Economia & Impresa sociale 

In crisi il modello di lavoro nel carcere di Bollate

L’allarme della cooperativa bee.4 Altre menti: “Dopo oltre 15 anni si conclude in modo opaco il percorso progettuale avviato dall’operatore telefonico H3G e proseguito con la società WindTRE Italia”. Meno di un anno fa per poter continuare il lavoro lo smartworking era entrato in cella. Se la situazione non cambia la prospettiva è la cassa integrazione

di Redazione

La nota che arriva dalla cooperativa bee.4 Altre menti, impresa sociale fondata nel 2013 per avvicinare il percorso di detenzione alla finalità rieducativa della pena prevista dalla Costituzione e che lavora offrendo servizi alle imprese di Business process outsourcing nel carcere di Bollate e che solo lo scorso anno era riuscita a portare lo smart working in cella (ne avevamo parlato qui) è un grido di allarme.Il 31 marzo prossimo, a seguito di una proroga contrattuale tecnica necessaria alla gestione della transizione delle attività, si andrà a concludere il progetto di collaborazione che per tanti anni ha visto legati il carcere di Bollate e l’operatore telefonico H3G prima e WindTRE a seguire. Un progetto avviato nel corso del 2007 con l’obiettivo di promuovere percorsi di qualificazione professionale e inserimento lavorativo per le persone presenti all’interno dell’istituto di Bollate”.

Marco Girardello, direttore risorse umane della cooperativa bee.4 altre menti spiega: «Abbiamo provato a costruire un’interlocuzione con Windtre Italia per ragionare sulle conseguenze legate alla conclusione del progetto che da oltre 15 anni stavano realizzando all’interno di Bollate, purtroppo ad oggi nonostante numerosi tentativi di contatto non abbiano ricevuto risposte alle nostre richieste di confronto se non richiami alle difficoltà che l'azienda stava incontrando a causa del suo non positivo andamento commerciale alla luce dell’importante numero di clienti persi nel corso degli ultimi anni, difficoltà che imponevano l’interruzione obbligata ed immediata della collaborazione con il carcere di Bollate».

A nulla sono valsi i tentativi fatti tanto dalla cooperativa bee.4 titolare della commessa di lavoro, quanto dalla direzione della II Casa di Reclusione di Milano Bollate e dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Lombardia per riallacciare un dialogo con l’azienda che mettesse al centro la valutazione degli impatti che tale decisione avrebbe determinato tanto sui trenta operatori interni coinvolti dalla commessa, quanto sui professionisti esterni, e più in generale sugli equilibri gestionali del microcosmo carcerario.
La vicenda legata alla conclusione della collaborazione tra la società WindTRE e il carcere di Bollate – osservano dalla cooperativa – apre uno spazio di riflessione rispetto alle ricadute ed ai costi sociali ed economici che talune decisioni assunte da imprese private concorrono a determinare sulle nostre comunità territoriali.

«Abbiamo chiesto all’azienda un po' più di tempo per poter individuare delle modalità utili a calmierare gli impatti devastanti derivanti da questa decisione» continua Girardello. «Ci siamo chiesti con che spirito e con che logica una grande impresa potesse mettere in atto pratiche di questo tipo consapevole del fatto che nel corso degli ultimi tre mesi del 2021 abbiamo dovuto avviare nove nuovi inserimenti per far fronte alla mole di lavoro che ci veniva assegnata e che doveva essere gestita nel pieno rispetto degli standard di servizio. Facciamo proprio fatica a capire» insiste. «Ora non ci resta altro che dichiarare lo di “crisi aziendale” atto dovuto per poter formulare la richiesta di cassa integrazione straordinaria al fine di tutelare le persone che ora sono prive di lavoro. Restiamo fiduciosi e convinti di poter superare questa brutta situazione individuando nuove collaborazioni con aziende sensibili e vogliose di spendersi in una collaborazione capace di determinare un forte valore aggiunto. Il nostro punto di forza è rappresentato dalle competenze e dalla voglia di lavorare e di impegnarsi dei nostri operatori, questi fattori rappresentano delle solide fondamenta per ricominciare».

Anche la città di Milano è direttamente coinvolta in questa situazione avendo manifestato la propria intenzione nel volersi impegnare al fine di tutelare un modello di esecuzione penale fondato sul lavoro e sulla possibilità di svolgere percorsi di reinserimento seri nel quadro di attività autenticamente qualificanti. Tanto l’assessore al Welfare Bertolé, quanto l’assessore al lavoro Cappello hanno manifestato il loro interesse ad essere parti attive di questa vicenda, così come il Garante Comunale per le persone private della libertà personale Francesco Maisto.

In apertura un'immagine del call-center della coopertiva – immagine fornita da bee.4 altre menti


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