responsabile Advocacy Internazionale di Save the Children Italia, nel presentare il report Putting children at the forefront: Save the Children’s recommendations for a child-centred EU agenda on migration (in allegato in coda).

Il report chiede azioni precise all’Unione europea: implementare un Piano europeo specifico per i minori rifugiati,c he ora manca; stabilire un fondo specifico per rifugiati e Msna; armonizzare gli standard di protezione a livello di Stati europei, oggi molto diverse tra loro; stabilire vie più sicure di arrivo per i bambini, come i corridoi umanitari; stabilire una politica europea basata sul rispetto dei diritti umani più che sugli interessi politici. “Siamo d’accordo, in particolare, sullo stabilire un fondo specifico per i minori”, ha poi aggiunto Luigi Maria Vignali, Direttore degli affari sulle migrazione del ministero degli Esteri italiano, che ha ricordato come il governo stia investendo di più che in passato – dai 5 milioni di euro del 2012 ai 170 milioni di euro attuali. “Allo stesso modo, i canali umanitari avviati anche grazie alla società civile sono un esempio efficace che l’Ue dovrebbe prendere a esempio”.

Il convegno organizzato da Save the Children è stato un momento anche per trarre un bilancio su relocation e resettlement, ricollocamenti e reinsediamenti. “Oltre ai corridoi umanitari, arrivati a quota 30 e a breve a 500 persone, in Italia sono stati quasi 500 i reinsediamenti, in particolare dal Libano, effettuati con il tramidell’Unhcr”, ha spiegato il prefetto Angelo Malandrino, vicecapo del Viminale, “mentre dalla Turchia dopo l’accordo siamo a quota 90, poche”. In totale (dati della Commissione europea aggiornati a fine agosto 2016) sono 8268 le persone reinsediate da una zona limitrofa al Paese d’origine, ovvero senza dovere fare il viaggio in mare. “Per quanto riguarda i ricollocamenti, a fronte di 3056 persone ricollocate la disponibilità totale è arrivata a 13475, in crescita”, ha sottolineato Giulio Di Blasi, esperto della Commissione europea sulle politiche migratorie. “Se comunque i numeri non funzionano rispetto a quanto stabilito (ovvero 160mila persone in quattro anni, ndr) è per procedure operative difficili, in particolare per i minori dove le procedure di tutela sono spesso sconosciuti ai procuratori dei singoli Paesi e questo crea un ingolfamento generale, come accade in Grecia. Per questo i minori sono negli hotspot, perché le strutture di seconda accoglienza non sono pronte per accoglierli. Stiamo lavorando per accelerare i tempi, bisogna lavorare fianco a fianco, istituzioni e ong”, ha esortato Di Blasi.

In Italia la situazione è sempre più emergenziale. La recente novità dell’apertura di nuove strutture all’accoglienza dei minori è un passo positivo, ma non basta. “Sono almeno tre gli elementi importanti da risolvere con urgenza: una è proprio un’ulteriore allargamento della rete d’accoglienza specifica per i minori”, spiega Raffaela Milano, responsabile Italia-Europa di Save the children. “La seconda il fatto che a oggi non si adatta ancora un metodo univoco per riconoscere l’età del minore, che deve quindi affidarsi alla fortuna di finire in un centro più o meno adeguato, la terza la difficoltà rispetto alla figura del tutor volontario per il minore, che spesso ha su di sé centinaia di utenti e non riesce a gestire le relazioni”. La risposta alle sollecitazioni della responsabile Italia-Europa dell’ong è arrivata a stretto giro dal sottosegretario Manzione: “su riconoscimento dell’età siamo indietro, spesso si usa ancora il metodo del polso che però è superato, bisogna fare di più. Mentre per quanto riguarda i minori stranieri, siamo all’opera anche con le necessarie modifiche al sistema Sprar, che oggi più che mai è la via maestra per una accoglienza efficace”. Il Sistema di protezione richiedenti asilo coinvolge oggi 27mial persone, tra cui 1850 minori, più altri 700 a breve. “Anche in questo caso, c’è bisogno di numeri maggiori, convincendo più Comuni ad aderire allo Sprar si può fare molto”.


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