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Vincenzo Piccolo

«Non faccio lo scout, sono uno scout»

di Antonietta Nembri

Parla il neo presidente dell’Agesci. Eletto nell’ultimo Consiglio generale affiancherà Barbara Battilana alla guida dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici italiani. Salernitano, 48 anni, è entrato in associazione come lupetto a 10 anni «e non me ne sono mai andato…»

L’Agesci dopo il Consiglio generale ha un nuovo presidente del Comitato nazionale e ha eletto il nuovo Capo Scout che entrerà in carica nel prossimo autunno. Entrambi sono entrati in associazione da bambini percorrendo le diverse tappe dai lupetti alla Comunità Capi e sono quasi coetanei: 48 anni per il neo presidente e 45 anni per il Capo Scout. Ma le somiglianze finiscono qui. Vincenzo Piccolo che affiancherà per il prossimo triennio Barbara Battilana alla presidenza Agesci (i vertici associativi prevedono una diarchia maschile/femminile) è un commercialista salernitano; mentre il prossimo Capo Scout, il friulano Fabrizio Coccetti è un fisico ricercatore che ha lavorato al Cern di Ginevra e allo Slac della Stanford University prima di approdare al Centro Enrico Fermi di Roma occupandosi prevalentemente dello studio dei raggi cosmici.

Dopo la sua elezione a presidente abbiamo voluto conoscere meglio Vincenzo Piccolo (nella foto) che è già immerso nelle attività e negli impegni del suo nuovo ruolo tra i quali spicca il prossimo convegno “Con il tuo passo – Percorsi di accoglienza in Agesci” dedicato al mondo della disabilità e in programma a Bracciano il prossimo 2 giugno. «Ho iniziato la mia avventura in Agesci nel lontano 1979, all’età di 10 anni e non me ne sono mai andato…», ricorda Piccolo entrato in comunità capi nel 1989 e che è rimasto in servizio nel gruppo Salerno 3 fino a oggi. Ed è nella comunità Capi che incontra la moglie Emiliana che condivide il servizio associativo.

Quasi 40 anni in Agesci, tutta una vita. Immagino che questa esperienza di appartenenza così duratura al mondo scout entri nella vita di tutti i giorni
Il mio cammino in associazione ha senza dubbio condizionato la mia vita. Mi ha insegnato a vivere in comunità, a creare relazioni costruttive e ad accettare le sconfitte trasformandole in maniera positiva nella certezza che Dio, che è sopra di noi, mi lascia libero di orientare la mia vita e – se ascoltato – mi indica i percorsi da intraprendere. Non posso dire che mi abbia cambiato perché è parte di me e un qualcosa che mi ha accompagnato. In sintesi posso dire che “non faccio lo scout”, “sono scout”

E questo vale anche nel lavoro?
Non potrebbe essere diversamente. Prima di essere educatori, quadri di un’associazione, siamo uomini e donne che hanno fatto delle scelte, che si impegnano a camminare e tracciare sentieri sull’esempio di Gesù, che orientano il proprio agire muovendo da precisi valori quali la fedeltà, lealtà, giustizia, legalità, solidarietà, amore per l’altro. Tutto ruota intorno a queste scelte, alla promessa fatta, con e senza uniforme, e quindi quando giochiamo e ci relazioniamo con i ragazzi, quando progettiamo/programmiamo tra adulti, quando viviamo in famiglia o ci dedichiamo al lavoro. Io faccio il commercialista e cerco di essere sempre attento alla relazione con l’altro, al centro dell’attenzione c’è sempre la persona, il singolo. Non guardo solo il fascicolo, ma la persona.

Ci sono dei ricordi, come delle tappe particolari, della sua esperienza in Agesci?
Sono tantissimi. Come l’Hike, la mia prima esperienza di deserto a vent’anni di cui ho un ricordo molto positivo, in quell’occasione sono stato accolto, in modo per così dire provvidenziale da sconosciuti nel momento in cui mi sentivo un po’ perso. E poi ci sono le Route nazionali da quello dell’86 che ho vissuto da Rover ai Piani di Pezza con Giovanni Paolo II e poi nel 1997 con la Comunità capi che è stata un’esperienza di confronto e nel 2014 come capo Clan a San Rossore. Lo scorso anno a Lourdes invece ho vissuto un’esperienza di servizio molto toccante… è una vita e i ricordi sono tantissimi e continuerò finché tornerò a casa con gioia.

Ora è presidente nazionale
Certo ho un ruolo diverso, ho la responsabilità dell’indirizzo politico dell’associazione, ma arrivo dall’essere stato responsabile regionale della Campania

Come si sta muovendo? Quali strumenti sta preparando per il nuovo incarico?
Certamente vi è l’ascolto. Ascoltare quanto più possibile i bisogni dei capi scout per capire in quale direzione sta andando la nostra che è un’associazione educativa rivolta ai ragazzi. Il compito affidatoci è educarli a saper scegliere. Siamo in un’epoca di cambiamento e per questo dobbiamo imparare a essere attenti agli indizi di questi cambiamenti. Un altro obiettivo che ci mi pongo è quello di saper capire i bisogni degli educatori avendo ben presente il valore dell’insegnamento del nostro fondatore, Baden Powell diceva che occorreva far attenzione a ogni ragazzo, all’unicità di ciascuno e aiutarlo a crescere, stando sempre un passo indietro pronti a sorreggerlo, ma educandolo alla libertà.

Nella sua presentazione diffusa dopo la sua elezione a presidente a un certo punto si legge che l’esperienza vissuta nell’Agesci le ha consentito di “condividere – con piccoli e grandi – la gioia dell’essere parte di un progetto più ampio di quello che possiamo percepire”. Di quale progetto parla?
L’Agesci, è noto, è un’associazione cattolica per questo quando ho parlato di progetto più ampio mi riferivo al progetto che Dio ha sull’umanità e su ognuno di noi. Un progetto volto alla creazione di un mondo di giustizia, di amore e di verità, il regno di Dio, un progetto nell’ambito del quale ognuno di noi con le proprie scelte e comportamenti, può e deve essere parte.
L’associazione tutta, composta da uomini e donne che intraprendono il servizio perché chiamati, deve sentirsi parte di questo progetto e tutti i soci adulti, a seconda del servizio che svolgono, sono coinvolti. I capi in servizio educativo con i ragazzi loro affidati, i quadri nella progettazione delle strategie di intervento cui ancorare le proposte educative. Strategie di intervento approvate, lo scorso anno, al Consiglio Generale, e che guideranno l’associazione per i prossimi due anni favorendo progetti/programmi/attività per un’educazione volta all’accoglienza dell’altro, da intendersi di colui che è diverso da me, alla realizzazione del “sogno”.

La società italiana è cambiata, a scuola i bambini e i ragazzi hanno compagni di scuola di altre religioni…
In associazione c’è un osservatorio sull’interreligiosità, ma la premessa è che la proposta fatta in Agesci è quella cattolica, nel rispetto delle diversità e con convinta accoglienza di tutti. Se una famiglia iscrive il proprio figlio all’Agesci accetta le regole di un’associazione cattolica, certo non pretendiamo che siano attivi nei momenti religiosi e si cerca di essere attenti alla diversità di ciascuno. L’accoglienza non viene mai meno, ma le regole sono chiare.


Immagini del Consiglio Generale Agesci 2018 di Matteo Bergamini


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