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Cooperazione & Relazioni internazionali

Pablo Neruda non fu avvelenato ma morì di cancro

di Paolo Manzo

Da oggi è ufficiale, il Nobel della Letteratura Pablo Neruda, deceduto il 23 settembre del 1973, appena 12 giorni dopo il golpe di Pinochet, non è stato avvelenato ma è morto a causa di un cancro alla prostata. Poco fa, infatti, il direttore dell’Istituto di Medicina Legale Patricio Bustos ha reso noto i risultati della perizia disposta lo scorso aprile dal giudice Manuel Carroza che confermano la presenza di metastasi in molte parti dello scheletro del grande poeta cileno. Nessuna traccia invece di veleno e, dunque, smentito l’assistente personale ed autista del poeta, Manuel Araya, secondo il quale fu Neruda stesso ad avergli detto di aver ricevuto un’iniezione. “Ero con Matilda (la terza moglie del poeta, ndr) a Isla Negra quando ricevemmo una telefonata”, aveva detto tempo fa Araya, facendo esplodere il caso. “Al telefono era Neruda. Ci pregava di raggiungerlo immediatamente a Santiago perché, a seguito di un’iniezione praticatagli alla Clinica Santa Maria, le sue condizioni erano gravemente peggiorate e si sentiva molto male. Quando arrivammo lo trovammo rosso, gonfio e febbricitante. Un medico mi chiese di andare nella periferia della città per comprare un farmaco, era una questione di vita o di morte”. Araya però non riuscì nel suo ultimo compito perché dopo poche ore fu bloccato per strada da un gruppo di uomini, picchiato e rinchiuso in uno dei centri di carcerazione e tortura della dittatura.

Nonostante non siano “stati ritrovati agenti chimici rilevanti che possano essere associati al decesso di Neruda” – così recita la perizia resa nota stamane – il nipote del poeta, Rodolfo Reyes, non ci sta e chiede che “le ricerche continuino”. “Questa è solo una prima perizia”, ha spiegato, “ma ne mancano altre ed oggi esistono nuove tecnologie”.

Il giudice Carroza che a giugno aveva addirittura emesso un mandato di cattura nei confronti del presunto killer del poeta – un uomo biondo con occhi azzurri, età tra i 27 e i 30,1 metroe 80 di altezza e noto ai più come “dottor Price” – dopo essersi riunito con i famigliari di Neruda oggi ha fatto sapere che “si tratta di risultati certamente definitivi” ma non ha escluso che si possano richiedere “altre perizie man mano che la scienza avanzi”.

Ultima curiosità: l’identikit del presunto killer fatto dal medico ufficiale di Neruda, il dottor Sergio Draper, su cui si era basato l’ordine di cattura contro ignoti di Carroza dello scorso giugno era stato associato da Manuel Araya all’ex agente Cia Michael Townley.

All’epoca dei fatti Townley partecipava da agente Cia all’Operazione Condor che negli anni ‘70 appoggiò una serie di colpi di Stato negli stati latinoamericani dove l’influenza comunista era ritenuta troppo forte da Washington. Townley era figlio dell’allora direttore della Ford a Santiago, Vernon Townley. Membro del movimento “Patria y libertad” nonché collaboratore attivo della Dina, la temibile polizia segreta cilena, partecipò a varie attività sovversive contro il governo Allende. Fu persino coinvolto, nel 1975, nella produzione di gas nervino sarin sviluppato dal chimico della Dina Eugenio Berrios, come parte del programma di armi chimiche denominato Progetto Andrea. In una deposizione davanti al giudice Alejandro Madrid, nel 2006, lo stesso Townley aveva ammesso che politici e militari furono uccisi all’epoca con il sarin, facendo apparire la loro morte come suicidi o morti inspiegabili.

Di certo c’è che l’ex agente fu coinvolto nella morte dell’ex ministro degli Esteri  Orlando Letelier e della sua segretaria Ronni Moffit e nell’assassinio dell’ex comandante dell’esercito Carlos Prats e di sua moglie. Ma la biografia di Townley s’intreccia anche con l’Italia. Come collaboratore del capo della Dina Manuel Contreras, la spia fu infatti anche coinvolta in diversi attentati contro dissidenti rifugiati all’estero e, tra questi, quello di Bernardo Leighton, membro del partito cristiano democratico cileno, ferito a Roma. Dell’attentato si accusò anche il neofascista Stefano Delle Chiaie, poi assolto nel 1987 in via definitiva.

 


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