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Cooperazione & Relazioni internazionali

La storia di Natalia, da Kharkiv a Barrafranca

Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, l’associazione Don Bosco 2000 ha accolto più di cento profughi in Sicilia. Alcuni sono rientrati, altri hanno scelto di rimanere. Tra loro una giovane maestra elementare, con le due figlie. Un anno fa è fuggita in Polonia e poi, grazie ad un autobus della solidarietà, nel nostro Paese

di Nicola Varcasia

Natalia ha 38 anni, è una maestra elementare. Una professione che ha dovuto interrompere improvvisamente, un anno fa. Allo scoppio della guerra, con le due figlie, Dasha, di 8 anni e Masha, di 5, è scappata in autobus da Kharkiv, dove viveva con tutta la famiglia, attraversando tutto il Paese. Giunta nella cittaà polacca di Medyca, al confine con l’Ucraina, legge un cartello che parla di un altro autobus. Da quel momento la sua storia di paura e dolore comincia a poco a poco a riacquistare i colori della speranza. Perché la pace si costruisce così, intessendo e rafforzando legami tra le persone. Anche nelle circostanze più difficili.

Quella di Natalia è una delle esperienze di accoglienza propiziate dall’associazione Don Bosco 2000 durante quest’anno che dall’inizio dell’invasione russa, ha accolto più di cento profughi. È una storia tra le tante, quindi insostituibile. Come le altre raccontate nel numero di VITA appena uscito e che testimonia l'esistenza di un popolo di pacificatori.

Assieme ad Agostino Sella, presidente di Don Bosco 2000, la ripercorriamo: «Molte delle persone che abbiamo incontrato vivevano vicino a Kiev e sono rientrate nel proprio Paese con lo stabilizzarsi del conflitto, mentre altre sono riusciti a ricongiungersi alle proprie famiglie in Italia e hanno deciso di restare».

Tra loro c’è proprio Natalia. A marzo 2022, l’associazione era partita da Catania con un autobus con destinazione Medyca, villaggio nella contea di Przemysl, a sud-est della Polonia, dove ha istituito un presidio permanente. L’autobus era pieno di viveri da portare in ospedale. «Ci siamo recati al campo profughi con un semplice cartello Bus to Italy», prosegue Sella, «le persone non sapevano dove andare e hanno seguito il cartello come unica ancora di salvezza».

Da lì, l’autobus è tornato a Catania con a bordo 48 persone, tutte donne tranne due adolescenti, assieme ad alcuni animali domestici. Una prima tappa a Messina, da dove due famiglie sono state trasferite, attraverso la rete della famiglia salesiana, una a Palermo e una ad Alcamo. A seguito di una seconda tappa a Catania, dove i profughi, complice la pandemia, hanno osservato la quarantena di dieci giorni l’autobus ha raggiunto le destinazioni finali: le sedi dell’associazione a Piazza Armerina, Barrafranca e Aidone. In questi paesini dell’Ennese i profughi sono entrati nella rete dell’accoglienza.

Natalia ha scelto di rimanere a Barrafranca, insieme alle sue bambine, fino a maggio, quando Don Bosco 2000 le offre un contratto come receptionist al Beteyà Hostel, presso la Colonia Don Bosco, sede in cui ha creato un Ostello solidale in cui vari migranti lavorano fianco a fianco. Le bambine hanno così iniziato a frequentare la scuola a Catania, mentre la madre, che già conosce bene l’inglese, si iscrive alla scuola di italiano.

Il marito di Natalia, papà di Dasha e Masha è ancora al fronte. Ma Natalia, sempre tramite Don Bosco 2000, è riuscita a far arrivare i suoi genitori in Italia (nella foto in apertura, la famiglia nuovamente riunita): «Un fenomeno importante quello dei ricongiungimenti che ha coinvolto e coinvolge altre famiglie ucraine», conclude Sella, «molti profughi, infatti, sono riusciti a far arrivare i familiari e a trovare un po’ di sollievo nel limbo delle proprie vite sconvolte».


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