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SOStegno Donna: un modello che dovrebbe diventare nazionale

Presentati oggi dati e dinamiche dell'intervento dell'ong in tre Pronto soccorso d'Italia, a Roma, Genova e Trieste. «Le operatrici di WeWorld sono specializzate a riconoscere ed accogliere la donna maltrattata, e il loro intervento avviene in completa collaborazione con il personale medico»: spiega Valeria Emmi, coordinatrice dei programmi per i diritti delle donne

di Daniele Biella

Un modello sempre più efficace di azione diretta a fianco di donne maltrattate. È SOStegno Donna, l’iniziativa messa in atto dal 2014 dall’ong WeWorld in tre reparti di Pronto soccorso di altrettanti ospedali italiani – Galliera a Genova, Camillo Forlanini a Roma, Azienda sanitaria universitaria integrata a Trieste – i cui risultati vengono presentati ufficialmente a Roma nella mattina di mercoledì 23 novembre 2016. “Abbiamo raggiunto 2mila interventi di prevenzione e soccorso, con azioni in linea con quanto indicato dalla Convenzione di Istanbul e dalle Linee Guida cliniche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”, spiega Valeria Emmi, coordinatrice dei programmi per i diritti delle donne di WeWorld. A lei abbiamo chiesto i dettagli operativi di SOStegno Donna.

Qual è il primo obiettivo di SOStegno donna?
Prendere in carico le vittime di violenza, attraverso operatrici specializzate che accolgono le donne all’arrivo in Pronto soccorso. Con un servizio attivo sette giorni su sette, 24 ore al giorno, su chiamata diretta dal triage infermieristico che allertano le stesse nostre operatrici, si lavora in stretta collaborazione con il personale medico senza gravare assolutamente sul loro lavoro. SOStegno Donna è quindi parte integrante dell’offerta socio-assistenziale dello stesso ospedale

Quali sono le difficoltà maggiori nell’approccio con le vittime?
Le donne che arrivano in Pronto soccorso, una volta che hanno parlato con le nostre operatrici, hanno poi da scegliere se entrare nel percorso che proponiamo loro: ci vuole una forza di volontà che non tutte, soprattutto la prima volta, hanno: spesso l’evidente problema fisico causato da una colluttazione viene nascondo dalle stesse donne con la classica “caduta nella doccia”, o “problemi gastrointestinali” quando la violenza è di tipo psicofisico. A volte arrivano al Pronto soccorso dopo un tentativo di suicidio, ed è ancora più delicato il lavoro da fare.

Il dato di 2mila donne assistite in tre anni è allarmante…
Sì, ma le autorità ancora oggi non prestano la giusta attenzione a questo numero, e continuano a sottostimare il fenomeno, che nel frattempo si amplia giorno dopo giorno. Noi seguiamo queste donne la prima volta che arrivano, poi quando arrivano la seconda volta, grazie ai referti medici riusciamo a capire rapidamente la presenza di violenza subita. Con l’esperienza accumulata possiamo dare una forte mano nel monitorare a livello nazionale il fenomeno, incrociando i dati per evitare più femminicidi possibili. Le nostre operatrici si espongono anche in prima linea, dato che a volte sono chiamate a testimoniare nei successivi processi a chi ha abusato della persona arrivata in ospedale.

Qual è il prossimo passo che vuole fare WeWorld con SOStegno donna?
Lavorare affinché i modelli che abbiamo in atto nei tre Pronto soccorsi siano replicabili in tutte le strutture di prima emergenza ospedaliera d’Italia. In La stessa Legge di Stabilità 2016, agli articoli 790 e 791 istituisce "nelle aziende sanitarie e ospedaliere, un percorso di protezione denominato «Percorso di tutela delle vittime di violenza», con la finalità di tutelare le persone vulnerabili vittime della altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori (stalking)". In attesa di Linee guida nazionali, volte a rendere operativo tale percorso (art. 791), SOStegno Donna intende contribuire al dibattito sul tema in modo puntuale, attraverso dati ed evidenze empiriche, utili alla definizione di tali Linee. Attingere alle esperienze e prassi territoriali, che da diversi anni vengono già praticate per promuovere interventi omogenei e integrati a livello nazionale, è una responsabilità politica che con questo Modello WeWorld intende sollecitare. La violenza di genere, oggi più che mai, ha bisogno di percorsi ampi e condivisi, così come le operatrici antiviolenza devono essere il più specializzate possibile, anche attraverso una formazione specifica. Come SOStegno Donna, infine, abbiamo una proposta da potere realizzare al più presto possibile: ogni ospedale metta il vademecum su come agire nei propri reparti, così chiunque ne veda la necessità sa che assistenza dare nel momento in cui capisce di avere di fronte una donna che ha subito da poco tempo le violenze del partner o di altre figure a lei vicine.

In apertura foto di Filippo Monteforte/Afp/Getty Images