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Sostenibilità sociale e ambientale

Il Black Friday che non ti aspetti

Mentre al centro dell'attenzione c'è il dibattito sull'opportunità del venerdì nero con i suoi sconti selvaggi online e il rapporto tra e-commerce e negozi tradizionali, sotto traccia molte aziende hanno interpretato l'occasione in chiave sociale. Un Giving Back Friday, come lo ha denominato la start up Tilla Baby Box che «guarda ai clienti come community piuttosto che come consumatori», sottolinea Marta Mainieri, esperta di economia collaborativa

di Lorenzo Maria Alvaro

«Ogni anno ci interroghiamo a lungo su come affrontare il Black Friday e ormai abbiamo capito che una giornata di corsa all’acquisto non è nelle nostre corde». A parlare è Margherita Barin, la giovane mamma, designer e imprenditrice sociale che ha fondato la start-up etica Tilla Baby Box.

Un'azienda che vende gli omonimi Tilla Baby Box, una collezione di corredi nascita di alta qualità dedicata a mamma e bambino: una selezione del necessario per la nascita e i primi anni di vita elaborata con cura per garantire elevati standard qualitativi in termini di sicurezza, funzionalità, estetica e sostenibilità, in linea con le indicazioni delle più autorevoli istituzioni sanitarie. «Le nostre box contengono prodotti provenienti da filiere etiche certificate durevoli, a ridotto impatto ambientale e ad alte prestazioni, funzionali e di facile manutenzione», continua la fondatrice.

Il Giving Back Friday
«Il fervore che circonda il venerdì nero ci ha fatto venire un’idea alternativa», continua Barin, «che abbiamo definito Giving Back Friday». Cosa significa? La spiegazione è facile: «”Giving back is the new black”», ride Barin, «per noi la solidarietà è sempre di moda: con ogni acquisto effettuato nel nostro shop online da venerdì 27 a lunedì 30 novembre 2020, verrà automaticamente donato un body in cotone biologico con incrocio a kimono allo Sportello Donna e Famiglia di Caritas diocesana Vicenza, che potrà distribuirli alle neo-mamme alle quali presta assistenza».

Il Black Friday alternativo
Una scelta, quella di rendere qualcosa alla comunità, che ha in realtà accomunato tante aziende di varia dimensione, mercato e nazionalità.

Tra gli altri, il marchio di abbigliamento sportivo americano REI ha scelto di chiudere il proprio sito e i propri negozi, pagando comunque la giornata di lavoro ai dipendenti e invitandoli a passare il proprio tempo libero all’aria aperta. Miir, marchio americano di borracce, dall’anno scorso devolve l’intero ricavato del Black Friday a progetti a sfondo sociale, e Davines, un marchio di prodotti sostenibili per la cura del corpo, donerà tutti gli utili delle vendite online a un’associazione per la protezione delle api. Lo spagnolo Ecoalf, che nasce come marchio di moda sostenibile, spiega dettagliatamente sul suo sito di aver deciso di non aderire al Black Friday per non alimentare gli sprechi.

Una nuova consapevolezza
Come si spiega questa nuova sensibilità? «Sta nel modo nuovo di intendere la relazione con i propri clienti. Io sono una designer e ragiono in termini di progettazione», chiarisce Barin, «significa guardare alle persone cui è dedicato il prodotto prendendo in considerazione non come meri consumatori, e quindi solo nel momento dell'acquisto, ma a tutto tondo, come persone, ragionando su quello specifico prodotto all'interno della loro vita. Cambia tutto».

«Si tratta di un segnale forte», sottolinea Marta Mainieri, esperta di economia collaborativa, «che non mi stupisce perché la consapevolezza oggi di come la responsabilità sociale sia importante per i consumatori comincia a fare breccia e a vedere applicazione concreta. Ormai tutti, soprattutto i più giovani, chiedono alle aziende di avere un ruolo attivo come attori del cambiamento». Per Mainieri poi stiamo assistendo a proposte sempre più evolute. Si sta andando oltre al semplice donare parte dei ricavati o al sostenere cause sociali e associazioni. Sempre più le aziende assumono su di sé l'onere dell'immaginare una proposta e un'azione».

Guardare al bisogno e non al consumo
È il caso di Freitag, marchio svizzero di borse e zaini con materiali di scarto, che ha annunciato come il 27 novembre (oggi ndr) disattiverà il suo sito e renderà disponibile una nuova piattaforma, SWAP, per mettere in contatto le persone stufe del loro zaino e che cercano qualcuno con cui scambiarlo. Il motivo, spiega Freitag, è che “il concetto di “community” è preferibile a quello di “consumo” e la frenesia dello scambio è più sostenibile della mania dello shopping”.

«Una frase che va letta attentamente», sottolinea Mainieri, «significa avere una relazione con la platea dei propri clienti, ascoltarli, capirne i bisogni e provare a rispondere. Questo, in termini aziendali, si traduce con la fidelizzazione dei clienti, la progettazione di prodotti di sicuro successo, il riposizionarsi sul mercato e il fare marketing. È una strategia vincente perché garantisce migliori vendite».

Anche Ikea, che fino all’anno scorso partecipava al Black Friday con regolari promozioni, questo novembre propone un’iniziativa alternativa, invitando i clienti a portare in negozio i loro mobili Ikea usati in cambio di un buono da spendere in negozio entro due anni.

Le aziende si stanno muovendo, «il rischio è che siano solo operazioni di facciata. Anche se in realtà oggi si vede come ci sono dei valori e delle missioni che sono effettivamente al centro della cultura aziendale dei vari marchi», continua Mainieri, «penso ad esempio al pioniere di questa nuova consapevolezza, Patagonia, in cui si percepisce una coerenza valoriale dentro e fuori l'impresa».

Per evitare ogni rischio ora tocca alle comunità, cioè a noi. È il senso dell’iniziativa di Fashion Revolution, un movimento internazionale di professionisti e aziende del mondo della moda che rivendicano maggior attenzione al tema degli sprechi e dello sfruttamento delle risorse e delle persone: per il Black Friday ha fatto una campagna che invita a non fare acquisti in questi giorni e a pretendere dalle aziende che lo fanno azioni di responsabilità sociale e ambientale.


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