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Scuola del volontariato Ail, 600 volontari formati in due anni

Presentati i risultati dei primi due anni di attività formativa. 67 i formatori in campo, tre edizioni svolte e un modello che vuole crescere come ha confidato il presidente nazionale Giuseppe Toro: arrivare a tutti i 15mila i volontari Ail e puntare alla “formazione permanente”. Per il professor Stefano Zamagni quella dell’associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma è una «scuola bene-detta, cioè di cui “dire bene”»

di Antonietta Nembri

Persone comuni che fanno cose straordinarie. Questi sono i volontari. Ma non ci si può fermare al moto dell’animo, alla buona volontà perché il “bene va fatto bene”. Ed è partendo da qui che tre anni fa l’associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma – Ail ha pensato a una scuola nazionale di formazione per i volontari. Il primo step è stata la formazione dei formatori, 67 gli psicologi coinvolti insieme a 54 sezioni provinciali (ne avevamo scritto qui). Negli ultimi due anni sono stati organizzati 45 corsi coinvolgendo 23 sezioni con un obiettivo, come ha esplicitato il presidente nazionale Ail, Giuseppe Toro arrivare a formare tutti i 15mila volontari dell’associazione. Oggi a Firenze, dove la locale sezione provinciale ha organizzato il corso di aggiornamento “Novità diagnostiche e terapeutiche sulle malattie del sangue: la parola all’ematologo” per informare pazienti, volontari, soci e donatori sulle nuove prospettive di cura, nel corso di una conferenza stampa sono stati illustrati i risultati di questo primo biennio della scuola nazionale del volontariato Ail.
Dopo i saluti istituzionali dell’assessora regionale Serena Spinelli e quello dell’assessora comunale Sara Funaro ha preso la parola il presidente Giuseppe Toro che ha voluto sottolineare l’ottica dell’iniziativa che è il “prendersi cura”, dei pazienti e dei volontari «il bene più prezioso della nostra associazione. Prendersi cura del benessere del volontario è prendersi cura dei pazienti durante tutto il percorso di cura» ha continuato.
«Del resto, l’idea che “curare è prendersi cura” è un concetto molto caro ad Ail. L’idea di realizzare una Scuola nazionale di volontariato è frutto proprio di quell’ideale di cura, reso possibile anche grazie alla disponibilità degli ematologi che hanno consentito, negli anni, l’ingresso dei volontari Ail nei loro reparti di ematologia. L’adesione al progetto formativo da parte delle sezioni è stata elevata, considerato che l’iniziativa è partita quasi in concomitanza con l’avvento della pandemia che ha ostacolato non poco le attività che ci eravamo posti come obiettivo». L’obiettivo ora per il presidente Toro è quello di non solo portare il programma di formazione a tutte le 83 sezioni provinciali e arrivare a una formazione permanente. La data scelta per la conferenza stampa, il 28 febbraio è la giornata mondiale delle malattie rare e Toro ha ricordato che «alcune delle nostre patologie lo sono. Ed è importante che si eviti che siano governate al mercato invece che dalla comunità, deve essere un fatto sociale», ha chiosato riferendosi alla necessità e all’importanza della ricerca che nel campo delle malattie onco-ematologiche ha fatto sì che negli anni «oltre il 70% delle persone diagnosticate ha buone aspettative di vita». Il presidente ha altresì ricordato come negli ultimi 30 anni tentativi di formazione dei volontari erano stati fatti in modo autonomo da diverse sezioni e la Scuola tenuta a battesimo proprio due anni fa «nasce dalla sintesi di questa ricchezza di esperienze».

Il presidente della sezione Ail di Firenze e professore ordinario onorario di Malattie del sangue all’Università di Firenze, Alberto Bosi ha non solo ricordato l’adesione al progetto di formazione, ma ha tenuto a sottolineare come tra le attività della sezione fiorentina accanto alle trasfusioni a domicilio (introdotte durante il periodo pandemico) e all’assistenza domiciliare con supporto psicologico vi sia l’accoglienza nella Casa Ail che consente di ricevere fino a 15 gruppi familiari a titolo completamente gratuito, in appoggio ai reparti di ematologia dell’Ospedale pediatrico Meyer e del Careggi «e qui i volontari sono molto importanti».


Nelle immagini i partecipanti alla conferenze stampa con alcuni volontari della Sezione Ail Firenze

Presente al lancio della scuola due anni fa, il professor Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, ha voluto sottolineare come «l’azione volontaria non può più essere semplicisticamente delegata all’emozione del momento o alla compassione dettata dalle circostanze. Questo, se può rappresentare una spinta iniziale, non può garantire quel flusso continuo di servizi a cui oggi il volontariato è sempre più chiamato a fornire, in particolare in un ambito di intervento come quello dei tumori del sangue di cui l’Associazione si occupa». Ha inoltre sottolineato il fatto che questa scuola è bene-detta, «nel senso di “dire-bene”, bisogna far conoscere la virtù perché sia contagiosa», ha insistito Zamagni. Che ha aggiunto: «Per fare il bene, bisogna farlo bene ed è per questo che al volontariato è coessenziale la formazione».
Nel suo intervento il professor Zamagni non solo ha voluto ricordare come proprio a Firenze nel 1200, con le Confraternite, ha smesso di essere un’azione individuale, ma anche che per affrontare la sofferenza, tipica dell’essere umano, serve il volontario «i sofferenti hanno bisogno di rispecchiarsi nel volto di una persona che gli è vicina. I volontari non sono un mezzo per far risparmiare i bilanci delle pubbliche amministrazioni, non sono una ruota di scorta», ha sottolineato concludendo.

Il programma di studio introdotto dalla Scuola Nazionale di Formazione Ail per i volontari comprende tre giornate di lavoro ogni due settimane, una formazione di base tenuta da psicologi formati e volontari esperti e per i nuovi volontari colloqui, incontri formativi, tutoraggio. Si comincia con l’accoglienza attraverso un primo incontro, cui segue il colloquio di selezione con uno psicologo per valutare se il candidato ha caratteristiche indispensabili come empatia, motivazione e capacità di affrontare e gestire situazioni di stress. Se i requisiti ci sono – precisa una nota – si procede nella didattica con un corso di base in aula in cui si approfondiscono alcuni temi scientifici e psicologici, norme igienico-sanitarie e la struttura dell’Associazione. A questo punto segue il monitoraggio dell’attività per 3-4 mesi con un tutor e con la supervisione di un volontario senior e di uno psicologo.

«Dopo aver fatto partire la formazione di base in molte sezioni dove non si faceva, abbiamo iniziato a occuparci della modalità formativa continua e stiamo lavorando per aggiornare su questo aspetto le “buone prassi” redatte al varo della Scuola» ha commentato Ilenia Trifirò, psicologa Ail della Sezione Palermo-Trapani e coordinatrice del tavolo tecnico della scuola nazionale di formazione per il volontariato Ail. Che ha spiegato come la formazione non solo non coincide con i corsi, ma che essa è lo strumento per aiutare il volontario a trovare il suo posto nell’associazione. Guardando al futuro Trifirò ha continuato: «La formazione permanente è più complessa e articolata rispetto alla formazione di base, necessita di numerose risorse, umane ed economiche, e richiede molto tempo. Le modalità e gli strumenti per attuarla devono essere veramente efficaci e utili. Siamo in una fase di implementazione del progetto, questo è l’anno della svolta. Crediamo molto in questo modello formativo anche se è fondamentale adattarlo alle singole realtà del territorio. L’importante è seguire le indicazioni e lo spirito di questo modello. Noi ribadiamo sempre che bisogna fare bene il bene, la formazione in fondo è questo. Una ricchezza enorme che si riverbera sull’associazione e sull’intera società».

In apertura da sx: Stefano Zamagni, Giuseppe Toro, Alberto Bosi e Ilenia Trifirò


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