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Sonia Bergamo

«Vi spiego perché i ragazzi del bosco di Rogoredo sono invisibili ai servizi»

di Anna Spena

Dottoranda di sociologia all'Università Bicocca di Milano, Sonia Bergamo lavora da oltre 10 anni sulle dipendenze. Sta svolgendo una ricerca sul caso di Milano Rogoredo: «L'utenza è sempre più giovane. Molti di loro, attirati dai prezzi bassi, arrivano da tutta la Lombardia e anche oltre. Nel “bosco di Rogoredo” sono morte decine di persone. Le stanze del consumo potrebbero funzionare. Ma devono essere inserite in un complesso di azioni che comprendono anche i servizi di cura»

Intervista a Sonia Bergamo, dottoranda in sociologia e metodologia della ricerca sociale applicata all'Univeristà Bicocca di Milano, che sta svolgendo la ricerca Scene aperte del consumo di sostanze psicotrope nelle aree urbane: il caso di Milano Rogoredo.

Come ti sei avvicinata a questo tema?
Ho scelto questo argomento perché è un tema che mi ha da sempre appassionata. Inoltre mi sono occupata di consumi e dipendenze anche in passato lavorando come sociologa per ASL Torino 3 e ATS Milano. La scena aperta del consumo di Milano Rogoredo è un caso studio molto rilevante per chi si occupa di questi temi. Concentrazioni così elevate di consumo e spaccio a cielo aperto non sono frequenti, soprattutto dopo la fine degli anni ’90. Così ho pensato che sarebbe stato molto interessante per me svolgere la mia ricerca di dottorato su questo caso.

La ricerca è iniziata nel 2016, quando si concluderà?
Sono iscritta al terzo anno del Corso di Dottorato in Sociologia Applicata e Metodologia della Ricerca Sociale. Attualmente sono nella fase di analisi dei dati. La ricerca è iniziata a novembre 2016 e si concluderà nel novembre di quest’anno.

Com’è stata svolta la ricerca? A che risultati sei arrivata fino ad oggi?
La metodologia di ricerca qualitativa che ho utilizzato include una triangolazione di tecniche tra cui interviste (circa 40), osservazione partecipante scoperta (tot. 70 giorni) e due focus group. I principali gruppi di attori sociali inclusi nella ricerca sono: consumatori di sostanze, forze dell’ordine, residenti del quartiere, pendolari, commercianti, operatori sociali e clienti della prostituzione. E’ prematuro parlare di veri risultati visto che la ricerca è ancora in corso. Quello che più mi ha colpito è l’esistenza di un mercato della prostituzione giovanile sottocosto che si affianca della piazza spaccio. I prezzi si equivalgono: cinque euro è il prezzo per un rapporto orale e anche quello di un “punto” (0.1 grammi di eroina), venti/trenta euro è il prezzo di un “rapporto completo” e anche quello di un grammo di eroina.

Chi sono i principali consumatori?
Ci sono molte tipologie di consumatori che si recano a Rogoredo. Molti di loro, attirati dai prezzi bassi, arrivano da tutta la Lombardia e anche oltre. Possiamo distinguerli per il loro status socio-economico. I più visibili sono quelli che non hanno una casa e un lavoro e fanno accattonaggio in Stazione, sulla metro e sui treni. Poi ci sono i consumatori più integrati, che a Rogoredo si recano per comprare eroina o cocaina e poi se ne vanno. Si può distinguere anche tra due diverse generazioni di consumatori: quelli “vecchio stampo”, che vengono dagli anni dell’epidemia causata dell’eroina, e i giovanissimi, che non hanno memoria della strage di quegli anni. Ci sono anche molti stranieri, soprattutto nordafricani.

Perché i Ser.D. non riescono ad intercettare questi consumatori?
In realtà molti dei consumatori con cui ho avuto modo di parlare si rivolgono già ai Ser.D. del territorio. La popolazione più difficile da agganciare è quella dei giovanissimi consumatori, che si avvicinano all’eroina fumandola. I giovanissimi, se conoscono questi servizi, non si identificano con l’utenza che normalmente li frequenta e non vi si rivolgono. Per questo è fondamentale la presenza di unità di strada con operatori che si recano laddove il consumo avviene, per svolgere attività di limitazione dei rischi e riduzione del danno.

Quali sono secondo la tua esperienza e conoscenza del tema i primi passi da fare?
Una situazione del tutto simile a quella di Milano Rogoredo si verificò a Torino durante le Olimpiadi del 2006. Analogamente, la scena aperta milanese si è estesa in modo incontrollato in concomitanza di Expo 2015. Probabilmente queste concentrazioni di consumo a cielo aperto sono conseguenze delle forti spinte allo sviluppo urbano che portano i “grandi eventi”. Per il futuro, non solo in concomitanza dei grandi eventi, un primo passo da fare è quello di usare gli strumenti di pianificazione urbana per impedire che questo accada di nuovo. Il “Tossic Park” di Torino allora, come Rogoredo oggi, fu oggetto di grande attenzione mediatica. Come soluzione fu proposta la sperimentazione di una stanza del consumo. Le stanze del consumo sono dei luoghi protetti ed igienicamente adeguati per consumare sostanze con la supervisione di un operatore formato. Sono dispositivi diffusi in molte città europee che hanno dimostrato la loro efficacia nel ridurre la mortalità e la diffusione di malattie droga-correlate. Non bisogna infatti dimenticare che nel “bosco di Rogoredo” sono morte decine di persone. Sono interventi che funzionano se inseriti in un complesso di azioni che comprendono anche i servizi di cura. I luoghi protetti per il consumo ridanno dignità a delle persone che sono costrette a consumare sostanze in situazioni degradanti e pericolose. Purtroppo a Torino l’acceso dibattito si è poi concluso con un nulla di fatto. E’ stata una vera e propria occasione mancata, che si è risolta con la dispersione dei consumatori nel centro storico della città, come prima delle Olimpiadi. Credo che Milano, città dalla vocazione europea e internazionale, non dovrebbe perdere questa occasione di aprire finalmente le porte alla prima sperimentazione italiana di una stanza del consumo.


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