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Mario Barbuto: “Lascerò la guida dell’Unione italiana ciechi”

Il presidente dell’Uici replica a chi, soprattutto in seno all'associazione, ha criticato la scelta di auto sospendersi senza dimettersi dopo l’ufficializzazione della sua candidatura nelle fila della Lega. “Non c’è alcuna regola che lo richiede, non accetto imposizioni infondate. Sarebbe un gesto irresponsabile in un momento di campagna elettorale. Ma la mia scelta è comunque fatta”

di Nicola Varcasia

Alla fine il chiarimento è arrivato. Dal diretto protagonista: che venga eletto al senato o meno, Mario Barbuto non sarà più presidente dell’Uici, Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. Restano da chiarire modi e tempi, che non smorzeranno tutte le polemiche in seno all’associazione da lui guidata, ma un punto fermo in questa vicenda è stato messo.

Andiamo con ordine. Con una lettera aperta, l’11 agosto scorso Mario Barbuto annunciava la sua candidatura alle elezioni del 25 settembre nelle fila della Lega, al senato. Nello stesso post, Barbuto, spiegava che si sarebbe autosospeso dalle sue funzioni “pur in assenza di specifiche prescrizioni regolamentari”, fino al 26 settembre, quando sarebbero stati resi noti i risultati di questa insolita tornata elettorale.

Da quell’11 agosto in avanti, a fianco di numerosi messaggi di incoraggiamento, si è fatto strada un compatto fronte polemico. Molte unioni locali, ad esempio quella di Firenze, hanno criticato sia il metodo – candidarsi senza dare preventivamente le dimissioni – sia il merito, descrivendo come una macchia la scelta del partito guidato da Matteo Salvini. Non sono mancati né i gesti eclatanti, come quello di una associata bolognese che ha strappato la tessera con un video sui social. Né i toni più sfumati di chi criticava la scelta, indipendentemente dal partito in questione.

Contattato telefonicamente, Barbuto ha voluto replicare alle critiche mosse da una fetta importante della sua base: «Dal punto di vista formale, non esiste alcuna norma statutaria o regolamentare che consenta di parlare di violazioni in merito a una candidatura politica – precisa – semmai dobbiamo parlare di opportunità”. Però su questo punto l’aspirante senatore alza il tiro: “Dare le dimissioni adesso sarebbe stato un gesto di irresponsabilità, perché questa volta sì, da statuto, gli organi competenti sarebbero costretti a scegliere in meno di un mese il nuovo presidente. E fare questo durante una campagna elettorale, in un momento in cui l’associazione dovrebbe partecipare ai dibattiti con tutte le forze politiche per promuovere le sue istanze e non impegnata in altro, sarebbe un danno”.

Quanto alle critiche al partito a cui ha scelto di aderire, Barbuto rivendica di aver trovato proprio nella Lega “quell’attenzione ai nostri temi che in altre forze politiche non ho riscontrato. A partire dal suo segretario, Matteo Salvini, o dal ministro Erika Stefani, che ha portato a conclusione il percorso di approvazione della legge quadro sulla disabilità ascoltando le istanze delle associazioni”. Ad ogni modo, Barbuto aggiunge di non essere iscritto alla Lega, né gli è stato richiesto e che la sua è una partecipazione civica: “Sono e resto ciò che sono, con la mia storia anche politica”, facendo riferimento ai trascorsi nel Pds bolognese, qualche lustro fa. Tutti elementi che, a suo parere, dovrebbero spingere in particolare chi lo critica a porsi un’altra domanda: “La presenza in Parlamento di una persona con la mia storia, potrebbe essere utile o no alle cause della nostra comunità?”.

Sulla polemica riguardo all’opportunità delle dimissioni, che potrebbero essere richieste dal Consiglio Nazionale convocato a giorni dalla vice presidente in carica, Linda Legname, Barbuto prova ad essere conciliante: “Spero che non vengano richieste sia perché ci sono già dei precedenti e sia perché un vero problema di governance non si pone per alcuni mesi. Anche se, naturalmente, non farò nulla, essendomi autosospeso, che possa in alcun modo influire sulle decisioni del Consiglio”. “Ad ogni modo”, conclude Barbuto, “Non rimarrò presidente dell’Uici, indipendentemente dal risultato elettorale, la scelta è già fatta. Quello che rifiuto è l’imposizione di un gesto senza alcun fondamento”. Data anche, aggiunge ancora, la velocità con la quale ha dovuto comunicare il sì o il no alla proposta di candidarsi, avvenuta in tempi ridotti a causa del susseguirsi degli eventi che hanno portato alla caduta del governo Draghi.

Insomma, per Barbuto la polemica si potrebbe chiudere qui. Non è detto che tutti saranno d’accordo con questa replica. Le pagine di Vita.it sono pronte ad accogliere altri punti di vista.


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