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Disturbi alimentari: ex malati e famigliari danno vita a Fondazione Fiocchetto Lilla

Dalle esperienze e dall'impegno di chi ha lottato in prima persona contro queste patologie nasce Fondazione Fiocchetto Lilla. Una realtà che raccoglie quanto di buono è stato costruito con associazioni come 'Così come sei', 'Mi nutro di vita', 'Perle onlus' e altri. Fra i primi compiti c'è quello di certificare un progetto di prevenzione per le scuole primarie, coinvolgendo famiglie e insegnanti

di Sabina Pignataro

"Obiettivo concretezza". Riassumono così lo spirito che animerà la loro azione. Famiglie ed ex malati uniti contro quella che ha ormai assunto i contorni di una vera e propria emergenza nazionale e sociale. Anoressia, bulimia, binge eating, vigoressia, ortoressia: i disturbi del comportamento alimentare – noti come Dca o, più recentemente, Dna (Disturbi della nutrizione e alimentazione) – dopo la pandemia hanno raggiunto "numeri che non possono più essere ignorati: un aumento che sfiora il 40%, una crescita dei ricoveri che tocca il 50%.

Dalle esperienze e dall'impegno di chi ha lottato in prima persona contro queste patologie (ex malati, madri, padri, fratelli, sorelle, amici, compagni) nasce a Grosseto una nuova realtà. Si chiama Fondazione Fiocchetto Lilla e verrà presentata mercoledì 15 marzo, in un incontro a Milano alla Casa della psicologia e in contemporanea in altre città d'Italia.

Una realtà che raccoglie quanto di buono è stato costruito con associazioni come 'Così come sei', fondata da Francesca Lazzari, che ha perso uno dei suoi 4 figli; 'Mi nutro di vita', presieduta da Stefano Tavilla, che ha visto morire la figlia, Micaela Bozzolasco e Sebastiano Ruzza che hanno vissuto la malattia sulla propria pelle; 'Perle onlus', fondata da Mariella Falsini che la malattia la conosce da vicino, Simona Corridori, ideatrice del Codice Lilla nei pronto soccorso (pediatrici e adulti), e Maria Carla Martinuzzi, pediatra. Queste tre associazioni creano ora, come soci fondatori, una nuova realtà di respiro nazionale.

Ad ammalarsi è l'intera famiglia

Le vittime di questi disturbi sono soprattutto gli adolescenti, ma anche gli adulti cadono nella loro rete, spesso dimenticati e considerati troppo compromessi per ricevere cure adeguate. «E' una piaga sociale», denunciano i promotori della Fondazione, che colpisce in modo trasversale indipendentemente dal reddito e dal livello culturale. «Sono malattie psichiatriche complesse che coinvolgono la mente e il corpo», avvertono. Pericolose perché "subdole e mortali". Nella fascia adolescenziale rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali, segnalano. Ne soffrono 4 milioni di persone, sempre più bambini (tra i 9 e i 12 anni), e sempre più maschi. E ad ammalarsi è l'intera famiglia. E' come un terremoto, uno tsunami che travolge e distrugge tutto. (per approfondire: La famiglia divorata. Storie di chi vive accanto al disturbo alimentare)

La Fondazione Fiocchetto Lilla, spiegano i promotori dell'iniziativa, «intende promuovere cura, ricerca, formazione, prevenzione, tempestività nelle cure, ascolto, credibilità, continuità assistenziale e dei percorsi di guarigione». Fra le prime missioni che la fondazione mette nero su bianco c'è quella di «certificare un progetto di prevenzione per le scuole primarie di tutto il territorio nazionale, coinvolgendo famiglie e insegnanti, con criteri di riproducibilità e obiettivi comprensibili, misurabili, osservabili (follow-up a distanza sui ragazzi)».

E ancora: offrire appoggio alle famiglie e ai malati con gruppi di ascolto e mutuo aiuto; dare un sostegno concreto e un aiuto a chi soffre di malattie del comportamento alimentare attraverso la ricerca, al fine di individuare i percorsi di cura più adeguati ed efficaci; coltivare un confronto attivo con le istituzioni pubbliche e gli enti privati al fine di velocizzare la creazione di una rete di servizi territoriali su tutto il territorio nazionale. Evitando così dolorose migrazioni e purtroppo morti premature; tutelare il diritto del malato e delle famiglie con una struttura adeguata anche attraverso un supporto legale.

Ci sarà anche attenzione alla comunicazione su questi temi delicati. L'idea è quella di «creare un organo di controllo che, attraverso i media e i social, segnali chi strumentalizza a scopo personale o di lucro queste malattie e chi ne soffre». E poi l'aspetto accademico: fra gli obiettivi che la nuova realtà si pone c'è anche quello di collaborare con le università allo scopo di incrementare lo studio di queste patologie. E l'elenco continua: fra i punti messi in evidenzia c'è anche l'obiettivo di entrare in contatto con le case farmaceutiche per stimolare la ricerca di farmaci sempre più adatti e specifici.

Raddoppiati gli accessi all'Ospedale Bambino Gesù

«In Italia circa 3 milioni di persone, pari al 5% della popolazione, soffrono di disturbi del comportamento alimentare», specifica in una nota l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. «Il 90% sono donne, anche se sempre più numerosi sono gli uomini che manifestano questi sintomi e si rivolgono a strutture specializzate. L'esordio di questi disturbi è sempre più precoce. Negli ultimi anni si è infatti registrato un abbassamento dell'età fino agli 8/9 anni. Ciò è verosimilmente dovuto sia all'abbassamento dell'età puberale nelle bambine che al sempre più diffuso impiego dei social network che facilitano confronti con modelli di bellezza irraggiungibili».
Negli ultimi 2 anni (2021-2022) gli accessi al pronto soccorso dell'ospedale romano legati ai disturbi del comportamento alimentare sono raddoppiati (+96,8%) rispetto al biennio precedente (2019-2020), passando da 463 a 911. I ricoveri ordinari sono invece passati dai 362 del 2019-2020 ai 565 del 2021-2022 (+56%). In aumento anche i day hospital che sono infine passati da 1.062 a 1320 (+24.3%). «Il lockdown prima e le restrizioni della socialità dopo hanno fatto da detonatore per un malessere che era spesso già presente, a volte in maniera meno manifesta a volte di più – spiega la dottoressa Valeria Zanna, responsabile di anoressia e disturbi alimentari del Bambino Gesù – Il Covid e la quarantena sono stati sicuramente fattori di accelerazione, ma molte di queste ragazze e di questi ragazzi erano già allenati a mangiare di nascosto, a vomitare di nascosto, a vivere di nascosto».

La mancanza di adeguata assistenza sanitaria

È solo dal 2021, infatti, che il Ministero ha affidato al Centro nazionale dipendenze e doping dell’ISS il compito di mappare i centri dedicati alla cura dei DCA e i risultati non sono troppo incoraggianti: sono poche le regioni con più di cinque strutture, quasi inesistenti nel centro-sud del Paese e che, anche laddove presenti al nord, fanno fatica a sopportare la domanda sempre in aumento.
«Troppo spesso i pazienti non riescono ad arrivare neanche alla prima assistenza, non sanno a chi rivolgersi oppure, dovendo ricorrere al privato, non sono in grado di sostenere le spese anche per un percorso psicologico che possa sostenerli», spiega Aurora Caporossi, presidente di Animenta. «Come associazione che opera sul territorio siamo costantemente in contatto con la realtà che riguarda i disturbi alimentari fatta di pellegrinaggi di intere famiglie che si spostano di regione in regione per trovare un luogo di cura. La possibilità di accedere alle cure non deve dipendere in base alla fortuna di essere nati in una regione che strutture e professionisti».

Dove curarsi

L'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato la prima mappa completa dei servizi offerti dal Servizio sanitario nazionale per curare i disturbi del comportamento alimentare. L’elenco dei centri è disponibile qui

In apertura, la foto che Silvia Bevilacqua ha presentato in occasione della mostra organizzata da Ri-scatti Onlus in collaborazione con l’Ospedale Niguarda di Milano e l’Associazione Erika.


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