Cooperazione & Relazioni internazionali

Pfas, veleni da cui l’individuo non può difendersi

Di questi «contaminanti eterni» si torna a parlare dopo il rapporto di Greenpeace, che ha visionato le analisi delle acque potabili in Lombardia. Intanto, si accumulano evidenze della loro pericolosità per la salute. Annamaria Colao, presidente degli endocrinologi italiani: «Impossibile non entrare in contatto con aria, acqua e terra già contaminate: bisogna evitare la dispersione nell'ambiente. Servono controlli feroci»

di Nicla Panciera

Si chiamano «pfas», acronimo dall’inglese composti poli e perfluoroalchilici, chiamate più semplicemente inquinanti eterni da forever chemical per la loro persistenza. Sono una famiglia di composti non presenti in natura, oltre 10mila sostanze chimiche artificiali, rischiose per la salute, usate da alcune attività industriali per le loro proprietà impermeabilizzanti. Se ne torna regolarmente a parlare perché sono nocive per la salute e spesso il loro smaltimento scorretto o illegale provoca la contaminazione delle falde acquifere e in generale dell’ambiente.

Questa volta l’allarme viene da Greenpeace (qui il rapporto) che, tramite l’accesso ai documenti relativi alle analisi fatte dai gestori e dalle autorità sanitarie lombarde su campioni di acqua destinata a uso potabile, ne ha svelato la presenza diffusa: «In Lombardia è stata registrata la presenza di pfas in quasi il 20% delle analisi condotte dalle autorità a partire dal 2018» scrive Greenpeace. E ancora «L’indagine condotta in Lombardia svela l’esistenza di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo che le autorità locali e nazionali continuano a sottostimare, nonostante sia chiaro che la contaminazione da pfas coinvolga migliaia di persone, spesso esposte al rischio in modo inconsapevole». Nessun rischio, risponde in una nota Enrico Pezzoli, Portavoce della Rete dei gestori del Servizio Idrico Integrato: «Bere dal rubinetto non comporta alcun pericolo, anzi: è un comportamento green da incentivare. Valutiamo azioni legali per procurato allarme». I dati dei 13 gestori del Servizio Idrico Integrato che fanno parte della rete Water Alliance – Acque di Lombardia, si legge nella nota, si riferiscono a i dati grezzi di falda non certo all'acqua che esce dal rubinetto, andata invece incontro a trattamenti potabilizzanti.

Come agiscono e cosa causano

I pfas agiscono come interferenti endocrini, sostanze cioè capaci di alterare l’equilibrio degli ormoni e di interferire quindi con la regolazione di moltissimi processi, come sviluppo e crescita, metabolismo, immunità. Le conseguenze sulla salute possono manifestarsi anche a distanza di tempo dall’esposizione. «Gli interferenti endocrini sono sostanze chimiche che si comportano come sostituti degli ormoni oppure come loro antagonisti, quindi possono portare ad esempio a pubertà precoce o a problemi di infertilità» spiega Annamaria Colao, ordinaria di endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli, presidente della Società italiana di endocrinologia. A lei è stato assegnato nel 2020 il Geoffrey Harris Award 2020, premio europeo per lo scienziato più quotato in campo neuroendocrinologico. Un numero crescente di malattie, anche neonatali, è stato associato all’esposizione: «Gli effetti sulla salute sono tanti: si va dall’obesità e al diabete, alle malattie oncologiche, cardiovascolari e neurodegenerative» dice la specialista «Facendo l’esempio della tiroide, segnalo l’aumento dell’incidenza di una malattia rara, la tiroidite di Hashimoto, e il fatto che oggi ad avere una diagnosi accertata di disturbo alla tiroide sia il 30-35% della popolazione generale».

Ancora molto resta da scoprire

L’Agenzia internazionale per la Ricerca sul cancro (Iarc) pone l’acido perfluoroottanoico (pfoa), una sostanza del gruppo dei pfas utilizzata nella produzione ad esempio delle pentole antiaderenti, nel gruppo 2 B, quello delle sostanze “potenzialmente cancerogene per l’uomo”, sulla base di ricerche condotte su animali. Quelli di laboratorio sono studi importantissimi, che hanno mostrato come agiscono le sostanze, ma poi in pratica «il problema è che non le misuriamo tutte, non sappiamo con quali miscele in continuo cambiamento entriamo in contatto nell’aria, per inalazione, nell’acqua e nei materiali, per contatto; non ne conosciamo composizione e concentrazione e come si comportano nell’organismo» dice la Colao «Quindi, spesso non abbiamo dati per essere certi di quale sia la causa di quanto noi rileviamo in clinica. Ma possiamo fare delle ipotesi e proseguire con gli studi. È certo invece che queste sostanze si vanno accumulando nell'organismo in modo impercettibile e progressivo, quindi esposizione anche basse, ma prolungate, possono diventare pericolose. Chiaramente, la longevità consente un accumulo maggiore». Se è la dose che fa il veleno, i problemi ci sono eccome. Perché queste sostanze sono ovunque.

Come tutelarsi?

Non solo nei contenitori alimentari in plastica, imballaggi, abiti sportivi, ma anche nelle tovaglie, nelle tende, nei tessuti impermeabilizzati. «Ci dobbiamo in qualche modo convivere, ma da clinico dico che non esiste una dose minima sicura. L'individuo da solo non si può difendere: non può evitare di entrare in contatto con aria, acqua, terra già contaminate» dice l’endocrinologa. «Il problema è fondamentalmente industriale. Dobbiamo continuare a monitorare e raccomandare alle industrie una particolare attenzione alle acque reflue, e al loro corretto trattamento e smaltimento, perché è lì che poi comincia il danno. Quello che può fare una grande istituzione come il parlamento europeo ma anche i nostri parlamenti nazionali è essere feroce sui controlli».

Sono state 75mila le tonnellate emesse nel 2022 senza un intervento, circa 4,4 milioni di tonnellate di pfas finirebbero nell'ambiente nei prossimi 30 anni. Per questo, all’inizio di marzo, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), che regolamenta anche i test di sicurezza delle sostanze immesse sul mercato, ha pubblicato la bozza di proposta per vietare a livello comunitario la produzione e l’uso di migliaia di pfas, avviando un processo necessario per fermare la contaminazione di questi inquinanti eterni. L’Italia non figura tra i paesi firmatari.

Photo by Johannes Plenio on Unsplash


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