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Frida Tonizzo

Lotto da 50 anni per i bambini. Oggi passati di moda

di Giampaolo Cerri

La storica dirigente Anfaa guida la mobilitazione, in Piemonte, contro la legge regionale che vuol impedire gli allontanamenti dei minori a rischio. Una norma, spiega, che induce le famiglie in difficoltà ad aver paura dei servizi sociali, che colpevolizza quelle affidatarie e rischia di essere replicata in altre regioni. L'attenzione per l'infanzia non c'è più: i piccoli sono spariti persino dalle pubblicità e anche Mattarella e Draghi non ne parlano

Alfrida “Frida” Tonizzo è da sempre impegnata sul fronte dell’adozione e dell’affido.

Classe 1950, friulana d’origine ma è arrivata da bambina a Torino, al telefono la sua voce profonda ha l’inconfondibile accento di quella città che rende solenni le parole forti che pronuncia. Sì perché questa assistente sociale, che ha speso la sua vita professionale nell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie – Anfaa, dove fu assunta nel 1971 da Francesco Santanera il fondatore, è resa inquieta dalla piega che, nella sua Regione, la tutela dei minori sta prendendo. È inquieta e non lo nasconde affatto.

La Regione sta procedendo infatti all’adozione del DDLR n. 64 “Allontanamento zero”, voluto dall’assessora Chiara Caucino, pochi giorni dopo l’inchiesta di Bibbiano. Come promette nel titolo, la norma renderà molto difficile il collocamento in affido o in comunità di un minore in difficoltà, mettendo in atto una serie di provvedimenti che, nell’intento del legislatore, rimuoveranno il disagio. Tonizzo si è subito impegnata con molte altre associazioni nel Comitato “Zero allontanamenti-zero”, che ha raccolto molte associazioni, dal Gruppo Abele ad Agevolando, realtà di cooperazione sociale, l’Ordine degli assistenti sociali, persino in sindacati: Cgil, Cisl e Uil.

Tonizzo, non mollate…

Certo che no. Abbiamo cominciato, alla fine del 2019, con una imponente mobilitazione, con un ruolo attivo delle associazioni delle famiglie affidatarie..Poi è scoppiata la pandemia ma, già ai primi di febbraio 2020, abbiamo realizzato un’assemblea di oltre 300 persone alla Fabbrica del Gruppo Abele e manifestazione in piazza Carignano. Pensava fosse entrata in quiescenza, la norma, ma alla fine dell’anno scorso è ripresa la discussione.

E siete andati in audizione alla IV Commissione regionale, quella che guida l’iter di approvazione.

In quella commissione ci sono state almeno quattro audizioni importanti: l’Ordine degli assistenti sociali, il coordinamento dei soggetti che gestiscono gli interventi assistenziali, cioè i Comuni o consorzi dei Comuni. Tutti hanno espresso fondate contrarietà. E poi c’è stata la procuratrice presso il Tribunale per i minorenni, Emma Avezzù che, a mio avviso, ha fatto notare le molte incongruenze giuridiche di questa futura norma.

Anche il mondo accademico mi pare essersi mobilitato…

Abbiamo la fortuna di avere, nelle discipline che riguardano l’infanzia, alcuni studiosi con una forte sensibilità. La professoressa Joelle Long, associato di Diritto di Famiglia all’Università di Torino, ha fatto un lavoro molto preciso, segnalando le storture dell’impianto normativo. E le docenti Paola Ricchiardi e Emanuela Torre, di Scienze dell’educazione, che hanno svolto un’attenta ricerca su dati regionali confutando, nei fatti, le premesse invocate dall’assessora.

Perché non va bene questa legge, Tonizzo?

Su questa legge si sono raccontate un sacco di falsità, mi permetta la franchezza…

Accordata, senza problemi. Raccontiamole bene, però.

Allora, la prima è che una legge sbagliata, anche nel titolo: l’allontamento zero non può esistere. Perché c’è una legge nazionale che lo prevede a protezione e tutela del minore. Questo è solo un slogan propagandistico, non una norma regionale.

La seconda falsità?

Che in Piemonte si facciano più allontanamenti che altrove, come ha sempre sbandierato l’assessora. Invece, proprio il lavoro dei docenti e ricercatori che le citavo prima, ha evidenziato, analizzando i dati ufficiali, che siamo allineati a quello nazionale. E che non c’è nessuna anomalia piemontese in questo senso. La terza falsità…

Vada…

Si renderebbe obbligatorio, prima di allontanare un bambino a rischio, un Piano educativo individualizzato – Pei che deve richiedere almeno sei mesi. E noi, per tutto questo tempo, lasciamo un bambino sofferente laddove soffre?!

Ce n’è una quarta?

La legge prevede che prima di procedere agli allontanamenti debbano essere interpellati tutti i parenti entro il quarto grado. Ma si rende conto? Un’associazione, Famiglie di comunità, ha fatto una simulazione su alcuni loro casi, ebbene ci vorrebbe più di un anno. Di nuovo: lasciamo 365 giorni un bambino in un contesto famigliare non adeguato e pericoloso? Mandiamo gli assistenti sociali in giro per il mondo a cercare lo zio a Dakar o il cugino in Islamabad? Chiediamo alle nostre ambasciate? Ma insomma! Senza contare…

Senza contare?

Che l’affidamento a parenti è già una realtà: circa la metà (il 47%) dei bambini affidati sono presso parenti. Ma non è che il legame di sangue sia, di per sé, sufficiente. I parenti devono aver avuto rapporti significativi con loro e essere idonei

Dai documenti del vostro Comitato si legge di altre criticità, anche di tipo amministrativo.

Certo si prevederebbe la suddivisione del fondo relativa, con la destinazione del 50% sui supporti alle famiglie di origine. Una cosa ideologica: non basta dare un reddito in più per fare dei genitori adeguati, purtroppo. Senza contare che poi, agli interventi sul territorio, chi pensa? La legge prevede tra l’altro l’introduzione di un équipe multidisciplinare che si occupi dei minori. Già ma senza un euro di stanziamento aggiuntivo. Un mistero di come potremo realizzarlo.

Lo avete detto al presidente Alberto Cirio, che avete incontrato nei giorni scorsi?

Certo. Anche se il presidente ha cercato di rimandarci all’assessora, con la quale ci siamo già detti tutto.

Ma sul punto Cirio cosa ha risposto?

Che sì in effetti mancano le risorse ma che stabilire un principio aveva un valore. Facciamo le leggi-testimonianza, adesso! Ha anche promesso di dare riscontro scritto alle nostre critiche …

Torno alla domanda dalla quale siamo partiti: perché questa norma è sbagliata?

Di più è dannosa. Connota l’allontanamento come punitivo verso i genitori e non come provvedimento a protezione di un bambino e alimenta la diffidenza delle famiglie vulnerabili nei Servizi sociali: così cercheranno anche di non chiedere aiuto. Ovviamente, se anche chi scrive le leggi fa capire che questi “portano via i bambini…”. Infine è dannosa perché allontana le famiglie disponibili: perché di fatto definisce l’allontamento come spossessamento, furto della prole altrui. A Torino viaggiamo già con un calo del 10% delle famiglie disponibili e c’è il rischio che, sentendosi sotto attacco, quelle già affidatarie vadano in crisi. La loro motivazione è solidaristica, di apertura, sentire che anche le leggi regionali ti dipingono come al centro di qualcosa di sbagliato le amareggia…

Tutto nasce dallo scandalo Bibbiano. L’assessora fu tra le prime a esporsi, in scia al segretario della Lega, Matteo Salvini, e all’allora capo del M5s, Luigi Di Maio. Ora nessuno sembra occuparsene, ma Caucino va avanti come un treno.

È un movimento fomentato, un po’ a livello politico, ma anche da alcuni gruppi di avvocati che spesso incoraggiano famiglie naturali a essere inutilmente vendicative. Abbiamo i casi di famiglie affidatarie che si trovano picchettate sotto casa. E certa stampa che li segue, magari scrivendo che ricevono 200 euro al giorno per un figlio affidato, sbagliandosi con la retta di una comunità. A volte, in un piccolo comune, 200 euro sono il rimborso spese mensile.

I bambini se li sono dimenticati. Non ha fatto caso come siano scomparsi dagli schermi, perfino dalle pubblicità? E poi mi scusi, che cosa ha detto sui bambini il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel suo bel discorso di reinsediamento? E Mario Draghi? Lo sente forse parlare di infanzia?

Frida Tonizzo

In giro per l’Italia si muove qualcos’altro: anche l’Emilia potrebbe approdare a qualcosa di simile.

Guardi, dopo Bibbiano, partiti di tutto l’arco costituzionale – come si sarebbe detto una volta – hanno partorite proposte di legge. Perché non si salva nessuno, eh, tutti sono permeabili alle pressioni di questi gruppi. Hanno dato vita a una Commissione di inchiesta, in cui anche il Tavolo nazionale dell’affido è stato audito. Vedremo a cosa porterà. La politica ha avuto, purtroppo, un atteggiamento utilitaristico, a cavalcare l’onda dell’indignazione. Si ricorda la squadra speciale di giustizia del ministro Alfonso Buonafede?

Come no? Un linguaggio da Sfida all’Ok Corral: dovevano andare tribunale per tribunale a riaprire i faldoni.

Ecco, nessuno sa dove sia finita. Di certo c’è forse solo che è finita. Una caratteristica di questa vicenda è che quasi mai si è trattato di una narrazione fondata sui dati. Solo slogan per parlare alla pancia delle persone.

Siamo tornati a un mondo “adultista” come dicevate proprio voi di Anfaa. I bambini, che pure andavano di moda negli anni 90 – ricorda come tutti parlassero e con quale enfasi della Convenzione Onu? – soccombono e torna la concezione “proprietaria”: i figli sono di chi li fa. C’è il grande ritorno del sangue e dei suoi legami.

I bambini se li sono dimenticati, se li stanno dimenticando, anche se c’è un Piano infanzia. Non ha fatto caso come siano scomparsi dagli schermi, perfino dalle pubblicità? E poi mi scusi, che cosa ha detto sui bambini il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel suo bel discorso di reinsediamento? E Mario Draghi? Lo sente forse parlare di infanzia?


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