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Ucraina, la marcia dei pacificatori senza frontiere

Ad un anno dall’inizio della guerra non abbiamo solo assistito al “catalogo degli orrori” ma anche ad una mobilitazione umanitaria mai vista prima. Per supportare la popolazione ucraina nessuno si è tirato indietro: organizzazione umanitarie, reti della società civile ed anche singoli cittadini. Li raccontiamo nel numero di VITA “Occupy Ucraina” e in un appuntamento dal vivo il prossimo 20 febbraio

di Anna Spena

Occupy Ucraina” è il titolo del numero di VITA di febbraio. Un titolo che è anche un sogno: quello che ad invadere l’Ucraina sia un esercito di pacificatori. È possibile? Sì, e lo dimostra l’anno appena passato, come sottolinea l'editoriale. Nel primo capitolo del magazine “Qui Ucraina” c'è la storia di tanta società civile che è entrata nel Paese, e l’ha fatto non solo per rispondere a un bisogno, ma per dire: “non siete soli, noi siamo qua”. Il numero di VITA, ora in edicola e scaricabile a questo link, racconta di una mobilitazione umana straordinaria.

Questo è stato un anno in cui abbiamo imparato a conoscere i nomi delle città: Kherson, Kharkiv, Donetsk, Lugansk, Mariupol, Odessa, Bakmut, Mykolaïv, Kramatorsk. E si sono fissate nella testa certe immagini: le file chilometriche nei punti di frontiera per lasciare l’Ucraina, Irpin e il suo ponte distrutto, i corpi martoriati e abbandonati in strada a Bucha, il teatro bombardato di Mariupol. Dodici mesi dopo l’inizio del conflitto, 18 milioni di persone, più del 40% della popolazione, ha bisogno di assistenza umanitaria.

Dallo scorso 24 febbraio l’ong WeWorld ha aperto 3 sedi in Ucraina a Leopoli, Kiev e Kharkiv, ma lavora anche a Odessa. «Cerchiamo di coprire tutti i bisogni tipici dell’emergenza: dalle distribuzioni di kit con beni essenziali al supporto finanziario diretto. Ma ci stiamo già interrogando su come aiutare gli ucraini nella ricostruzione», racconta Filippo Mancini, rappresentate in Ucraina dell’organizzazione. Cesvi è stata la prima realtà che è intervenuta a Buča quando il distretto è stato liberato dopo l’occupazione dei russi, ed è impegnata anche nella ristrutturazione delle scuole bombardare. Fondazione Avsi è presente a Leopoli, Poltava, Dnipro, Sumy, Donesck, Zaphorishia e Kharkiv. E poi ancora ci sono Intersos e ActionAid. E per i minori Ai.Bi. ha aperto a Kiev, Karapishy, Stepansky e Volodarka quattro spazi di gioco e attività di animazione e supporto psicologico. O ancora Sos Villaggi dei Bambini, insieme alla distribuzione di beni, si è impegnata in servizi di salute mentale e supporto psicosociale. Nella foto in basso vedete una mappa degli aiuti, la società civile si è mobilitata in tutto il Paese: assistenza economica, distribuzione di kit per l’inverno, supporto psicosociale, tutela dei diritti delle minoranze. Ad ogni bisogno hanno cercato e cercano di trovare una risposta.

Anche ai bisogni più difficili: «Essere malati ed essere malati in guerra sono due cose diverse», racconta Valentina Morico, capo missione di Soleterre, l'organizzazione assiste i bambini oncologici e adesso anche i feriti di guerra. L’Onu ha stimato 11mila feriti di guerra, il dato è al ribasso. L’ong Moas ha curato più di 10mila pazienti in prima linea e più di 20mila persone nelle comunità tagliate fuori dalle infrastrutture. Fondazione Rava ha consegnato in Ucraina oltre 200 tonnellate di aiuti umanitari, soprattutto farmaci e materiale sanitario. Tantissime sono le realtà che hanno fatto arrivare o hanno portato in prima persona beni umanitari e donazioni in denaro nel Paese, come Progetto Arca, Movimento per la vita, la Croce rossa italiana, Afmal, Fondazione Arché, le Acli, le Misericordie, la federazione europea dei Banchi Alimentari.

Nel primo capitolo raccontiamo anche il lavoro incredibile dell’associazione “Save the dogs and other animals” che grazie a una rete di 400 volontari ha salvato 5mila cani e gatti in Ucraina e la nascita di due reti civili straordinarie: “Stop the war now”, coordinata dall’Associazione comunità Papa Giovanni XXIII — Apg23 e dalle reti nazionali Focsiv — Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana, Aoi — Cooperazione e solidarietà internazionale, Rete Italiana Pace e Disarmo e Libera contro le mafie, in rappresentanza di 180 enti aderenti, tra cui Arci, Avis, Fondazione Èbbene. “Stop the war now” ha organizzato quattro carovane della pace. Con i dieci van della prima sono arrivati in Ucraina 10 tonnellate di aiuti e 50 volontari, e poi i van sono tornati indietro con mille profughi, soprattutto donne, bambini, anziani e disabili. Grazie alla rete a Mykolaiv, dove gli acquedotti sono stati distrutti e la popolazione non ha acqua potabile, si sta costruendo una rete di dissalatori.

L’altro importante network di realtà sociali fondato per sostenere i civili ucraini è il Mean — Movimento europeo di azione non violenta che raggruppa 35 realtà della società civile. Una delegazione del movimento ha incontrato in più viaggi le realtà della società civile ucraina e le amministrazioni locali. Dal dialogo con loro sono nati i progetti dei campi estivi in Italia per i bambini vittime della guerra accolti nella rete dei “Piccoli comuni del Welcome” e l'iniziativa del gemellaggio tra i comuni italiani e quelli ucraini. Il modello sta funzionano, ce lo raccontano due tra i sindaci coinvolti, Pippo Nobile, primo cittadino di Castel di Lucio, in provincia di Messina e Andriy Kulchynsky, sindaco di Truskaves nell’Oblast di Leopoli. Ma dal Mean e della relazione tra la società civile italiana e quelle ucraina è nata anche l’idea del “Peace Village”, un rifugio climatico che è stato consegnato al comune di Brovary, nell’Oblast di Kiev. Il secondo Peace Village sarà costruito, invece, a Mykolaiv. Nel numero in edicola trovate l’intervista a Mario Cucinella, l’architetto di fama internazionale che ha disegnato la geometria del villaggio. Tre strutture collegate al centro da un braciere, legate così, insieme, restituiscono un’immagine precisa: il segno della pace.

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A un anno dall’aggressione della Russia, vi propponiamo una serata (il 20 febbraio) per interrogarci su quale sia la pace possibile per l’Ucraina. E per capire cosa possiamo fare noi. Subito. Lo faremo ascoltando le testimonianze dei pacificatori. Ingresso libero sino a esaurimento posti, perciò meglio accreditarsi qui

Credit Foto apertura Aldo Gianfrate/Fondazione Avsi


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