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Primo maggio

Lavoro nello sport sociale, per ridare speranza a chi l’ha persa

Livia Ferrari è un'allenatrice del Csi di Ravenna, che svolge percorsi con anziani, ex pazienti oncologici e persone con disabilità, per restituirgli serenità e amore per sé stessi e il proprio corpo

di Veronica Rossi

Una palestra in cui ci sono delle persone che camminato, una cammina verso dei coni a terra

Fare attività fisica non è solo mantenersi in forma. Lo sa bene Livia Ferrari, allenatrice trentunenne del Centro sportivo italiano – Csi che svolge attività con anziani, ex pazienti oncologici, persone con disabilità, ictus, Alzheimer e Parkinson in vari Comuni in provincia di Ravenna. Trovarsi per muoversi assieme può essere un momento di incontro, di scambio e – soprattutto – di rinascita e rivincita per chi vive o ha vissuto una situazione difficile.

Ferrari, quali sono le attività che lei svolge col Csi?

Faccio attività con gli anziani, quindi con la terza età, dai 65 anni in su; poi lavoro con ex pazienti oncologici o persone che hanno appena terminato le cure. Svolgo dei percorsi anche per chi ha avuto ictus, è ammalato di Alzheimer e – in misura un po’ minore – di Parkinson. Con gli over 65 nelle ore di lezione facciamo, oltre alla ginnastica dolce, anche attività di socialità. È un momento di incontro anche tra di loro, in cui possono chiacchierare, confrontarsi e fare un po ‘di movimento. Funzionano in questo modo anche i gruppi nell’ambito dell’oncologia: sono improntati molto sulla socialità e sulla condivisione di esperienze. In questo contesto possono non sentirsi più ammalati, possono dimostrare a se stessi che riescono ad affrontare di nuovo un percorso fisico, che fino a poco prima magari non erano in grado di fare. Per quanto riguarda l’ambito della neurologia – quindi ictus, Alzheimer e Parkinson –, si declinano le attività in base ai gruppi: si possono fare esercizi di ginnastica dolce, di coordinazione, attività motoria molto leggera e, a volte, anche giochi. Dipende dalle persone che ci troviamo davanti e anche dalla giornata che hanno queste persone. Diciamo che andiamo molto a braccio, a seconda delle necessità del gruppo in quel determinato momento.

Una persona sorridente a cavallo, con vestiti da fantino
Livia Ferrari a Cavallo

Dove lavorate?

Per quanto riguarda i gruppi con ictus, Alzhaimer e Parkinson è l’azienda sanitaria che seleziona un certo numero di pazienti che vengono mandati nei nostri centri, dove effettuiamo queste attività. Possono essere dei circoli ricreativi, dei centri sociali. Ma non si tratta di persone che sono già all’interno di strutture. Per quanto riguarda gli anziani che svolgono attività di ginnastica dolce, gli incontri avvengono sempre nei circoli ricreativi, nei centri sociali e nelle palestre scolastiche, a seconda di dove teniamo il corso. Copriamo più zone: non c’è un’unica struttura, ma più strutture decentrate, per cercare di intercettare il più possibile la popolazione.

Com’è arrivata lei a svolgere questa attività?

È stato un percorso un po’ particolare. Mia mamma è un’oncologa, il mio babbo è venuto a mancare per un tumore. Mi sono sempre detta che siamo tutti uguali, anche durante una malattia. Cominciare questo percorso, quindi, era per me ridare un po’ di speranza a chi magari in quel momento l’aveva persa, a chi era in difficoltà perché non si sentiva la stessa persona di prima. Dare insomma un po’ di serenità a chi stava male e, comunque, dire loro che anche se la malattia gli ha portato via tanto possono stare bene lo stesso. Magari non sono più le stesse persone di prima, ma sono persone nuove, che meritano di essere amate anche e soprattutto dopo quello che hanno avuto.

Siamo tutti uguali, anche durante una malattia

Qual è la cosa più importante che le dà questo lavoro?

Le storie di ognuno di loro, da dove arrivano, quali sono state le loro esperienze. Ciascuno, essendo diverso, mi lascia qualcosa, che può essere una parola, un esercizio che prima non riuscivano a fare e ora sì. C’è tanto arricchimento personale, perché li vedi cambiare: quando arrivano, magari, sono chiusi, non riescono a parlare e a inserirsi nel gruppo; successivamente invece, li vedi inserirsi, sorridere, fare attività abbastanza contenti. È bello sapere che questi percorsi lasciano qualcosa anche a loro.

Persone a terra  su tappetini da yoga
Una delle attività di ginnastica realizzate da Livia Ferrari

E qual è il valore aggiunto di lavorare col Csi?

Sei una squadra, non sei solo. Hai un confronto costante con gli altri, nel momento del bisogno c’è sempre qualcuno. Si lavora in team e si cerca di affrontare tutti insieme le situazioni che man mano possono presentarsi.


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