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Sos Argentina, la crisi sociale è peggiore del 2001

Inflazione record come non accadeva dal 1991, due terzi dei bambini poveri, narcotraffico ai massimi con annessa violenza, il paese sudamericano è in un anno elettorale ma a preoccupare la popolazione è soprattutto l'emergenza sociale. VITA ha intervistato Alver Metalli, giornalista e scrittore che vive in una baraccopoli della periferia di Buenos Aires per fare il punto e capire cosa si deve fare nel paese di Papa Francesco, che già quando era arcivescovo della capitale, aveva creato una rete di aiuto per i tossicodipendenti delle villas miserias

di Paolo Manzo

In un anno elettorale, quest’anno si vota per cambiare presidente e gran parete del parlamento, in Argentina l'inflazione ha sfondato il tetto simbolico del 100%, arrivando al 102,5% a febbraio, è la prima volta che accade dal 1991. Una notizia già di per se pessima, visto che l’aumento dei prezzi è la peggiore tassa per chi percepisce salari da lavoratore dipendente o sussidi, perché povero. Inoltre perché arriva in un contesto sociale di gran lunga più fragile rispetto a quello che tutti ricordano, compreso Papa Francesco, allora arcivescovo metropolitano della capitale che vide le cariche della polizia sulla popolazione scesa in strada infuriata. Stiamo parlando del dramma del 2001, quando il paese sudamericano dichiarò default, bloccando i conti correnti degli argentini e svalutando il peso di circa il 70%: una riduzione quasi di un quarto i risparmi visto che da un decennio la moneta era fissata al cambio di uno a uno con il dollaro.

Rispetto al 1991 e al 2001, il contesto sociale è però di gran lunga più fosco, essendo oggi quasi la metà della popolazione in povertà, il 43% (era del 20% 32 anni fa e al 35% nel 2001), con due terzi dei bambini poveri, secondo gli ultimi dati Unicef. La differenza maggiore e più preoccupante, tuttavia, è un’altra, sconosciuta in passato, ovvero una tossicodipendenza soprattutto tra i giovani e con droghe sempre più letali e la violenza legata al narcotraffico. Una situazione insostenibile come ha sottolineato ieri la Commissione episcopale per la Pastorale Sociale argentina, in un comunicato intitolato “Le ferite del narcotraffico” in cui ha espresso la sua preoccupazione per l'avanzata della droga.

Per fare il punto sull’Argentina, VITA ha intervistato Alver Metalli, giornalista e scrittore trasferitosi nel 1987 in America Latina e che oggi vive in una baraccopoli della periferia di Buenos Aires.

Dal suo osservatorio e con le tue esperienze, come pensa possa evolvere la crisi sociale ed economica in Argentina?

L'osservatorio come tu lo chiami è importante e la tua domanda mi ricorda il Papa, una risorsa argentina, quando diceva che la sua prospettiva era quella della periferia, sostenendo che questa prospettiva era centrale nel suo pontificato. Francesco argomentava che nella misura in cui ci si allontana dal centro si scoprono più cose e quando guardiamo al centro, da queste nuove cose che abbiamo scoperto da queste periferie vediamo che la realtà è diversa. Nel mio caso l'osservatorio è quello di chi vive nella parte dell'Argentina che è ai margini dello sviluppo.

Cosa vede da lì?

Da qui si vedono ingigantiti problemi come la povertà che riguarda la metà della popolazione secondo le statistiche più recenti, la tossicodipendenza e tante altre realtà emarginate o non coinvolte in prima battuta nello sviluppo della società del paese. Io vedo una Argentina che ha il problema drammatico di contendere letteralmente alla violenza tanta parte della sua gioventù. Rosario è un territorio libero per i narcos, e quindi i giovani devono proprio essere strappati dalle mani di questa violenza, dalla strada, da una vita senza prospettive. Per questo, su impulso di Papa Francesco sono nate case di recupero, che qui chiamiamo “hogar" e per questo abbiamo organizzato un pellegrinaggio fatto in tutta l'Argentina e che si è concluso lo scorso il 12 marzo a Lujan, in coincidenza con il decimo anniversario del Papa. La lunga carovana ha percorso quattromila chilometri, toccato quindici provincie, da quelle torride del nord alle artiche del sud, una quarantina di città, sette santuari, carceri, scuole, quartieri popolari, comunità aborigene, ospedali, ha occupato piazze e campi sportivi per comunicare un messaggio prima ancora visivo che ragionato: che uscire dalle grinfie della droga si può.

Quali sono le sfide maggiori che il paese ha di fronte?

Implementare delle politiche di stato non congiunturali, di ampio respiro e di lungo periodo. Politiche che abbiano al centro il lavoro, l'industrializzazione delle esportazioni di materie prime, la grande ricchezza argentina, e di ridistribuzione delle risorse sulla base di una maggiore equità. Purtroppo è un anno elettorale e tutto questo è come frantumato dallo scontro politico che è e sarà sempre più aspro.

Come può contribuire la comunità internazionale?

Dando credito all'Argentina, scommettere sul suo futuro e valorizzare le grandi risorse che il Paese ha, sia alimentari che energetiche, queste ultime di particolare importanza in questo periodo.

In linea con quanto detto da Metalli sulla ridistribuzione delle risorse sulla base di una maggiore equità, la proposta da Oxfam nel suo ultimo rapporto “La sopravvivenza dei più ricchi”. L'Ong internazionale suggerisce di tassare la ricchezza estrema con l'obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali: "è fondamentale implementare tasse sulla ricchezza, per ridurre sistematicamente quella estrema, la concentrazione del potere e le disuguaglianze". Inoltre, dovrebbero essere aumentate "le aliquote dei redditi da capitale e dei guadagni finanziari per equipararle al reddito da lavoro e la tassazione sul reddito dell'1% più ricco, sia sui redditi da lavoro che da risparmio applicando, ad esempio, un'aliquota fiscale vicina al 60%". Per Oxfam, che raccomanda anche di promuovere le tasse su eredità, regali e successioni, è “vitale eliminare qualsiasi esenzione attuale che beneficia l'1% più ricco".

Credit foto della Villa 31: Jimmy Baikovicius


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