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Sostenibilità sociale e ambientale

De Ponte (ActionAid): “Al G7 di Taormina l’Italia non porti a spasso i potenti”

Il segretario generale della sezione italiana dell'ong avverte il Governo italiano: "Di fronte ad accordi che potrebbero non arrivare a causa dei cambiamenti in atto tra cui l'arrivo di Trump, si scelga di mettere nero su bianco i problemi nelle dichiarazioni congiunte e di sottoscrivere azioni concrete nel solco dell'agenda 2030"

di Daniele Biella

L’occasione è d’oro: l’Italia ospita il G7, il 26 e il 27 maggio a Taormina, in Sicilia. Il Governo si prepara con un inedito decreto, datato 15 maggio 2017, con il quale vieta gli sbarchi di migranti forzati sull’isola siciliana durante il periodo del summit. Ma il cuore della questione rimane un altro: “Ospitare l’incontro con le maggiori potenze del mondo è importante, l’obiettivo non è però portare a spasso i capi per le bellezze della città e dell’isola ma concludere l’incontro con chiare prese di posizione sui temi urgenti che il mondo deve affrontare”, taglia netto Marco De Ponte, segretario generale dell’ong ActionAid, che lo scorso 12 maggio, in corrispondenza dei lavori preliminari al G7 in particolare su temi economici, ha pubblicato il rapporto “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo”, di cui riportiamo alcune infografiche in allegato in coda all’intervista (a questo link invece l’approfondimento dell’ong sui punti principali del summit).

Di quale tenore deve essere la dichiarazione finale per risultare incisiva?
Di sicuro non deve essere un documento che rimanda a impegni generici o a volontà senza riferimenti pratici. Ovvero se alla fine non tutti saranno d’accordo sui punti trattati (c’è per la prima volta la presenza degli Stati Uniti d’America a guida Trump, che finora in patria ha ribaltato il tavolo su molti temi legati alla sostenibilità, ndr) l’importante è dirlo, mettendolo nero su bianco in un chair statement. Senza ipocrisie. Anche perché l’Agenda 2030, il punto di partenza, è a un momento cruciale dati i cambi di governo non sono negli Stati Uniti, ma anche in Francia, Inghilterra e presto anche Germania.

Quali sono gli impegni più urgenti?
Innanzitutto sul fronte della sicurezza alimentare bisogna trovare nuove risorse, perché la situazione in molte aree del pianeta è drammatica. Bisogna virare rispetto al passato, puntando più sui piccoli agricoltori e il loro rafforzamento, anziché spendere miliardi di euro sulla distribuzione emergenziale del cibo. In questo l’Italia deve essere categorica, imponendosi a livello politico anche se altri, per esempio lo stesso Donald Trump, non fossero d’accordo.

Com’è vede la situazione italiana attuale sul tema degli Aps, Aiuti pubblici allo sviluppo?
Rimaniamo indietro rispetto al punto d’arrivo stabilito per il 2015, che era lo 0,7% del Pil: siamo oggi allo 0,26%, che addirittura scende allo 0,17% se consideriamo che il 34% di questi fondi viene usata per progetti di accoglienza ai migranti in Sicilia e quindi non riguarda interventi in loco. C’è da ridiscutere i meccanismi: la questione del controllo delle frontiere e dell’aiuto a chi scappa deve essere nell’agenda europea, la responsabilità non puo' essere solo italiana. Se invece rimane tale poi il risultato è che un terzo delle risorse della cooperazione finisce per essere speso in italia invece che nei paesi poveri, e questo non va nella direzione giusta.

Quali concetti?
Le migrazioni possono essere positive per un paese e il concetto centrale deve essere quello di human mobility, ovvero di possibilità per chi cerca una vita migliore di poterlo fare in sicurezza e organizzazione. Perché il vantaggio dei viaggi illegali è solo per le mafie, che continuano ad arricchirsi. Gli Stati pensano ad azioni securitarie ma non sono la risposta. Bisogna cambiare narrazione, fare capire all’opinione pubblica, preda della propaganda della paura, che non ci sono pericoli di fronti a ingressi regolati e alla luce del sole. Siamo di fronte a un gap informativo pazzesco in cui la politica anziché guidare i cittadini corre loro dietro, lasciando avanzare il populismo. Un cambio di rotta è necessario e urgente oggi, in Italia come nel mondo, per questo il G7 è un’occasione da non perdere.


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