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Stefano Piziali

La migrazione regolare è possibile, i problemi del mondo riguardano tutti noi

di Alessandro Puglia

In occasione della Giornata mondiale del Rifugiato il responsabile dei programmi Italia e Europa di WeWorld spiega i mutamenti del fenomeno migratorio attraverso i progetti dell'Organizzazione italiana indipendente presente in oltre 29 paesi del mondo, chiedendo oggi alle istituzioni interventi necessari e immediati per affrontare la migrazione con la solidarietà che ci contraddistingue . "Nessuno può tirarsi indietro e il Covid lo ha dimostrato"

La migrazione vista come risorsa in una paese che non deve dimenticare la sua millenaria solidarietà. Stefano Piziali, 57 anni, responsabile dei programmi Italia e Europa di WeWorld, ci racconta il mutamento dei fenomeni migratori degli ultimi anni. Attraverso alcuni dei progetti più rilevanti dell’Organizzazione Italiana indipendente che in un solo anno ha raggiunto 25 mila persone nei campi informali e nei centri per rifugiati nel mondo, WeWorld indica un percorso per stabilire un ordine nuovo nella gestione del fenomeno migratoroi: con quella solidarietà che ci contraddistingue non contraria agli interessi. In occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, WeWorld chiede a partire dalle piccole cose – come riaprire il campo della Croce Rossa alla frontiera di Ventimiglia – l’adesione al Global Compact sulle migrazioni delle Nazioni Unite, la revisione a livello europeo del Regolamento di Dublino e strategie a lungo termine. Abolendo decreti sicurezza che generano soltanto insicurezza (negli stranieri e nei cittadini italiani) e costruendo una migrazione regolare che consenta a ogni essere umano di salvaguardare i propri diritti. «Perché come ci ha insegnato la pandemia i problemi di una parte del mondo riguardano il mondo intero».

WeWorld interviene in 29 paesi del mondo, dalla Siria al Guatemala oltre che in Italia, ovunque c’è bisogno di aiutare uomini, donne e bambini che vivono in condizioni disperate. Purtroppo continuiamo ad assistere a nuove forme di odio, intolleranza e razzismo nel mondo, ma anche in Italia. Quanto è importante sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno migratorio?

«Nel 2014 Papa Francesco ha coniato un’espressione descrive al meglio la situazione geopolitica attuale: una sorta di terza guerra mondiale a pezzi, in cui il conflitto sembra essere la soluzione più a portata di mano. Conflitti che causano imponenti movimenti di rifugiati e sfollati. Oggi abbiamo il più alto numero di rifugiati nel mondo secondo i dati delle Nazioni Unite. Inoltre, stiamo vivendo una crisi climatica globale che a sua volta causa le migrazioni forzate: perché non dobbiamo dimenticare che i cosiddetti migranti climatici, persone che sono state costrette a muoversi per le pessime condizioni climatiche (siccità, alluvioni, carestie) sono in aumento. Noi lavoriamo nella zona del Sahel dove questi fenomeni sono entrambi presenti. In Burkina Faso ogni giorno una scuola chiude a causa di attacchi mirati contro gli edifici scolastici in un conflitto portato avanti da estremisti islamici nei confronti della popolazione civile e allo stesso tempo ci sono movimenti di persone in fuga a causa del clima. Questi sono problemi che riguardano tutti noi e il Covid ce l’ha ricordato. La terra è una e i problemi di una parte del mondo diventano rapidamente i problemi del resto del mondo. Allora è importante che i cittadini italiani e europei non siano impauriti davanti a questi fenomeni, ma trovino le ragioni per affrontarli, chiedono ai loro politici delle risposte per affrontarli e sappiano che dietro ciascuna storia di un rifugiato c’è un percorso estremamente difficoltoso».

In base a queste necessità che vengono da ogni parte del mondo e, come ha detto ci riguardano per intero, quali sono i principali progetti avviati da WeWorld?

«MigratED è un progetto di sensibilizzazione rivolto a insegnanti e studenti delle nostre scuole per conoscere e riconoscere al meglio attraverso strumenti multimediali il fenomeno migratorio, con una didattica inclusiva per coloro che vengono da paesi stranieri. Un progetto che attraverso varie attività di formazione mira ad aumentare nei giovani l’importanza dei diritti umani. Un altro progetto è CIAK MigrACTION che ha l’obiettivo di mostrare il lato positivo della migrazione nei vari paesi europei perché questa contribuisce alla crescita e allo sviluppo. Non dimentichiamo che noi abbiamo bisogno di migranti. L’Italia è un paese in declino demografico, tutta l’Europa è un paese anziano, abbiamo bisogno di nuove persone per le nostre attività produttive, per le nostre scuole e i nostri ospedali. L’emergenza Covid è stata affrontata da migliaia di infermieri nel nostro paese che qui hanno studiato e sono diventati indispensabili per garantire un servizio sanitario nei nostri ospedali. WeWorld ha attivato un progetto paneuropeo volto a sensibilizzare i giovani cittadini sulle cause della migrazione legata al cambiamento climatico. Persone che non si muovono a causa di guerre o di necessità economiche, ma perché il loro territorio è diventato gradualmente inabitabile. Siamo presenti nel cosiddetto corridoio arido del Guatemala, dove è in atto un fenomeno di spopolamento perché tutti cercano di andare negli Stati Uniti, non perché è la terra promessa, ma perché la siccità sta creando una serie di carestie. Siamo al confine italo-francese a Ventimiglia dove diversi migranti cercano di raggiungere la Francia. La situazione è in rapido peggioramento perché a causa del Covid-19 il campo della Croce Rossa è stato messo in quarantena, per cui di giorno in giorno vediamo decine di migranti accamparsi per strada, sotto i ponti, lungo i cavalcavia dell’autostrada. Viviamo questa situazione da 4-5 anni con interventi rivolti ai migranti di orientamento, di supporto legale e sociale. Noi oggi lanciamo un appello affinché il campo della Croce Rossa venga riaperto quanto prima e perché a questi migranti venga data una risposta a lungo periodo e non provvisoria».

Aiuti concreti che si traducono in incontri con le persone, con le storie spesso drammatiche che queste persone si portano dietro. Cosa accade in lei, attraverso la sua esperienza personale e professionale, ogni volta che accade questo incontro?

«Dobbiamo ricordare che non sono migranti dell’ultimo periodo, ma sono in viaggio da anni. Sono stati in Libia, hanno attraversato il mare o hanno raggiunto l’Italia attraverso i Balcani: hanno già conosciuto tutte le possibili forme di respingimento. Sono persone ormai esauste, consumate dal viaggio, spesso instabili dal punto di vista psicologico e che mostrano le ferite nel corpo e nell’anima. Ecco perché è importante esserci, perché queste persone possano incontrare almeno una persona, un mediatore culturale che parli la loro lingua, qualcuno che possa ascoltarli, che gli spieghi quali sono i loro diritti e quali le regole che vanno rispettate in Italia o in Francia, quali sono i passaggi legali necessari per richiedere asilo. In questo non dobbiamo dimenticare che in Italia ci sono leggi restrittive come i famosi Decreti Sicurezza che secondo noi vanno aboliti perché hanno distrutto le capacità di accoglienza e di integrazione del nostro paese, facendoci fare solo passi indietro. Oggi abbiamo 100 mila irregolari in più di quanti ne avevamo due anni fa. Noi chiediamo un cambiamento sul piano legislativo all’Italia e all’Europa. La riforma del regolamento di Dublino è per noi essenziale per ampliare una strategia comune. Inoltre l’Italia non ha formato il Global Compact delle Nazioni Unite sulle migrazioni e noi chiediamo che venga sottoscritto dal nostro paese perché ci permette di avere un linguaggio con quei paesi europei che sono interessati ad avere un governo regolare delle migrazioni. Chiediamo che si passi finalmente da una gestione di falsa sicurezza che crea poi insicurezza (negli italiani e negli stranieri) a una gestione regolare perché la migrazione possa diventare un’opportunità per l’Italia e l’Europa».

E invece oggi assistiamo ancora una volta a immagini che non vorremmo mai vedere. Sulla spiaggia di Sorman, in Libia, pochi giorni fa è stato ritrovato il corpo di una bimba di quattro mesi vittima del naufragio avvenuto appena una settimana fa poche miglia da Zawiya. Un immagine che tristemente e con dolore ci rimanda al piccolo Alan Kurdi, il bambino siriano trovato privo di vita nel 2015 sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. Quante ancora di questi piccoli Alan Kurdi siamo destinati a vedere?

«Sono immagini che ci portano alla considerazione per cui non dobbiamo farci illusioni sul fatto che i problemi degli altri paesi non riguardano anche noi, la terza guerra mondiale a pezzi di cui parlava Papa Francesco riguarda anche noi, coinvolge anche noi. Lo abbiamo visto con la pandemia. I problemi del mondo sono i problemi di tutti e nessuno può tirarsi indietro. Quello che noi chiediamo ai cittadini italiani è di aprire gli occhi, di ritrovare le ragioni della loro millenaria solidarietà verso chi è in difficoltà, perché l’Italia è stato sempre un paese accogliente con persone che hanno sempre teso una mano. Le migrazioni ci sono sempre state, oggi ci sono tutti gli strumenti per regolarle, per fare in modo che una bambina di quattro mesi non salga affatto su un gommone, ma arrivi in Europa in maniera regolare. Non è con i respingimenti o con i decreti sicurezza che si governa il fenomeno migratorio, ma con la solidarietà che poi non è contraria agli interessi».


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