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La finanza sostenibile va “in” pensione

L’annuale ricerca promossa nell'ambito delle Settimane Sri mostra una crescita molto forte degli operatori previdenziali che includono i principi Esg nelle loro scelte. Aumenta la fiducia sul fatto che questo tipo di investimenti porti a rendimenti concorrenziali e dunque a futuri benefici per chi sottoscriverà questi piani

di Nicola Varcasia

La sostenibilità si fa strada anche nei piani di previdenza a disposizione degli italiani. È quanto emerge dalla ricerca "Le politiche di investimento sostenibile degli investitori previdenziali italiani" realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con la società pubblica Mefop e il portale MondoInstitutional. Lo studio ha infatti coinvolto piani previdenziali appartenenti ad alcune importanti categorie del settore, quali casse di previdenza, fondi pensione aperti, fondi pensione negoziali, fondi pensione preesistenti (istituiti prima della riforma del 1993) e piani individuali pensionistici.

"I risultati della ricerca di quest'anno sono particolarmente interessanti perché mettono in evidenza come tra gli operatori previdenziali sia in costante aumento la propensione agli investimenti sostenibili. Quello degli investitori previdenziali è un comparto strategico, che per sua stessa natura tende a guardare al medio-lungo periodo e può contribuire in maniera importante alla giusta transizione. Per questo motivo la crescente attenzione ai temi Esg da parte di questi attori costituisce un tassello chiave all'interno del processo di consolidamento degli strumenti di finanza sostenibile", ha sottolineato Francesco Bicciato, direttore generale del Forum per la Finanza Sostenibile (nella foto in apertura).

Il principale dato messo in evidenza dallo studio giunto all’ottava edizione (e presentato nell’ambito delle Settimane SRI, la rassegna sulla finanza sostenibile organizzata dal Forum) è l’aumento degli operatori previdenziali che investono con criteri di sostenibilità, ossia includendo i principi Esg nelle decisioni di investimento: passano infatti da 55 (nel 2021) a 68, pari al 76% dei rispondenti (pari a 89) alla ricerca. Si può dunque affermare che gli investimenti sostenibili assumono un ruolo sempre più centrale nelle politiche di investimento degli operatori previdenziali italiani. Tra le motivazioni alla base della crescita di questo genere di investimenti, c’è la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno finanziario, l’impulso dato dal contesto normativo e, a seguire, la gestione più efficace dei rischi finanziari e il dovere fiduciario nei confronti di aderenti e beneficiari.

Sono invece sette i piani che non hanno ancora avviato valutazioni in merito all’inclusione dei criteri Esg nelle loro decisioni di investimento. Come per le precedenti edizioni della ricerca, nessun piano ha comunque citato la presunta rischiosità, complessità o scarsa redditività degli investimenti sostenibili tra le motivazioni della mancata adozione di strategie Sri.

Non sorprende, tuttavia, che tra le principali criticità sia stata indicata la mancanza di dati Esg affidabili e standardizzati, seguita dalla mancanza di certificazioni che tutelino contro il rischio di greenwashing.

La ricerca ha anche analizzato i riferimenti che, per gli operatori, formano l’orizzonte della sostenibilità. Il 28% dei piani attivi in ambito Sri (19 su 68) fa riferimento agli Obiettivi dell’Agenda Onu 2030 mentre il 26% ha in programma di includerli in futuro. Gli SDGs più citati sono la lotta al cambiamento climatico (18 piani), salute e benessere (15), lavoro dignitoso e crescita economica (14), energia pulita e accessibile (11), parità di genere (10).


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