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Governance unitaria e risorse mirate: verso un piano nazionale contro la dispersione scolastica

La cabina di regia ha presentato oggi una serie di raccomandazioni sulle azioni per contrastare la dispersione scolastica e superare la dimensione delle "buone pratiche". Per la ministra Fedeli si tratta di una priorità per la prossima legislatura, qualunque sia l'esito elettorale. Un'intervista a Marco Rossi Doria, coordinatore della cabina di regia, con il documento integrale

di Sara De Carli

Stiamo migliorando. In dieci anni abbiamo ridotto di sette punti percentuali la dispersione scolastica, arrivando nel 2016 al 13,8% contro il 20,8% di dieci anni prima. Ci stiamo dunque avvicinando progressivamente all’obiettivo Europa 2020, che prevede di portare gli studenti che abbandonano precocemente la scuola sotto il 10%. Tuttavia restano fortissimi gli squilibri territoriali, con Sicilia, Campania, Sardegna ben al di sopra della media nazionale, così come percentuali più alte di abbandono si registrano fra gli alunni con cittadinanza non italiana che non sono nati in Italia e fra coloro che partono da condizioni economiche e sociali meno vantaggiose. «A 50 anni dalla denuncia di don Milani, la nostra scuola è ancora "di classe" perché, come si è mostrato in queste pagine, i tassi elevati di abbandoni e di livelli inaccettabili di conoscenza coincidono con le zone più povere d'Italia, dove sono concentrate le famiglie socialmente escluse, dove vi è anche minore accesso a libri, biblioteche, musei, rete dei servizi per la prima infanzia, sport, fruizione digitale, etc. e dove chi nasce in una famiglia e in un contesto territoriale escludente e pauperizzato ha molte meno chance di successo formativo», scrive nero su bianco il report.

Questi dati – già presentati dal Miur lo scorso novembre – sono stati il punto di partenza del lavoro della Cabina di regia sulla dispersione scolastica e la povertà educativa guidata da Marco Rossi Doria, ex Sottosegretario all’Istruzione: da maggio ad oggi il gruppo ha lavorato sulla documentazione già prodotta in sedi istituzionali quali il Consiglio dell’Unione europea, l’Onu, il Parlamento italiano e sull’analisi delle buone pratiche già presenti in Italia, per scrivere un documento che oltre ad una panoramica completa sul fenomeno offre ora una serie di raccomandazioni sulle azioni da mettere in campo per contrastare con forza la dispersione scolastica e le povertà educative.

Il documento presentato oggi dalla Cabina di regia (una cinquantina di pagine molto concrete che trovate in allegato in fondo all’articolo) può cioè essere la base per costruire finalmente una politica nazionale di contrasto alla dispersione scolastica, superando una volta per tutte le sperimentazioni e i progetti, mettendo a sistema le buone pratiche, unendo le risorse, affrontando il tema con una regia unica, come merita quello che è non uno dei problemi della scuola ma il problema della scuola se non del Paese stesso. Così ha detto la ministra Valeria Fedeli, consegnando alla prossima legislatura la traccia di un percorso possibile, «al di là di appartenenze politiche e scadenze elettorali»: «grazie al lavoro fatto dalla Cabina di regia in questi mesi, offriamo oggi al Paese una fotografia chiara del fenomeno e un piano d’azione per intervenire in maniera efficace e sistemica nella direzione del contrasto del fallimento formativo che, voglio dirlo chiaramente, non è semplicemente uno dei problemi della scuola italiana. È il problema. Della scuola, del Paese intero. Combattere la povertà educativa deve essere la priorità nazionale, perché questa è la base per combattere le altre povertà: da qui partono le disuguaglianze, così come le opportunità. L’abbandono e la dispersione hanno conseguenze negative non solo sulle vite dei singoli, arrecano danno complessivo alla società, comportano una perdita economica per l’intero Paese in termini di Pil, minano la coesione territoriale e sociale. Si tratta di fenomeni che vanno contrastati con forza».

Le soluzioni di lungo termine indicate nel documento sono all’insegna di «un intervento strutturato da parte di tutti gli attori in campo: Ministero, enti territoriali, realtà associative. La scuola ha un ruolo centrale, ma la scuola è società e l’impegno su questi temi è quindi responsabilità di tutte e di tutti. È molto importante agire ‘in verticale’, non solo nel periodo scolastico e non solo all’interno della scuola, investire anche sull’acquisizione di competenze lungo tutto l’arco della vita e aiutare le ragazze e i ragazzi, soprattutto chi è in condizione di svantaggio, ad affrontare al meglio la transizione dalla scuola agli studi successivi o nel mondo del lavoro», ha continuato la Ministra. La sintesi delle raccomandazioni? Eccola:

  1. è davvero giunto il tempo di misure di sistema e di un’unica regia;
  2. introdurre misure finalizzate al miglioramento delle strutture, alla migliore gestione del tempo scuola, all'innovazione pedagogica e didattica: fra gli esempi raccomandati, sostenere le buone pratiche preventive, a partire da quelle molto precoci dedicate all'infanzia, supervisione per i docenti nella gestione quotidiana dei rapporti con genitori inesperti e fragili che si rivolgono alla scuola come luogo naturale di confronto sull’educare; piano mense e tempo prolungato; scuole aperte; orchestre, gruppi musicali e cori; sostenere le esperienze di peer education ben fondate e condotte; promuovere forme di tutoring e mentoring; estendere a tutti gli ordini di scuola le due ore settimanali retribuite dedicate a coordinamento tra docenti, programmazione condivisa, verifica e riflessione comune così come già avviene da anni nelle scuole primarie;
  3. misure finalizzate al rafforzamento dell’istruzione professionale;
  4. indicazioni concrete per creare aree di educazione prioritaria: individuate le aree di massima crisi con strumenti analitici rigorosi e lì potenziare i partenariati tra scuola e fuori scuola, avviare la costruzione (lì dove non ci sono) di altri partenariati in quartieri con minore infrastrutturazione educativa tra scuola e fuori scuola e poi costruire una rete regionale e nazionale di tali esperienze. C'è un elenco di requisiti minimi da attuare nelle zone di educazione prioritaria;
  5. dare nuova forza alle buone pratiche di contrasto del fallimento formativo;
  6. aprire una discussione pubblica su alcuni nodi irrisolti del nostro sistema, in particolare riconsiderare i cicli di istruzione con attenzione allo snodo tra scuola media e biennio del successivo obbligo, in modo fortemente orientativo e con occasioni per il recupero dei ragazzi low performers; dedicare tempo a ciascun ragazzo superando la totale corrispondenza classe-aula in favore di una articolazione del tempo-scuola basata sul laboratorium e sull'apprendimento contestualizzato; limitare, anche con forme di moratoria, le bocciature che non sono efficaci in termini di riuscita e di sostegno alla motivazione e su cui, in tutta Europa, ci si interroga.

Con Marco Rossi Doria, coordinatore della Cabina di Regia, abbiamo approfondito il documento presentato oggi.

Qual è la novità di questo lavoro fatto con la Cabina di Regia?
Intanto l’aver fatto un vero lavoro di ascolto, con tutte le istituzioni presenti, che hanno contribuito. Il nostro primo obiettivo è stato quello di far valere le cose che già funzionano nei territori, non solo come scuola ma anche tutte quelle sinergie che si sono mobilitate, le energie delle comunità educanti: abbiamo tante buone pratiche, che funzionano e che vanno valorizzate nel segno di disegnare una strategia nazionale. Penso in particolare al lavoro in rete tra le scuole e le altre realtà educative: centri sportivi, terzo settore, parrocchie, volontariato. Il passaggio che abbiamo fatto è stato quello di far uscire queste buone pratiche dalla dimensione di bel risultato frutto dell’iniziativa lodevole di gente capace, di questo o quell’attore del territorio, per tradurle in raccomandazioni che valgono per tutto il Paese. Questa è una cosa che è passata.

La seconda?
Che la dispersione scolastica non è un problema della scuola ma di tutti, che significa di tutte le istituzioni in primis, non è possibile che sia così difficile far interagire un investimento fatto con un PON con investimenti fatti in altri settori, non è possibile avere le discontinuità legate ai progetti. Oggi finalmente un ministro in carica ha detto che questo è un problema nazionale, questo documento andrà alla commissione VII, a tutti i presidenti di Regione e agli assessori, all’Anci, al Forum del terzo settore, che erano tutti presenti nella cabina di regia… non è solo del ministero. Questo è un altro punto raggiunto.

Questo è sempre stato il punto critico dell’azione di contrasto alla dispersione scolastica, a sua volta segnata dalla dispersione di esperienze…
Non solo di esperienze ma anche di procedure, modalità, risorse. È possibile che un ente del privato sociale collabora bene con una scuola da anni deve fare un progetto x per rispondere al bando PON, un progetto y per il bando del ministero, un progetto z per il bando della regione… Non accade per cattiveria di qualcuno, è che se un tema non è una priorità nazionale, allora ogni volta si ricomincia da zero, quando ci sono dei soldi si ricomincia. Continuare così non è possibile, per tre motivi: uno si buttano soldi e le energie intellettuali, le speranze, l’impegno delle persone; due viene meno la continuità del diritto del bambino specifico di fruire di un’opportunità, tre si perdono nel tempo energie del Paese, che come noto ha pochi figli e quei pochi che ha li perde per strada o li tiene sostanzialmente in una condizione di minorità. Noi con questo documento offriamo una linea di indirizzo ragionevole, documentata, per un’azione sistemica. Poi sarà la politica a decidere se prenderla in considerazione oppure no. La ministra oggi ha sottolineato che questa deve essere una priorità della politica nazionale, l’ha assunta come posizione istituzionale, che parla con tutti, ponendolo al di fuori della campagna elettorale. È interessante, è un bel segnale.

Quali sono le raccomandazioni che avete tratto dalle tante buone pratiche?
Che si analizzi ogni territorio, individuando le zone che hanno problemi di dispersione “normali” e quelli che hanno problemi macroscopici di dispersione: in questo secondo caso, a volte nel singolo quartiere quindi, l’indicazione è quella di creare delle zone di educazione prioritaria, dagli zero ai 18 anni. Significa che se non c’è la formazione professionale si fa la formazione professionale e se non ci sono i nidi si fanno i nidi, qui si consolidano con finanziamenti stabili le comunità educanti e si fa monitorare l’intervento. È possibile determinare questi territori da seguire con particolare attenzione? Sì, il rapporto dice di sì. Significa che se c’è una vera regia sappiamo dove vanno messe le risorse maggiori, in maniera mirata. Altre indicazioni sono il non sprecare risorse, il fare squadra sul territorio e con le famiglie, il dare sostegno alle situazioni di particolare fragilità, perché non esistono solo i territori fragili ma anche i gruppi fragili, ad esempio le mamme sole con bambini piccoli, le famiglie giovanissime e con poca istruzione, gli immigrati di prima immigrazione, le famiglie in povertà assoluta.

Ha parlato spesso di comunità educanti. Quanto contano?
Sono indispensabili. Altrimenti facciamo un intervento a scuola e poi? La rete sul territorio è fondamentale, i soggetti che si occupano dello steso bambino a vario titolo, la mamma, il medico, l’insegnante, l’allenatore devono coordinarsi perché quello è sempre lo stesso bambino, un unicum, in qualche modo ci deve essere una comunità che si prende carico – nella differenza dei ruoli e delle funzioni – della stessa persona.

Le comunità educanti stanno funzionando, anche al di là dei bandi che le hanno magari promosse e fatte nascere?
Sì, stanno funzionando nella loro efficacia con i ragazzi anche se poi spesso vengono interrotte da altro, dalla fine di un progetto, dal non avere i soldi per la supervisione, dalla mancanza di un sostegno politico sufficiente nel raccordo tra educatori e insegnanti, dal non avere una politica pubblica per le famiglie povere… Avere una visione d’insieme sulla dispersione scolastica vuol dire fare tante cose secondo coerenza e anche avere i soldi per farlo, perché evidentemente non servono solo gli interventi diretti.

È soddisfatto?
Come dicevo abbiamo fatto vero lavoro di ascolto, con tutte le istituzioni rappresentante nella cabina di regia. Ne è uscito testo decoroso, con la fotografia aggiornata della situazione e soprattutto non astratto nel racconto di ciò che si deve fare. In questo senso sono soddisfatto, poi la vera soddisfazione sarà vedere questo documento messo in pratica, vedere che serve per andare avanti davvero sull’obiettivo del contrasto della dispersione scolastica.

Photo by Celia Ortega on Unsplash


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