Welfare & Lavoro

Etiopia, la CAI agli enti: «stop a incarichi e nuovi abbinamenti»

La Commissione Adozioni Internazionali invita i sette enti autorizzati a non assumere nuovi incarichi e a non proporre abbinamenti alle famiglie già in carico, per via della «situazione di estrema incertezza» del Paese, che «potrebbe anche prevedere la chiusura delle adozioni internazionali». Sono almeno 120 le coppie italiane coinvolte

di Sara De Carli

La Commissione Adozioni Internazionali ha invitato gli Enti autorizzati a non assumere ulteriori incarichi da parte di famiglie desiderose di adottare in Etiopia e a non proporre nuovi abbinamenti alle famiglie già in carico: questo perché l’Etiopia presenta ormai una «situazione di estrema incertezza concernente la definizione degli iter adottivi». È questa la comunicazione, inviata agli Enti e pubblicata sul sito della CAI, giunta alcuni giorni dopo la convocazione di un tavolo-paese alla CAI sull’Etiopia. Uno stop di fatto delle adozioni internazionali in Etiopia, in attesa di un incontro che la CAI chiederà alle omologhe Autorità etiopi per andare ad approfondire le prospettive dell'adozione internazionale in Etiopia, in modo da avere ulteriori e più definite informazioni.

L'Etiopia, scrive la CAI, «ha in corso una revisione delle leggi in materia di adozione e questa riforma potrebbe anche prevedere la chiusura delle adozioni internazionali». Già a metà ottobre, il Dipartimento di Stato americano ha raccomandato alle proprie Agenzie di non avviare nuove procedure adottive nel paese («the Department of State strongly recommends against initiating an adoption in Ethiopia at this time and asks adoption agencies not to refer new Ethiopian adoption cases for U.S. prospective adoptive parents»). A giugno l’ambasciata italiana ad Addis Abeba aveva scritto agli enti italiani auorizzati alle adozioni nel Paese, per comunicare che il Governo aveva deciso la sospensione a tempo indeterminato delle adozioni, precisando però di non avere un documento scritto.

Sono sette gli enti italiani autorizzati alle adozioni in Etiopia: Aiau, Ami, Enzo B, Ciai, Centro Aiuti per l’Etiopia, Cifa, ICPLF. Fra il 2000 e il 2015 sono stati adottati da famiglie italiane 3.115 minori originari dell’Etiopia, di cui 1.500 circa con il solo Centro Aiuti per l’Etiopia. Negli anni scorsi l’Etiopia è stato tra i primi Paesi di provenienza dei bambini adottati nel mondo: nell'ultimo report che la Commissione Adozioni Internazionali ha pubblicato si afferma che l’Etiopia è il «terzo paese di origine al mondo» dei minori adottati ed è passata dai 1.539 minori adottati nel 2004 «a un picco di 4.553 minori adottati nel 2009, per concludere con 1.086 minori adottati del 2014, con una contrazione rispetto al picco del 76,1%». Per l’Italia nel 2013 l’Etiopia era il secondo paese di provenienza dei minori adottati, con 293 bambini (il 10,4%): nel 2014 sono stati 103 e nel 2015 sono scesi a 97, rimanendo l’ottavo Paese d’origine dei minori entrati in Italia per adozione.

Il report Cai sul biennio 2014-2015, pubblicato nel 2016, affermava già che «tra i Paesi di origine in cui si stanno presentando maggiori problematiche si colloca la Repubblica Federale Democratica di Etiopia, in cui sono sorte numerose criticità», ricordando come «alcuni Paesi di accoglienza come Francia, Germania, Belgio, Danimarca, Spagna, Irlanda, Svezia e la Svizzera hanno deciso di sospendere le adozioni internazionali dall’Etiopia». La allora vicepresidente della CAI, Silvia Della Monica, a febbraio 2017, in un convegno aveva pubblicamente adombrato l’ipotesi di adozioni irregolari realizzate dall’Italia in Etiopia.

CIAI è presente in Etiopia dal 1990, con 4 sedi: «non abbiamo famiglie in attesa di adozione dall’Etiopia. Sappiamo bene che in Etiopia ci sono purtroppo ancora molti bambini in stato di abbandono, che hanno necessità di trovare una famiglia. Per soddisfare il loro bisogno, confidiamo nell’incontro con le autorità etiopi che la Commissione Adozioni Internazionali ha in programma, affinché sia possibile approfondire la situazione delle adozioni in Etiopia; al tempo stesso auspichiamo che il Paese intraprenda un percorso che lo porti alla ratifica della Convenzione dell’Aja», scrive oggi sul proprio sito. AIAU non ha comunicazioni sul sito, ma nella sezione “statistiche” si legge che al 26 settembre 2017 le famiglie in attesa di abbinamento sull’Etiopia sono 24. Dalle statistiche di AMI risultano zero coppie in lista d’attesa nel Paese. Enzo B al 7 settembre 2017 aveva 12 coppie instradate in Etiopia, coppie cioè che hanno un dossier depositato nel Paese ma non hanno ancora ottenuto l’abbinamento a un bambino e 3 coppie abbinate. ICPLF al 31 dicembre 2016 aveva in carico 56 coppie sull’Etiopia, di cui 20 abbinate, 25 in attesa di abbinamento e 11 sospese o in procinto di revoca. Anche nel 2016 sono stati presi 8 incarichi per il Paese. Cifa a giugno ci aveva detto di aver instradato sull’Etiopia le ultime coppie tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 e di avere una trentina di coppie in carico, di cui quattro con un bambino abbinato da tempo. Si tratta quindi di circa 120 coppie italiane coinvolte, a cui vanno aggiunte quelle del Centro Aiuti per l'Etiopia, dato rispetto a cui sul sito non ci sono informazioni (per avere un ordine di grandezza però possiamo dire che negli ultimi tre anni sono statio adottati fra i 40 e i 50 bambini l'anno dall'Etiopia) .

Family for Children, un gruppo di famiglie in attesa di adozione, commenta la notizia di ieri con queste parole: «disperazione e amarezza sono i sentimenti che stanno affliggendo molte famiglie italiane che da anni attendono l'esito delle loro pratiche adottive. Abbiamo urlato forte eppure nessuno ci ha ascoltato. Disperazione e amarezza. Non ci resta che piangere». Family for Children ha parlato nei mesi scorsi di una «cronaca di una morte annunciata», giacché fin dal 2011 la CAI aveva pubblicato un comunicato «in cui si invitavano gli enti alla prudenza»: «perché allora la CAI ha permesso ad alcuni enti di continuare ad instradare coppie sul paese Etiopia con il conseguente investimento, da parte delle famiglie, di ingenti somme di denaro?».

Foto Trevor Cole/Unsplash


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