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Cooperazione & Relazioni internazionali

Un muro di burocrazia tra Messico e Stati Uniti

Come Erdogan con l'Europa e soprattutto in un anno pre elettorale sia nel paese del tequila che negli Usa, il presidente López Obrador ha un potere enorme nei confronti dell'amministrazione Biden nella cogestione dei flussi migratori. Inoltre, con la fine del regolamento sanitario noto come Titolo 42 introdotto da Trump a inizio pandemia ma usato sino a venerdì scorso per espellere circa 3 milioni di clandestini, ora con un altra legge - il Titolo 8 - tutto sembra essere peggiorato per le migliaia di persone in fuga da povertà e violenza che sono bloccati tra il Chiapas e il Rio Bravo

di Paolo Manzo

Eliminato negli Stati Uniti il Titolo 42, un regolamento sanitario introdotto dall’ex presidente Donald Trump nel 2020 e mantenuto fino a venerdì scorso per espellere più rapidamente oltre tre milioni di migranti con il pretesto del Covid, le cose per chi fugge da miseria e violenza non sono affatto migliorate. Senza la riforma migratoria promessa in campagna elettorale dall’attuale presidente statunitense Joe Biden, infatti, tutto è tornato come prima, anzi peggio visto che sul confine la pressione è aumentata in questi ultimi tre anni.

Di fatto, da sabato 13 maggio Washington sta usando un altro regolamento, il Titolo 8, per espellere con ancor maggiore celerità chi entra senza documenti: 10mila nel prime 24 ore e, in media 5mila, nei giorni successivi secondo gli stessi dati del Dipartimento per la Sicurezza Usa, il Dhs. «Abbiamo catturato e rimpatriato migliaia di non cittadini, sia persone singole che famiglie, provenienti da più di dieci paesi» ha spiegato ai media Blas Nuñez-Neto, sottosegretario statunitense alle politiche di frontiera e immigrazione, aggiungendo che, «sulla base di un accordo raggiunto quest'anno, tutti i venezuelani, i cubani, i nicaraguensi e gli haitiani che hanno attraversato il confine senza i documenti in regola sono stati espulsi in Messico», invece che nei loro disastrati paesi d’origine. È la prima volta che il governo del paese del tequila accetta rimpatri di cittadini non messicani al confine terrestre e «oltre confine stanno lavorando bene negli ultimi giorni», ha concluso Nuñez-Neto.

La speranza è che sia vero. Di certo c’è che Washington ha rafforzato gli accordi con il Messico che da qualche giorno sta facendo un "lavoro" finanziato dagli Usa sempre più simile a quello del presidente turco Recep Tayyip Erdogan per contenere i flussi, nel suo caso verso l’Unione europea. In realtà, dalla mezzanotte del 12 maggio scorso, il problema del flusso di persone alla ricerca del sogno americano si è semplicemente spostato più a sud, sotto il Rio Bravo, come lo chiamano nel paese del tequila, il Rio Grande per gli statunitensi.

Gli accordi tra le autorità statunitensi e messicane hanno portato a conseguenze immediate su entrambi i fronti dove, è bene ricordarlo essendo la tematica migratorio molto legata al dibattito politico, nel 2024 si celebreranno presidenziali che si preannunciano molto accese. Se per gli Stati Uniti, le espulsioni continuano a pieno ritmo, il paese del tequila, per bocca del suo ministro degli Esteri Marcelo Ebrard ha detto che non accetterà più di mille rimpatri al giorno.

Un comunicato dell'Istituto Nazionale di Migrazione, l’Inm, ha inoltre reso noto che dall’ultimo fine settimana è stato bloccato il rilascio di permessi migratori per il transito o il soggiorno in Messico e, pertanto, il passaggio di qualsiasi straniero sospettato di essere un clandestino è vietato. A causa di questo nuovo regolamento del paese latinoamericano, volto chiaramente ad impedire la creazione di carovane con migliaia di immigrati, come quelle viste negli ultimi anni, gli immigrati non in regola ed a cui non è stato concesso l’asilo potranno essere espulsi «immediatamente, via terra o via aerea» dal Messico, ha detto Ebrard, probabile candidato di Morena, il partito di Andrés Manuel López Obrador per succedergli alla presidenza. Se a questo si aggiunge la chiusura di 33 rifugi migratori che ospitavano sino a una settimana fa migliaia di migranti in strutture sovente fatiscenti per non dire peggio, come quella che si è incendiata a Ciudad Juárez uccidendo 40 migranti alla fine dello scorso marzo, il quadro appare davvero desolante.

A lanciare l’allarme a Tijuana, città di frontiera confinante con la californiana San Diego, che potrebbe accogliere il 40% delle espulsioni di questi primi giorni dagli Usa, è Enrique Lucero, il locale direttore per l'attenzione al migrante. «La situazione peggiorerà, avremo stranieri espulsi e con una sospensione di 5 anni senza poter tornare negli Stati Uniti», lancia l'allarme.

Il governo messicano ha concordato con la sua controparte statunitense che un migliaio di stranieri saranno rimpatriati ogni giorno lungo il confine secondo le specifiche del Titolo 8, che di fatto rende i valichi di frontiera più difficili da attraversare. Per il regolamento in vigore da sabato scorso, una persona espulsa è soggetta al divieto di ammissione negli Stati Uniti per almeno cinque anni e può essere perseguita penalmente per qualsiasi successivo tentativo di attraversare illegalmente il confine. Traduzione: rischia l’arresto in flagrante se ci riprova. Qual è la differenza principale con il titolo 42? In precedenza, le persone detenute alla frontiera venivano inviate in Messico o nei loro paesi di origine. Ora, con il Titolo 8, gli agenti di frontiera intervisteranno gli immigrati privi di documenti, e se non li convincono che hanno una ragione di forza maggiore per rimanere nel paese, la deportazione sarà immediata.

Intanto, i rifugi sul lato messicano traboccano di migliaia di migranti in attesa di un'opportunità, per quanto minima, di elaborare una domanda di asilo negli Usa. A Reynosa, città messicana al confine con Hidalgo, in Texas, il sindaco del partito Morena, Carlos Peña Ortiz, ha detto che venerdì scorso l'Istituto migratorio di Tamaulipas di migrazione aveva registrato 20mila migranti in tutta la zona di confine dello stato, denunciando come i rifugi della città la Senda de Vida I e II e il Centro di attenzione per i minori di confine, il Camef, sono al collasso. «Qui non c'è più spazio. Siamo vittime di una politica di immigrazione che non è sensibile da parte degli Stati Uniti», ha denunciato il sindaco, di fronte alla marea di migranti che arrivano in città fuggendo principalmente dal Venezuela e dall'America centrale. Stesso collo di bottiglia a Matamoros, al confine con Brownsville, dove il sindaco Mario Alberto López ha chiesto pazienza ai migranti di stanza in città.


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