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Giraud e Petrini: la transizione ecologica non può più aspettare

Presentato al Salone del libro di Torino "Il gusto di cambiare", il libro-intervista curato dal direttore di VITA Stefano Arduini con l'economista gesuita francese e il gastronomo fondatore di Slow Food e Terra Madre

di Fabrizio Floris

"Il gusto di cambiare. La transizione ecologica come via per la felicità" (Slow Food Editore / Libreria Editrice Vaticana, pp. 176, euro 18) è un libro curato da Stefano Arduni, con Carlo Petrini e Gael Giraud. È un libro, presentato ieri al Salone internazionale del Libro a Torino, che mette insieme degli opposti: un sacerdote gesuita ed un uomo di sinistra agnostico, che hanno percorsi e storie diverse che, tuttavia, si ritrovano a partire dalla transizione ecologica, non seguendo la retorica della decrescita infelice, ma di un cambiamento felice.

Gael Giraud, prima di essere un gesuita è stato un economista internazionale (chief economist dell’Agence française de développement) che già 10 anni fa aveva affrontato il tema della transizione ecologica a partire dalla crisi finanziaria dei mutui subprime mostrando che la transizione ecologica è un progetto sociale in grado di far uscire l'Europa dalla trappola in cui l'ha fatta precipitare l'eccesso finanziario e suggerisce modi per rimuovere gli ostacoli finanziari alla sua attuazione.

Gli impatti dei cambiamenti climatici, tra cui inondazioni, incendi e perdita dei raccolti, stanno distruggendo ecosistemi, case, infrastrutture, fattorie e aziende. Le autorità di regolamentazione di tutto il mondo stanno prestando sempre maggiore attenzione a ciò che questi eventi significano per le banche e il sistema finanziario. «Le banche oggi bloccano la transizione ecologica. Il 95% del capitale delle banche europee è investito in attività fossili. Non siamo contro le banche, ma dobbiamo fare in modo che le banche siano alleate del processo di transizione ecologica. Abbiamo bisogno di banche verdi che siano in grado di finanziare la transizione che ha un costo indicativo di 95 trilioni di dollari». La Banca centrale europea, ad esempio, sta segnalando alle banche che devono pianificare e realizzare la loro transizione dal finanziamento dei combustibili fossili, per rispondere non solo ai propri rischi, ma anche alla scienza e ha quello che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni in Italia. Le grandi banche dovrebbero essere preoccupate per i rischi climatici. I prestiti per attività legate ai combustibili fossili rischiano di perdere rapidamente valore, causando gravi perdite alle banche che li detengono. Tuttavia, nonostante la maggior parte delle promesse di raggiungere emissioni "zero" entro il 2050, le grandi banche statunitensi rimangono i maggiori finanziatori di combustibili fossili al mondo. Eppure la scienza dimostra che il cambiamento climatico pone rischi nuovi e sostanziali, richiedendo una maggiore attenzione all'interconnessione dei sistemi finanziari e ambientali e a ciò che tali relazioni implicano per altri attori finanziari e misure di gestione del rischio. Poiché il cambiamento climatico colpisce simultaneamente, ripetutamente e spesso in modo permanente i sistemi naturali e umani in tutte le aree geografiche.

«Il problema non è solo finanziario, ma dipende da come produciamo e distribuiamo il cibo, spiega Carlin Petrini. Aggiunge Arduini: « Attualmente nel mondo vi sono 8 miliardi di persone, ma produciamo cibo per 12 miliardi, il settore alimentare è uno dei principali responsabili del cambiamento climatico. C’è uno spreco di proporzioni bibliche: il 33% di quello che produciamo significa 1,5 miliardi di tonnellate all’anno. È uno spreco che è funzionale a un modello economico che considera il cibo un prodotto di scarso livello e di scarso valore. Si produce in eccesso, in modo che l’offerta sia sempre superiore alla domanda e i prezzi rimangano bassi».

Eppure 800 milioni di persone ogni anno soffrono la fame e il 13% degli adulti che vivono nel mondo è obeso. In più per produrre questo cibo stati utilizzati 200 milioni di ettari di terra fertile e 200 miliardi di litri d’acqua» che noi letteralmente gettiamo tra i rifiuti. È qualcosa, continua Petrini, che non ci possiamo più permettere. Nel 2050 quando saremmo 10 miliardi butteremmo 2,5 miliardi di tonnellate di cibo. Terzo aspetto questo spreco è uno dei principali componenti della produzione di C02. «Stiamo andando dritti e decisi verso il baratro. Ma la politica e la finanza continuano a non tenere conto di questa situazione (le nostre comunità di terra madre in Africa che erano dedite alla pastorizia sono tutte distrutte). Questa situazione deve cambiare, ho prendiamo coscienza o ci saranno rivolte».

Un cambiamento appare necessario, ma prima secondo Giraud «noi occidentali dobbiamo ritrovare la nostra relazione con la creazione». Il libro non mette solo in evidenza i limiti e i problemi, ma entra dentro le proposte. Prima di tutto spiega Gael dobbiamo partire dai beni comuni. Serve uno status internazionale dei beni comuni. Non si può privatizzare l’Amazzonia oppure fare profitto sull’acqua (la Slovenia ha scritto nella sua Costituzione che l’acqua è un bene comune, non si può privatizzare). Secondo, va bene intervenire a livello macro, ma anche sui comportamenti individuali. Non bisogna sottovalutare l’impatto che possono avere le scelte di milioni di persone. Le risorse del pianeta, spiega Petrini, hanno una loro finitezza mentre la rivoluzione industriale era nata con la prospettiva che fossero infinite. Tuttavia, questo implica modi di essere, viaggiare, coltivare, produrre in maniera completamente diverso. È un passaggio da vivere non con angoscia, ma come liberazione. La competitività va sostituita con cooperazione e condivisione». Terzo il prezzo del cibo deve uscire da una logica speculativa, serve una negoziazione internazionale a livello di organizzazione mondiale del commercio. Il cibo, spiega Petrini «non è una commodity ha un valore suo proprio». Quello che conta nella nostra vita, spiega l'economista, non è il numero di automobili che possediamo, ma la qualità delle relazioni che abbiamo fra noi vivi e con la natura, con i nostri antenati e con i nostri futuri figli. Se il nostro obiettivo come individui e società è il Pil o avere più cose, non sarà un vero progresso. L’obiettivo di una comunità deve essere vivere meglio, cioè trovare un senso alla propria vicenda umana. La storia mette le generazioni contemporanee di fronte alla possibilità di riempire di giustizia, senso e felicità le nostre vite. Un libro come scriva Papa Francesco nella sua prefazione che apre «a uno sguardo di bene e di fiducia sul nostro tempo».

IL CALENDARIO DELLE PRESENTAZIONI:

pubblici di presentazione del volume, con la media partnership di Vita magazine. Questi gli appuntamenti: venerdì 19 maggio ore 17.15, Salone del libro di Torino, con Massimo Giannini, direttore La Stampa (Caffè Letterario Padiglione Oval); lunedì 22 maggio ore 11, Pollenzo (CN), Università di Scienze Gastronomiche; martedì 23 maggio ore 21, Lecco, Sala Ticozzi; mercoledì 24 maggio ore 19, Milano, BAM – Biblioteca degli Alberi; giovedì 25 maggio ore 19, Verona, Eataly Art House, con il vescovo Domenico Pompili; venerdì 26 maggio ore 18.30, Dialoghi di Pistoia; venerdì 26 maggio ore 21, Festival Biblico di Vicenza; martedì 30 maggio ore 11, Roma, Sala Giubileo dell’Università LUMSA; mercoledì 31 maggio ore 18, Sala delle Grida di Palazzo della Borsa Valori – Camera di Commercio di Genova; mercoledì 31 maggio ore 18, Pesaro, Palazzo Montani Antaldi; Giovedì 1 giugno ore 18, Montegrotto terme (PD), Incontri della Fabbrica del Mondo; martedì 6 giugno ore 18, Roma, Comunità di Sant’Egidio; giovedì 15 giugno ore 19, Riva del Garda Fierecongressi, Spiaggia Olivi; venerdì 16 giugno ore 18, Slow Food Treviso , Auditorium Casa dei Carraresi; sabato 17 giugno ore 18.45, Bassano del Grappa, Libreria Palazzo Roberti.

Nell'immagine di apertura Gael Giraud, il giornalista della Stampa Paolo Griseri che ha moderatro l'incontro al Salone del libro, Carlo Petrini e Stefano Arduini


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