Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Famiglia & Minori

Basta chiamare “speciali” gli orfani di femminicidio

«Vogliamo dare agli orfani di femminicidio le stesse opportunità di vita di tutti i loro coetanei: per questo motivo non vogliamo più chiamali “orfani speciali”, perché definirli tali significa dare loro una connotazione di diversità rispetto agli altri bambini, mentre il vero scopo di una democrazia è l’uguaglianza». Le parole sono di Patrizia Schiarizza, Presidente de Il Giardino Segreto e Responsabile del Progetto Airone, uno dei quattro progetti finanziati da Con I Bambini

di Sabina Pignataro

«Appena è stato attivato l’800 99 00 44, il numero verde dedicato agli orfani di femminicidio e alle famiglie affidatarie residenti nel Lazio, Abruzzo, Marche, Molise, Toscana ed Umbria gli operatori hanno ricevuto una chiamata da parte di una nonna che desiderava condividere la sua condizione di affidataria ed avere alcune informazioni». A raccontarlo è l’avvocata Patrizia Schiarizza, Presidente de Il Giardino Segreto e Responsabile del Progetto Airone, uno dei quattro progetti finanziati dall’impresa sociale Con I Bambini. «Altre chiamate sono arrivate nei giorni successivi».
Il numero che garantisce assistenza ed informazioni, disponibile 7 giorni su 7, dalle ore 09.30 alle 13 e dalle 15 alle 20, è una delle più significative azioni messe in campo dal progetto Airone nel suo primo anno di attività. (Ne avevamo scritto anche qui)

Tre femminicidi e cinque bambini

«Negli ultimi 5 mesi ci siamo trovati a gestire tre femminicidi in emergenza nei quali ci siamo occupati di cinque bambini», prosegue Schiarizza. «Questo è stato possibile grazie alle figure dei tutor che abbiamo attivato in ciascuna delle sei regioni e al grazie alla collaborazione della Fondazione Nazionale degli Assistenti Sociali». Il tutor è la figura che prima di tutte si relazione con le famiglie e gli orfani, ne ascolta i bisogni e le esperienze che poi riporta all’equipe multidisciplinare con la quale condivide un piano di intervento personalizzato.

«Non chiamateli più speciali»

«Questo progetto vuol rendere possibile il desiderio di tornare ad essere felici che più volte ci è stato manifestato dai nostri bambini e bambine», sottolinea Patrizia Schiarizza. «Airone vuole dire anche dare ai bambini ed alle bambine che sono orfane per il femminicidio della loro mamma le stesse opportunità di vita di tutti i loro coetanei: per questo motivo noi non li vogliamo chiamare orfani speciali, perché definirli speciali vuol dire dare loro una connotazione di diversità rispetto agli altri bambini, mentre il vero scopo di una democrazia è l’uguaglianza. E l’uguaglianza inoltre è il presupposto fondamentale, riconosciuto anche dalla Convenzione di Istanbul, per eliminare la violenza, che trova nella disparità di condizioni e ruoli il suo più pericoloso seme».

Due giornate pubbliche

Dall’avvio del Progetto due giornate pubbliche hanno avuto l’obiettivo di raccontare il Progetto Airone e condividerne i contenuti, anche attraverso le testimonianze di orfani ed orfane e di familiari affidatari. La prima si è tenuta il 25 maggio scorso, negli spazi dell’Orto Botanico di Roma, alla presenza di nonna Stefania che da anni cresce le due nipotine, figlie della figlia Claudia, vittima di femminicidio.
Mentre alla seconda giornata, l’11 ottobre, che si è svolta nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, hanno partecipato tre testimoni che con il loro racconto hanno indicato la strada da percorrere per aiutare chi resta dopo la morte di una donna. Tra questi: Francesca Nifosi (che oggi ha 55 anni, ed è orfana da quando ne aveva 3) ha raccontato cosa vuol dire vivere nel silenzio il proprio dolore e trovare da sé la resilienza necessaria per guardare avanti; Carmelo Calì (che ha adottato i tre figli di Marianna Manduca, nonostante avesse già atri tre suoi figli) ha raccontato cosa vuol dire decidere in poche ore se adottare bambini orfani o lasciare che vengano affidati ad una casa famiglia, restituendoci così il coraggio delle famiglie che decidono di prendersi cura dei figli che restano; ed infine Matteo Morlino, che ha raccontato le sue difficoltà giudiziarie, il lungo percorso dei processi intrapresi dalla figlia, per la tutela dei suoi due bambini, evidenziando così la necessità che lo Stato lavori attivamente sulla formazione e sulle competenze» .

Tra le altre attività, l’equipe formata dalle Università partner del Progetto Airone (La Sapienza, Lumsa, Università di Firenze e Università de l’Aquila) insieme a Il Giardino Segreto, Oasi e la Fondazione Nazionale degli Assistenti Sociali ha messo a punto un modello di intervento e di presa in carico, anche attraverso la predisposizione di alcuni strumenti operativi (come ad esempio interviste e test) che servono per creare piani di intervento e presa in carico quanto più personalizzati e specifici per le esigenze dei singoli orfani ed orfane, o dei loro familiari. La formazione del partenariato è stata fondamentale per creare un linguaggio comune e una competenza condivisa: tra giugno e settembre sono state, infatti, organizzate le giornate di formazione che hanno messo al centro i temi cardine del progetto. Rivolta ai tutor che lavoreranno sul territorio è stata realizzata a settembre una formazione specialistica mentre, nello stesso periodo, Fnas ha curato la formazione degli assistenti sociali che saranno coinvolti nel progetto.

I prossimi passi

L’intercettazione del rischio, la prevenzione rivolta agli uomini 25-45 anni e agli insegnanti, saranno invece, nei prossimi tre anni, al centro della progettazione delle attività che coinvolgeranno La Sapienza, l’Università dell’Aquila e l’associazione Be Free. Airone vuole dunque fare in modo che il ragazzo o la ragazza possa approfondire il proprio percorso di studi, oltre a coltivare anche le passioni come la musica, la danza o il teatro, e soprattutto che abbia le stesse possibilità di realizzarsi dei suoi coetanei. Un modo, dunque, per riaccendere la speranza nel futuro, la possibilità di riconoscersi nel rapporto con gli altri, in quella socialità purtroppo persa e dimenticata a causa del trauma familiare.

Per appofondire

L'instant book “A braccia aperte. Un faro acceso sui figli delle vittime di femminicidio”, a cura di Sara De Carli e Sabina Pignataro, è scaricabile gratuitamente dallo store di vita.it a questo link. Il volume è realizzato in collaborazione con l’impresa sociale Con i Bambini, che con il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha stanziato 10 milioni di euro per quattro progetti in favore degli orfani delle vittime di crimini domestici.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA