Famiglia & Minori

Via le fake news pedagogiche, per essere genitori serve una buona organizzazione

Niente paura, nessun metodo à la Marie Kondo. L'organizzazione che serve è quella educativa. Ovvero conoscere i reali bisogni educativi dei bambini e degli adolescenti, in ogni fase evolutiva. Dare regole e abitudini. Confrontarsi con esperti e amici saggi. Liberandosi delle fake news pedagogiche nutrite dal narcisismo che ci fanno sentire genitori perennemente inadeguati. Una sintesi (parziale) del convegno "Dalla parte dei genitori"

di Sara De Carli

Mille genitori in teatro, a Piacenza, altri 500 in streaming. Con un messaggio forte: il famoso proverbio per cui «per fare un bambino ci vuole un villaggio» l’abbiamo sentito troppe volte… forse è ora di ribaltare i termini, di dire che «ci vuole un bambino per fare un villaggio». E che se bambini non ce ne sono più, tutto il villaggio e tutta la società muore. «Chi ha il coraggio di fare figli oggi merita supporto», ha detto Susanna Mantovani, pedagogista, già docente di Pedagogia generale e sociale all’Università degli Studi Milano Bicocca. «Ci vuole una legge che sostenga la funzione educativa dei genitori, qualche anno fa provocatoriamente dicevo che insieme alle creme e ai pannolini ai neo-genitori in ospedale dovrebbero dare un manuale di pedagogia», ha affermato Daniele Novara, pedagogista, fondatore e direttore del Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti.

«Trent’anni di falsi miti pseudoedicativi hanno prodotto un genitore fragile, emotivo, urlante. Non è un problema personale, è un tema sociale. I genitori non vengono da Marte… giudicare i genitori è giudicare il mondo in cui siamo, se i genitori sono infantili è perché tutta la società si è infantilizzata»: è stato un esordio dichiaratamente schierato quello che Daniele Novara ha scelto sabato per la sua relazione al convegno nazionale “Dalla parte dei genitori”. Schierato dalla parte dei genitori, appunto: i genitori di oggi, quelli nati negli anno ’80, sono la prima generazione al mondo «a non aver avuto un’infanzia infantile», caratterizzata da «gioco libero, gruppo spontaneo, vita nella natura». Tutto questo negli anni 80 sparisce: «una vera mutazione antropologica», ha detto, con i bambini che – complice anche la tv commerciale, più epigono che causa – vengono «ritirati, portati in casa, sotto l’accudimento diretto dei genitori, senza più la mediazione comunitaria. Il bambino non è più da educare ma da proteggere e conservare».

Tanti i “falsi miti pseudoeducativi” che provengono dal «bagno narcisistico in cui tutti siamo immersi» e da cui – ha detto Novara – occorre liberarsi come genitori. Il mito dell’ascolto («ai figli occorre dare comunicazioni educative, non filosofiche o psicologiche»), quello di dover giocare con i figli ´«i bambini giocano fra loro benissimo»), il dover chiedere sempre il loro parere, il parlargli come se fossero adulti, il dialogo ad ogni costo, anche in adolescenza, «quando invece l’adolescente vuole allontanarsi da te»… «Essere genitori, a sentire la vulgata, è diventata un’impresa impossibile, titanica, e infatti i bambini sono sempre meno. Ma non è vero, si tratta di avere una organizzazione educativa. Stabilendo regole e abitudini adatte all’età dei figli. D’altronde io sono assolutamente convinto che non c’è possibilità di crescere i figli senza educarli, un piano b non esiste».

«Ce la si può fare. L’intensità dell’affettività familiare è un enorme fattore protettivo», è stato poi il leitmotiv del dialogo fra Paolo Ragusa, responsabile delle attività formative del CPP e la professoressa Susanna Mantovani. «È vero che i genitori oggi hanno poche certezze e sono disorientati, ma in un mondo complesso come quello attuale sarebbe folle avere certezze», ha detto la professoressa. Il nodo vero, a suo vedere, è il tempo: «educare richiede tenuta nel tempo e questo è un tema critico oggi. Parliamo tra noi, con altri genitori, una volta non si faceva per vergogna, oggi invece questa è un’opportunità, certo tenendo un punto tra vergogna e spudoratezza. Avere un rete – saggia, non impressionisitica – di interlocutori non casuali con cui confrontarsi può aiutare a fare anche le scelte più gravi. Perché è vero che oggi si può scegliere che famiglia essere e la sceltà è libertà, ma è anche responsabilità». Ragusa e Mantovani hanno messo a tema l'essere genitori nelle nuove forme di famiglia, ricordando che «in fondo ogni famiglia è una famiglia mista perché ognuno porta con sé la propria cultura familiare» e che «non c’è un modo buono di essere genitori, perché il buono è l’esito di un sistema di relazioni, ho visto molti modi di stare con i figli che non mi piacevano, nello stile, ma che andavano bene per quel bambino e quei genitori. Ci sono tanti modi sufficientemente buoni di essere genitori».

Foto di copertina Unsplash


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