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Cooperazione & Relazioni internazionali

Vietato parlare di guerra in Russia

La nuova legge in vigore da sabato scorso a Mosca punisce con fino a 15 anni di carcere i giornalisti e blogger che scrivono le parole "guerra"e "invasione". Silenziate anche le tv indipendenti mentre molti media contrari al regime sono costretti, per rimanere aperti, a cancellare ogni riferimento all'invasione dell'Ucraina da parte di Putin

di Paolo Manzo

Da quando ha invaso l’Ucraina, Mosca ha imposto una stretta feroce sulla libertà di stampa. Censurata tutta l’informazione non allineata sulle posizioni del Cremlino ed introdotte leggi "per limitare ogni espressione dissonante e mettere a tacere media indipendenti, giornalisti e attivisti”, come denunciato da Amnesty International. Da sabato scorso, infatti, in Russia è entrato in vigore il divieto assoluto di pronunciare le parole “guerra” ed "invasione" su social, giornali e tv, obbligando chiunque non voglia finire in gattabuia ad usare l’espressione "operazione militare speciale”. Punite con fino a 15 anni di carcere la diffusione di notizie che il Cremlino considera “fake news" o "disinformazione", gli appelli per le sanzioni contro la Russia e qualsiasi riferimento all'esercito russo "in termini denigratori”. A rischio non solo i media tradizionali, ma anche i singoli cittadini che usano blog e social network per diffondere il dramma ucraino. In sintesi, per l’amministrazione Putin chi scrive o parla in modo critico sulla guerra – o che la chiama “guerra"/"invasione" – colpisce "l'interesse nazionale" ed è considerato un “traditore".

Come conseguenza delle nuove "norme di guerra”, settimana scorsa la maggioranza dei corrispondenti occidentali a Mosca – dalla RAI alla tv di stato spagnola RTVE, dalla CNN alla CBS, dalla BBC ad ABC e Bloomberg – hanno sospeso le loro attività in Russia. "La criminalizzazione del giornalismo indipendente non ci lascia altra scelta se non sospendere il lavoro di tutti i giornalisti della BBC e del loro personale di supporto in Russia", ha fatto sapere il direttore generale della BBC, Tim Davie.

Non bastasse ciò, gran parte dei siti di news online non allineati alla propaganda russa sono stati oscurati, dalla stessa BBC alla tedesca Deutsche Welle, dal sito web lettone indipendente in lingua russa Meduza, molto seguito in Russia, a Radio Svoboda, da TV Rain a Voice of America e Radio Free Europe/Radio Liberty. Una lista che cresce di ora in ora e che va di pari passo con le chiusure dei media russi indipendenti. Ieri è stata la volta della stazione televisiva russa Dozhd. Stessa sorte, qualche giorno fa, per Echo of Moscow, una stazione radio fondata da dissidenti sovietici nel 1990 e acquisita in seguito dal gigante energetico statale Gazprom, che ha cancellato tutti gli account dei social media aziendali e spento il suo sito Web. Il suo canale YouTube era seguito da più di un milione di persone, ogni giorno. Anche Znak, altra testata giornalistica indipendente, ha chiuso venerdì scorso spiegandone così i motivi: "la grande quantità di nuove restrizioni al funzionamento dei media in Russia”. Altri hanno cercato di rimanere in vita non coprendo più la guerra. L'ultimo grande quotidiano indipendente russo, Novaya Gazeta, che nei 29 anni della sua esistenza ha visto sei suoi giornalisti uccisi, qualche ora fa ad esempio ha dichiarato che sta cancellando i suoi contenuti sulla guerra in Ucraina. The Village, una rivista di lifestyle digitale che questa settimana ha spostato le sue operazioni dalla Russia alla Polonia, ha annunciato di stare modificando retroattivamente i suoi articoli, sostituendo la parola "guerra" con la più neutra "operazione militare speciale".

“Mentre negli anni '90 e all'inizio degli anni 2000 i giornalisti venivano uccisi da sicari, come è successo alla nostra Anna Politkovskaya, ora c'è una politica di strangolamento con queste leggi”, spiega Dmitry Muratov, Nobel per la pace nonché direttore di Novaya Gazeta.

Bloccato anche Facebook perché, a detta delle autorità di Mosca, discriminerebbe “pesantemente i media russi”, limitando l’accesso degli account pro-Cremlino, compreso quello del canale tv del ministero della Difesa. In Russia i social network occidentali erano sempre rimasti accessibili. Al momento, i social russi più popolari come VKontakte rimangono accessibili, così come Instagram, Twitter e YouTube, anche se non si sa fino a quando.

Per aggirare l’oscuramento gran parte dei media internazionali hanno consigliato ai loro lettori di usare le reti private virtuali (VPN) e Tor, un browser anonimo. Nonostante il tentativo di Putin di nascondere ai suoi concittadini il dramma dell'invasione, dal giorno dell’attacco russo, lo scorso 24 febbraio, il sito in lingua russa di Voice of America (VOA) ha visto un forte aumento del traffico. Secondo Matthew Baise, direttore della strategia digitale di VOA, da 40.000 visite al giorno si è passati a 250.000, con il 20 per cento del traffico proveniente da reti VPN. Anche Radio Free Europe/Radio Liberty ha istituito molteplici meccanismi per eludere la censura mentre i russi possono anche continuare a leggere i media bloccati tramite l'app di messaggistica di Telegram, dove molte testate occidentali sono presenti.


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