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Cooperazione & Relazioni internazionali

Ucraina chiama Italia: Danil e Aleksei, la disabilità sotto le bombe

Danil e Aleksei sono due bambini ucraini con disabilità accolti in Italia con tutti i loro bisogni e le loro vulnerabilità. Daniel è rientrato in Ucraina, ospite della Casa della Misericordia. Aleskei è tuttora seguito dal Centro Vismara di Fondazione Don Gnocchi. Due esempi tra tanti, tutti unici e tutti speciali. Sul numero di VITA in distribuzione e sul nostro sito raccontiamo le tante straordinarie storie di bene che in questi mesi gli italiani hanno saputo scrivere

di Sara De Carli

«Danil qui ha trovato una “seconda famiglia” con cui è sereno. La mamma non è ancora riuscita ad andare a fargli visita, non vive nemmeno molto vicino, ma ogni tanto fanno con lei una videochiamata. Nella Casa sono accolte anche alcune mamme di altri bambini, che contribuiscono a far sì che il clima sia molto familiare. Per lui poter comunicare nella sua lingua e sapere di essere “a casa” è tutta un’altra cosa». A parlare così è Antonella Battiato, responsabile operativa dei progetti di cooperazione internazionale di Fondazione Don Carlo Gnocchi. Danil è un ragazzino ucraino di 15 anni, oggi accolto presso la Casa della Misericordia di Chortkiv, che la Fondazione sostiene dal 2018. Danil ha una disabilità complessa in seguito a una paralisi cerebrale: un danno motorio, un forte ritardo cognitivo, una scoliosi importante. A maggio è venuto in Italia per un intervento improrogabile al cuore: un intervento programmato a Kiev, che la guerra ha reso impossibile. È stato operato al cuore al Policlinico San Donato a fine maggio e successivamente ha fatto una lunga riabilitazione al centro di Bosisio Parini (Lc) di La Nostra Famiglia, dove gli è stata fornita anche una nuova carrozzina. In Italia Danil era arrivato come Msna, insieme a una giovane accompagnatrice, Daria: la madre infatti ha altri quattro figli, di cui uno disabile. Al suo arrivo, il tribunale per i minorenni ha nominato una tutrice volontaria per Danil, l’avvocato Clara Caravaggi: è lei che ha firmato i documenti per l’intervento («Mi tremavano le gambe, ma era un intervento salvavita per lui», ha raccontato a Buone Notizie) e che ha messo in piedi una raccolta fondi per pagare due donne ucraine che stessero al fianco di Danil durante il suo soggiorno dato che troppo grande era la sua necessità di avere accanto qualcuno che parlasse la sua lingua e potesse rassicurarlo. È lei anche a capire, ad un certo punto, che per Danil la cosa migliore era tornare in Ucraina, pure se la guerra continuava. Ed è qui che interviene Fondazione Don Carlo Gnocchi. «La famiglia di Danil non può garantire la sua presa in carico, lui spesso ha crisi epilettiche e potrebbe capitare che abbia bisogno di ossigeno. Tornando in Ucraina, Danil non avrebbe potuto rientrare in famiglia», spiega Marina Rodocanachi, neurologo e fisiatra. Oggi è in pensione, ma continua a collaborare con la Don Gnocchi per i progetti di cooperazione internazionale: nessuno conosce meglio di lei la Casa della Misericordia di Chortkiv e può valutare se quel contesto può essere la casa giusta per Danil. «Quando la tutrice ci ha contattati, ho subito chiamato La Nostra Famiglia per chiedere di poter incontrare Danil, visitarlo, parlare con l'équipe che lo aveva seguito: era un giovedì, il sabato eravamo già a Bosisio Parini», racconta. «Questo per dire la grandissima collaborazione che c’è stata a supporto di questo ragazzino». La valutazione è positiva. Danil è stato dimesso a metà gennaio e – accompagnato dalla Croce Rossa Italiana e da Daria – è rientrato in Ucraina. Alla Casa della Misericordia si è ambientato bene, sta facendo riabilitazione, riesce a comunicare bene con gli altri ospiti, è ben inserito, racconta la dottoressa. «Come Fondazione abbiamo già inviato tutti i farmaci che gli serviranno per i prossimi cinque mesi, mi rammarica solo non poter seguire meglio il suo percorso facendo formazione a distanza per i fisioterapisti», spiega Rodocanachi.

A Chortkiv, alla Casa della Misericordia, oggi sono accolte 106 persone. Gran parte del lavoro è volto a superare il trauma causato dalla guerra, che si sente. Gli allarmi sono tuttora frequenti e questo significa scendere tutti nelle cantine, che sono state attrezzate come rifugi. Ma spostare 106 persone, per la grandissima parte con disabilità, non è facile. Il contesto quotidiano della Casa della Misericordia è ancora un contesto in cui è difficile pianificare: per esempio l’elettricità c’è per tre ore e poi va via per sei ore e tutte le attività vanno concentrate in quell’arco di tempo. Vorremmo riprendere la formazione a distanza dei fisioterapisti, ma al momento è ancora troppo complicato

Antonella Battiato, responsabile operativa dei progetti di cooperazione internazionale di Fondazione Don Carlo Gnocchi

La formazione dei fisioterapisti è uno dei punti centrali della collaborazione tra Fondazione Don Gnocchi e Casa della Misericordia. Il centro infatti è una struttura residenziale per minori con disabilità, unico riferimento della regione per la presa in carico della disabilità in età evolutiva: è sostenuta dalla Don Gnocchi con un aiuto finanziario ma soprattutto supportando la formazione del personale e il capacity building gestionale. «L’Ucraina prima della guerra stava lavorando per cambiare approccio nei confronti della disabilità. C’era ancora il concetto vecchio di mobilizzare il bambino con disabilità, di “fargli fare ginnastica”, ma non quello di riabilitazione come lavoro di équipe, interdisciplinare, con tutte le sfaccettature. Noi lavoravamo su quello e c’era molta recettività da parte del personale», racconta la dottoressa Rodocanachi. Il Covid prima e la guerra dopo hanno messo tutto in standby. «Abbiamo provato a rimettere in piedi la formazione a distanza, ma è ancora troppo complicato. Speriamo sia possibile riprendere a breve», spiega Antonella Battiato. «Con la guerra, Casa della Misericordia si è aperta ad accogliere i profughi interni, diventando un punto di transito. In un secondo momento, si è scelto di focalizzarsi sull’accoglienza di persone fragili o con disabilità, soprattutto mamme e bambini: le altre persone sono state indirizzate verso altre strutture. Oggi sono accolte 106 persone. Gran parte del lavoro è volto a superare il trauma causato dalla guerra, che si sente. Gli allarmi sono tuttora frequenti e questo significa spostare tutti nelle cantine, che sono state attrezzate come rifugi. Ma è evidente che spostare 106 persone, per la grandissima parte con disabilità, non è facile come dirlo. Il contesto quotidiano della Casa della Misericordia è ancora un contesto in cui è difficile pianificare: per esempio l’elettricità c’è per tre ore e poi va via per sei ore e tutte le attività vanno concentrate in quell’arco di tempo», racconta Battiato.

Secondo un recente lavoro di profilazione dei profughi ucraini presenti in Italia, realizzata dall’Unhcr su un campione di 667 nuclei familiari (1.531 persone), nel 39% dei nuclei è presente una vulnerabilità: una volta su due si tratta di una condizione medica sanitaria specifica, una volta su quattro di una disabilità. Fondazione Don Carlo Gnocchi sta seguendo anche un secondo bambino con disabilità, proveniente dall’Ucraina. Ha sei anni e lo chiameremo Aleksei. È arrivato a Milano con la mamma, in un lungo viaggio in auto per scappare dalle bombe e raggiungere la nonna, che già lavorava qui come badante. Fondazione Don Gnocchi conosceva Aleskei già da anni, attraverso una catena di contatti avviata proprio dalla nonna. «Era il 2019 quando, durante un nostro soggiorno in Ucraina per la formazione degli operatori, lo incontrammo per la prima volta», ricorda la dottoressa Rodocanachi. Anche Aleksei ha una paralisi cerebrale. Non parla, non può stare in piedi, fatica anche a stare seduto. Non è mai andato a scuola, non ha mai avuto ausili adeguati. Gli costruiscono un ausilio rudimentale, per farlo stare seduto e giocare un po’. Lo avviano ad un percorso di riabilitazione in un centro ucraino, che con la guerra però diventa impossibile da frequentare. Così la famiglia decide di portarlo in Italia. «Lo abbiamo messo in lista al Centro Vismara di Milano – un centro che segue circa 300 bambini l’anno come Aleksei – appena presa la decisione, rispettando le liste d’attesa. Abbiamo cercato una casa per lui e per la mamma», racconta la dottoressa. Aleksei è arrivato a luglio, dopo aver passato in Ucraina sei mesi senza fare alcuna riabilitazione. È stato operato ai piedi, l’indicazione ormai era quella, e oggi comincia a stare in piedi con l’utilizzo di una “statica”. Fa riabilitazione, ha un seggiolone particolare con cui riesce a stare seduto correttamente, va a scuola in prima elementare. «Il bambino non ha linguaggio verbale, ma ha una buona comprensione e una grossa comunicazione mimica. Le maestre ci dicono che ormai capisce bene l’italiano, a domanda diretta risponde sì o no. La scuola lo ha accolto molto bene, ha un insegnante di sostegno dal primo giorno. Fa un orario ridotto, ma è giusto così, è un bambino che non era mai stato scolarizzato prima», spiega Rodocanachi.

L’anno passato dal 24 febbraio 2022 non ci restituisce solo un catalogo degli orrori, ma anche un’infinità di bene, di azioni che hanno il merito non solo di sostenere le vittime ma anche di indicare la via per un futuro desiderabile, non più di guerra ma di pace e perciò di fraternità. Il numero di VITA di febbraio racconta queste esperienze in Ucraina, nei paesi confinanti, in Italia. Altre le leggerete qui sul sito. Le storie di Danil e di Aleksei sono solo due due esempi tra tanti, tutti unici e tutti speciali.

Il 20 febbraio a Milano, inoltre, ci incontreremo per interrogarci su quale sia la pace possibile per l’Ucraina e per capire cosa possiamo fare noi, subito. Lo faremo ascoltando le testimonianze dei pacificatori: tra loro anche Alessandro Bergonzoni. Ingresso libero sino a esaurimento posti, perciò meglio accreditarsi qui.

Le foto di Danil sono state scattate alla Casa della Misericordia di Chortkiv, dopo il suo rientro in Ucraina


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